Capitolo 50

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Scacciai un urlo quando udii un altro colpo e il proiettile colpì la porta dietro di me. Per poco non mi aveva colpito. Seth mi afferrò con un'imprecazione e mi spinse dietro di sé.

«Ma che cazzo hai nel cervello?» Sbottò Seth.

Tremavo. Le mie mani tremavano. Il respiro mi si era bloccato. Temevo che...

«Scusate-» Disse affannato. «Scusate io--io l'ho visto muoversi. E mi sono spaventato quando si è aperta la porta. Sorellina, stai bene?»

Appoggiai la fronte alla schiena di Seth prende facevo dei profondi respiri.

«Quello è morto. Non si muoverà più.» Sibilò Seth nervoso. «E quella te la ficco su per il culo se non la metti a terra.»

Mi allontanai e guardai il parcheggio. Per fortuna non c'era nessuno. Mi passai una mano sul volto sull'orlo di una crisi finchè non sentii una porta sbattere e mi voltai. Seth stava venendo verso di me, un luccichio di rabbia lampeggiava nei suoi occhi.

«Non farlo più.»

«N-non pensavo mi sparasse. Pensavo si fosse...» Non riuscii nemmeno a terminare, non riuscivo a respirare.

«Lo so.» Si fermò a un passo da me, lo sguardo ancora severo. «Non l'avresti mai dimenticato se avessi visto davvero quella scena. L'ultima cosa che voglio è che tu assista al suicidio di tuo fratello.»

Abbassai lo sguardo e rilassai le spalle. Aveva ragione, non l'avrei mai dimenticato.

«E comunque non si entra in una stanza in cui c'è la possibilità che qualcuno ti spari.» Continuò con rimprovero. «Non farlo più.»

«Be' spero di non doverlo più fare.» Borbottai io.

«Cristo.» Mormorò e mi abbracciò, accarezzandomi la schiena e lasciandomi un bacio tra i capelli. «Mi hai fatto prendere un infarto.»

«Ian l'ha fatto prendere a me.» Esalai con una risata amara. «Due volte.»

«Ehi.» Si scostò e mi sollevò il mento con delicatezza. «Cosa vuoi fare con lui?»

Era la seconda volta che mi trovavo bloccata davanti ad un bivio: strada giusta o strada sbagliata? Fare la scelta giusta significava chiamare la polizia e far arrestare Ian, farlo rinchiudere in un'altra cella e rendere giustizia alla famiglia di quel povero uomo, con la conseguenza che si sarebbe scoperta la verità e saremmo stati nuovamente al centro della cronaca per un ennesimo fatto negativo. Fare la scelta sbagliata significava aiutare mio fratello a scappare e offrire un pezzo di cronaca nera senza alcuna possibilità di trovare il colpevole, ma significava anche provare ad offrire a Ian una nuova vita, quella che non aveva mai avuto.

«Non so cosa fare...» Soffiai con disperazione. «Se lo denuncio, sai quello che succederà anche con la mia famiglia, ma se non lo faccio...sarò come mio padre.»

La sua espressione si indurì. «Non è la stessa cosa, Nyxlie.»

«Lo è.» Deglutii. «Aiutarlo significa che la sua famiglia non avrà giustizia.»

Mi guardò come se non mi vedesse. Poi inspirò a fondo e tirò fuori il telefono. Mi accigliai quando vidi che aveva fatto partire una chiamata.

«Ehi.» Disse, alzando la testa e guardandosi attorno senza prestare attenzione a qualcosa di preciso. «Sei a Boston?»

Rimasi ad osservare la sua espressione concentrata e severa.

«Ti mando la posizione. Devi prendere Nyxlie e portarla via da qui...te lo spiegherà lei. Io ho da fare. Fai in fretta.»

Appena chiuse la telefonata non potei fare a meno di chiedere con chi avesse parlato.

«Jace.»

«Cosa?» Strabuzzai gli occhi. «No! Lui--»

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