Capitolo 46

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Erano passati un paio di giorni da quando mi avevano dimessa dall'ospedale, tre dall'ultima volta che avevo visto Seth, e un po' ce l'avevo ancora con Jace. Non mi aveva perso di vista nemmeno un secondo, e se da un lato apprezzavo la sua preoccupazione dall'altro mi stava soffocando.

«Pensi di stare qui ancora a lungo?» Gli chiesi quando finì la sua tazza di caffè.

Io stavo ancora giocando con l'ultimo pancake, li aveva preparati lui per tutti questa mattina.

«Quando ti sarai rimessa.» Disse, voltandosi a braccia conserte e appoggiandosi al bancone della cucina.

Socchiusi gli occhi. «Be', io sto bene. Le ragazze mi accompagneranno quando dovrò togliere i punti e domani riprendo le lezioni.»

«Mi stai cacciando?»

Ruotai gli occhi e sospirai a fondo. «Sappiamo benissimo perchè non vuoi lasciarmi sola.»

«Bene. Almeno hai aperto gli occhi.»

Lo guardai malamente. «Seth mi ha salvata. Quando vuoi capirlo?»

Tese la mascella. «E tu quando vuoi accettare il fatto che se quei bastardi fossero rimasti lontani da te, tu non saresti finita in questa situazione?»

Non potevo dargli torto su questo ma non potevo nemmeno ignorare il fatto che ormai il danno era stato fatto e Seth mi aveva salvata.

«Jace..»

«No.» Alzò una mano e se ne andò. «Non voglio parlarne ancora.»

«A dire il vero non ne abbiamo ancora parlato.» Rimbeccai ma lui aveva già chiuso la porta del bagno.

Per fortuna Zara e Phoebe non c'erano.

Da quando si era presentato in ospedale non avevamo ancora affrontato l'argomento Seth o del fatto gli avesse tirato un pugno. Dall'ultima volta che si erano visti il loro era diventato un rapporto precario, andavano d'accordo per il bene comune ma ora si era rovinato tutto. Jace odiava Seth e soprattutto odiava Derek, ma per quest'ultimo i miei sentimenti non erano tanto diversi.

Senza Seth continuavo a sognarlo, lui e la pistola, lui e quel coltello. Mi svegliavo e rimanevo a fissare il soffitto attendendo che la stanchezza mi rapisse nuovamente. Non riuscivo a negare a me stessa che avessi ancora paura di lui, non sapevo nemmeno se Seth gli avesse parlato. Gli avevo scritto ma non avevo ricevuto risposta, così avevo sentito Chen che mi aveva avvisata che Seth alloggiava nell'appartamento in città. L'indomani avrei ripreso le lezioni e avrei corso il rischio di beccarlo in giro, magari in caffetteria o in biblioteca. Non sapevo come avrei potuto reagire. A differenza degli altri, lui era un assassino che aveva provato ad uccidermi. Seth non era come lui. Nemmeno Chen.

Mi alzai dalla sedia solo quando terminai a forza l'ultimo pancake e stavo per tornare nella mia stanza quando qualcuno bussò alla porta. Aprii e mi bloccai un istante nel vedere di fronte Penelope, l'espressione rigida ma tesa.

«Oh, ehi.» Mormorai. «Cosa ci fai qui?»

Anche lei non vedevo da tre giorni, da quando le avevo confessato tutto. Era stato strano parlarne con qualcuno che mi detestava ma alla fine della storia sembrava essere sparito quell'astio nei miei confronti, o almeno si era assottigliato. Avevamo qualcosa in comune e questo ci avvicinava, anche se avevamo agito in due modi diversi di fronte a quel dolore, a quel sopruso. Lei cercava vendetta e io sopportavo in silenzio.

«Ti trovo meglio.» Disse, squadrandomi.

Premetti le labbra. «Si, sto meglio.»

«Chi è?» La voce di Jace giunse dal corridoio e quando mi voltai, aprii anche la porta per rispondere alla sua domanda.

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