Capitolo 32

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Seth

Perchè l'avevo fatto? Perchè non ero riuscito a tenermi le mani a posto? Perchè doveva guardarmi e sorridere in quel modo? Perchè non mi ascoltava e non restava lontano da me? Perchè non capiva che fossi un bastardo?

Cazzo.

Era così morbida la sua pelle, così liscia, così delicata. Mi eccitavano i segni che le mie mani lasciavano su di lei. Il suo profumo era qualcosa di magico e allo stesso tempo di tossico, era come se avesse il potere di incantarti e di farti dimenticare di tutto tranne che di lei. Lo volevo addosso a me. Lo volevo ovunque. E ieri notte l'avevo sentita ovunque. Sapevo avrei fatto una cazzata, sapevo che quando avrei affondato in lei per la prima volta non avrei più avuto via di fuga e avrei voluto continuare a farlo e rifarlo. Ed era stato così. I suoi soffici gemiti, il modo in cui pronunciava il mio nome come se fosse una preghiera immorale, le sue dita che si aggrappavano a me, gli occhi lucidi e innocenti che mi guardavano mentre sprofondavo nel paradiso tra le sue cosce, quelle dannate labbra che avrei voluto mordere al posto suo ogni volta colpivo nel punto giusto.

Mai, nemmeno una volta, una scopata mi era entrata così sotto pelle. Non mi interessava di niente e nessuno. Certo, sapevo occuparmi molto bene di chi avevo sotto di me, ma solo perchè volevo essere il migliore e volevo che non si scordasse di me. Ero un dannato megalomane e lo sapevo, specialmente nel sesso. Me ne sbattevo di che profumo avevano, della loro voce, di come mi guardavano. Anzi, la maggior parte delle volte ero talmente fatto che poi non ricordavo nulla se non se la scopata fosse stata mediocre, discreta o ottima.

Ma con lei no. Era lei la droga. Era lei che entrava nel mio circuito mentale e lo fotteva. Lei e i suoi dannati occhi cristallini. Il suo modo di sorridere. Come si toccava i capelli. Come il suo corpo rispondeva al mio. Sembrava che non si fosse mai acceso per nessuno in quel modo e questo mi faceva sentire potente. Mentre la scopavo, volevo essere nella tua testa per leggerla da dentro. Volevo sapere quali pensieri facesse su di me. Volevo vedere con i suoi occhi come mi guardava. Se il suo cuore accelerava in quel modo nauseante quando la toccavo, così come faceva il mio con lei.

Era tutto così sbagliato. Penelope aveva ragione. Non avrei dovuto fottere lei, perchè ci avrebbe fottuto tutti. Se l'avessero scoperto, sarebbe stato un grosso problema. Ma non capivano. Non capivano come mi facesse sentire normale e lo sapevo che fosse perchè non sapeva chi fossi ma era bello il modo in cui riuscivo a non pensare a niente quando stavo con lei.

«Seth?»

Aprii gli occhi e fissai le piastrelle della doccia. L'acqua bollente scorreva sulla mia pelle. Cercavo di eliminare le sue tracce ma sembrava impossibile.

«Tutto bene? Sei dentro da un po'.»

Chen non si faceva mai i cazzi suoi. Doveva sempre comportarsi come un fratello attento e protettivo.

«Sto bene.» Dissi ad alta voce per superare la porta del bagno chiusa e il rumore dell'acqua della doccia.

Il silenzio che seguì mi fece capire che se ne fosse andato.

Tornai a chiudere gli occhi e serrai i denti. Non mi sarei perdonato per quello che sarebbe successo quella sera. L'avrei terrorizzata e il solo pensiero mi faceva venire voglia di prendermi a pugni da solo.

Ma mi aveva mentito, ancora. Non mi aveva detto che il messaggio fosse di Ian, o almeno, lei credeva fosse suo. Le abilità informatiche di Chen erano sempre le più utili.

Mi avrebbe mai detto la verità? Si sarebbe mai fidata di me fino a quel punto?

Non lo sapevo ma non era quello il problema. Il vero problema era che una parte di me, forse tutta, stava vicino a lei indipendentemente dallo scoprire la verità. Ero fottuto, si. Daphne mi avrebbe mai perdonato per questo errore?

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