– Cosa vuoi? – nonostante il suo aspetto fosse inquietante, in quel momento pervaso d’ira, non avevo spazio per la paura.
Sedeva di fronte a me, con i suoi occhi vispi e la sua testa rapace, muovendosi agilmente in un movimento ondulatorio: da destra a sinistra, agitando vorticosamente la coda simile a quella di un rettile, che faceva parte integrante del suo corpo leonino.
– La piccola femmina di Succube è arrabbiata. La piccola femmina di Succube soffre per la vita che le è stata sottratta. Ha abbandonato la sua famiglia, mamma Barbara, papà Patrick e fratello Matthew.Come sapeva i loro nomi? Come poteva questo essere demoniaco sapere qualcosa sulla mia famiglia?
– Ah… ora la femmina di Succube è interessata, sì?
Rimasi immobile davanti quella brutta creatura che pareva sapere molte cose su di me, mentre io non capivo neppure che tipo di animale fosse o se si potesse definirlo tale.
Il vortice che si era aperto nel cielo, si richiuse al suo passaggio e l’acqua rimase leggermente increspata. Le gocce che ricadevano dall’alto si fecero più insistenti e le pozzanghere più profonde; il mio orecchio sembrò porre attenzione solo a quel perpetuo e costante gocciolio che finì per irritarmi sempre più.Quell’essere rimase immobile, aspettando una mia qualsiasi mossa, nascosto per metà da quel buio che imperterrito ci circondava. Un pensiero balenò nella mia testa: chissà se in questo mondo esiste la luce del giorno. Finora, infatti, avevo visto solo tenebre e, seppur eravamo passati dalla Terra a Kalennorarth
accompagnati dalla luce della Luna, ero certa che fossero trascorse ben più di dodici ore e ormai lì dovesse essere pieno giorno.Mentre entrambi restavamo immobili a fissarci, attendendo l’uno la prima mossa dell’altro, sentii le risate lontane di una bambina.
Poi la vidi: una piccola bambina che correva con la sua bicicletta dal cestello rosa, che suonava il campanellino apportato sopra, “drin, drin”, suonava allegra, mentre un viso felice la guardava allontanarsi nel sentiero di fronte a loro, circondato da alti cipressi. “Papà, guarda come sono brava”, e la bambina correva veloce seduta nel sellino della sua piccola bici, “drin, drin”.
Di colpo, sparirono tutti.Un'altra proiezione avvenne davanti ai miei occhi, come se una vecchia pellicola si manifestasse nella mia mente, utilizzandola come pannello.
Si materializzò la stanza di un ospedale, un grosso fiocco celeste era appeso alla porta con scritto un nome sopra: Matthew.
Una moltitudine di gente stava tutt’intorno a una piccola culla di vetro. Una ragazzina, guardava amorevolmente il neonato che le stringeva il dito e beato dormiva succhiando il suo ciuccio. Quel dolcissimo scenario sarebbe così stato ricordato per sempre: il loro primo incontro.Poi un'altra ancora:
“Mamma, mamma… guarda cosa ho preparato, vieni a sederti e mangiare con me”, la stessa bambina di prima, con i suoi bellissimi lunghi boccoli, invitava la sua mamma a giocare con lei con la sua mini cucina. La mamma, felicemente, lodava la sua piccola bambina per il buon lavoro svolto. Fingeva di mangiare, gustandosi quella prelibata pietanza, poi l’aiutava a sparecchiare e riporre tutto dentro il piccolo lavandino; “ci penso io, so lavarli bene i piatti”, diceva con la sua tenera vocina da bambina, mentre impugnava la sua spugnetta a forma di nuvoletta e lavava i piatti sporchi, mettendoli ad asciugare. Soddisfatta sorrideva alla sua mamma.
Lo scenario cambiò nuovamente.
Nella stanza di un soggiorno, la tavola era imbandita e un buonissimo odore aleggiava nell’aria: pollo arrosto in crosta e patate al forno. Il sapore di quella pietanza era inebriante e tutti sedevano insieme per gustare la propria porzione. La mamma sedeva a capo tavola, poiché era giusto che lei occupasse il posto d'onore dopo aver messo tutta sé stessa nella preparazione di quella deliziosa cena. Papà alla sua sinistra, io alla sua destra e Matt le stava di fronte. Una semplice cena, dove si discuteva del più e del meno mentre la televisione riempiva i silenzi che si creavano quando tutti avevano la bocca piena, mentre si scherzava, ci si scherniva e si sorrideva tutti assieme.
Il vuoto.
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Rovhtàri e la dimora delle ombre
FantasyHai mai sentito parlare di Incubi e Succubi? Abiette creature che si nutrono prevalentemente delle tue paure più intense, e per cibarsene, ti inducono a provarle in maniera feroce e spietata. L o r o sono i veri protagonisti di questa vicenda...