XXXIV

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⚠️ Atti di violenza presenti in questo capitolo.
I fatti narrati non vogliono incitare, incalzare o giustificare in alcun modo l'atto descritto. ❗

"Come moglie del demone sono stata donata per l'eternità.
Figlia di tempi remoti, ho bevuto il Sacro Calice del sangue delle vittime sacrificali; che Caronte porti a mietere le loro anime nell'oscurità, li riceva così come loro hanno ricevuto me.
Oh, tua moglie! Sì!
Nell'eterna dannazione vivrò al tuo fianco e nell'eterna dannazione regnerò sulle fiamme che bruciano le mie carni ormai vuote e morte di umanità.
Loro, cadendo il sigillo, saranno liberi e dannatamente felici e io avrò fatto di questo il nuovo regno dove i demoni potranno ballare e salutare la miserabile scelta suprema di quest'angelo decaduto.
A te, mio marito, dedico queste spalle e per sempre, tra rituali oscuri, sarò nuova anima per te".

Furono quelle le parole che mi vincolarono al Sommo come sua. Parole che dissi dinanzi a tutto il popolo di Kalennorath, ricoperta del sangue dei martiri che avevo fatto miei pasti, caduta in un trascendentale e idilliaco sanguinario atto di ripetitivi sadici omicidi.
Non era stata appagata la mia voglia di uccidere, anzi, ormai era pura frenesia incondizionata e incontrollata che sopraffaceva ogni altro mio pensiero. Ero caduta nella trappola di quel malevolo batterio che si era acquattato nelle profondità del mio essere e che adesso era riuscito ad avere la meglio governandomi pienamente.

Non potevo rendermi conto di quanto marci fossero i miei gesti inconsulti, poiché, paralizzata dalla Succube brutale, asserivo al suo indomabile controllo.
Macchiata nelle vesti e imbrattata nel corpo di resti di carni, pezzi di membra e sangue, fui ricondotta nelle mie stanze e, come sotto effetto di ketamina, mi sentivo dissociata dal mio corpo e percepivo extra sensorialmente la propria me, la nuova me mischiata con quanto mi circondava.

La mia mente vagava, imprigionata in quella stanza e incarcerata unicamente da un ossessivo pensiero che si materializzava nelle due figure gravemente belle, estremamente differenti, di Aeglos e Maraud. Come punti fermi di tutta questa chimerica situazione, mi avevano accompagnato e sorprendentemente aiutato ad affrontare questo destino efferato. Adesso che mi erano entrambi lontani, come un palloncino che ha perso la tenace presa della mano di un bambino che sostiene il suo prezioso ninnolo, mi ritrovavo a vagare sospesa in luoghi sconosciuti nella solitaria e inesplorata condizione cui adesso ero.

Mi sentivo una sciocca nel desiderarli entrambi vicino, conscia del fatto che entrambi tenevano egualmente a me, consapevole di essere stata l'artefice della rottura del loro legame.
Aeglos come Incubo dolce, premuroso e un po' arrogante, comportatosi sempre più come un amico che un rapitore, con le sue premure e le sue attenzioni, mi aveva saldamente stregato i sensi. Non sapevo effettivamente cosa provavo per lui, di certo la sua straordinaria bellezza mi aveva portato ad agire come avevo fatto e adesso, per questa mia sciocca debolezza, lo avevo condannato a un patimento di cui non potevo immaginare le conseguenze. Lo sconforto per avergli arrecato tanto male, a causa della mia egoistica dissolutezza, frazionò ogni brandello del mio cuore e mi fece sentire irrimediabilmente stupida.
Nonostante lui affermasse di avermi usata, di non avermi lasciato scelta, io credo che infondo lo volessi, anche se il pensiero di essere stata indotta in qualcosa da me non scelto, ancora una volta, mi fece ribollire di rabbia e gelare sì tristezza.

Questo sentimento si estremizzava se facevo i conti coi miei sentimenti per Lui: meravigliosa creatura delle tenebre, dall'avvenenza perfetta, dai modi schivi, silenti e imprevedibili, dal fare distaccato e mistico, che con la sua risolutezza mi inchiodava a sé. Se pensavo a ritroso a ogni momento passato con Lui, alle sue pressanti apparizioni, a ogni suo tocco che elettrificava tutta la mia fibra alla calamitante pressione che esercita ogni qualvolta mi si trovava accanto, il mio cuore perdeva la sua calma e un'inevitabile vampata accendeva il mio corpo.

Rovhtàri e la dimora delle ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora