Capitolo 41

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Seth e i suoi amici erano i Vendicatori?

Quella domanda rimbombava nella mia mente ogni secondo, ad ogni movimento, di giorno e di notte. Non avevo ancora avuto modo di sapere la risposta perchè non avevo ancora avuto il coraggio di andare a parlargli. Non per paura di lui, non avevo paura di cosa avrebbe fatto, ma perchè avere la risposta a quella domanda significava che sarebbe potuto essere tutto finto. Che non c'era stato niente di vero tra noi. Ero stupida sì, ma era quello che mi faceva più male. Scoprire che era stata tutta una menzogna, ero stata solamente una pedina nel suo piano di vendetta.

Mi ero innamorata di lui. Mi ero innamorata di Seth, che poteva essere uno dei peggiori assassini della nazione, eppure, quello che non riuscivo a togliermi dalla testa era il dolore di essere stata usata e non le cose che poteva aver fatto.

In quei giorni era stata dura nascondere le emozioni a Zara e Phoebe, le quali avevano capito che qualcosa non andasse e che quel qualcosa era proprio Seth. Mi sforzavo ad uscire con loro perchè sapevo che se fossi stata da sola non avrei fatto altro che piangere e pensare a lui. Anche se succedeva di notte e ogni altro momento in cui ero sola. Né lui né Chen erano venuti a cercarmi, un po' mi aveva fatto male, forse a loro nemmeno interessava di come stavo. Però allo stesso tempo non avevo idea di come avrei reagito se l'avessero fatto.

Quel giorno avevo deciso che avrei parlato con Seth. Mi ero svegliata, avevo fatto colazione, poi avevo vomitato la colazione, ero andata in palestra per perdere un po' di tempo ed ero rimasta tutto il tempo nella stanza dove mi aveva insegnato alcune mosse di difesa, sdraiata ad ascoltare musica.

Ora ero davanti alla seconda porta della taverna. Uno dei ragazzi della Delta mi aveva detto che Seth era qui, da solo, e io ero qui fuori da cinque minuti. Stavo cercando il coraggio di bussare. Ragionavo su come avrei potuto reagire, su come il mio cuore avrebbe reagito e avevo la sensazione che avrebbe continuato a battere per lui, anche dopo aver scoperto la verità, che nel profondo sapevo già.

«Forza, Nyxlie.» Mi dissi da sola.

Bussai e nascosi la mano dietro la schiena, affondando le unghie nel palmo. Più i secondi passavano e più il mio respiro accelerava. Quando la porta si aprì, trattenni il respiro alla sua vista.

«Ciao.» Esalò quasi con sorpresa.

«Ehi.» Deglutii.

Il suo profumo mi destabilizzò. Per un istante ritornai in quel seminterrato di quella casa abbandonata, avevo perso i sensi e mi era sembrato di scivolare avvolta tra braccia e un profumo familiare. Avevo cancellato quel ricordo forse per non farmi altre domande ma ora non potevo non ricordarlo.

Mi aveva rapita e anche drogata.

«Posso entrare?» Chiesi, cercando di risuonare calma.

Si spostò ed entrai. Rimasi ferma mentre, dopo aver chiuso la porta, lui mi superava e tornava vicino al biliardino. Stava giocando, realizzai. Si era posizionato nel lato corto del biliardino, quello più lontano da me. Afferrò l'asta e mi guardo.

«Non mi aspettavo di rivederti.»

«Siamo nello stesso college.» Inspirai. «Prima o poi doveva capitare.»

Si leccò le labbra e sospirò. «Sai cosa intendo.»

Si, lo sapevo.

«Voglio parlare.» Incrociai le braccia e mi avvicinai al biliardino, frontale e opposta a lui.

«Okay.» Appoggiò, nuovamente e con lentezza, l'asta sulla cornice in legno del biliardino. «Dimmi.»

Non sapevo nemmeno da dove iniziare. Mentre venivo qui avevo pensato al discorso da fargli ma ora avevo scordato tutto, la mente si era annebbiata.

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