XXXI - Parte II

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Come poteva Maraud sapere che gli intrusi, individuati dal Sommo, altri non erano che Fabien e Kimberly. 
I due, ancora non del tutto sicuri del percorso da intraprendere poiché non sapevano dove cercare la loro amica, dopo aver letto attentamente la guida che la Torre aveva fornito loro, decisero di mettersi in cammino accompagnati dal dolcissimo elfapiro che ormai era entrato a far parte del duo. 

– La cosa più logica da fare, sarebbe dirigersi a Chrysocoma, la zona abitata dalle Succubi e dagli Incubi.  – Suggerì Kim.
– Ma non hai appena detto che queste sono le creature più contorte e potenti di questo mondo malvagio?
– Purtroppo è così, ma sono sicura che Lui fosse uno di loro e se l’ha rapita, ci sono buone possibilità che l’abbia portata lì, spero. 
– Il problema è che non abbiamo una cartina che ci permetta di capire dove ci troviamo o tanto meno a indicarci come arrivare.
– L’unica soluzione sembrerebbe quella di trovare un altro portale e sperare ci porti lì. Non vedo altre alternative. – Kimberly rimaneva sempre molto logica, cercando di non farsi sfuggire alcun dettaglio. 

I due, quindi, si misero nuovamente in cammino percorrendo quello sterile paesaggio alla ricerca di un portale che li conducesse nella direzione desiderata.  
La strada si faceva sempre più stretta e pericolosa in quanto, fiancheggiata solamente da scoscesi strapiombi e conducendoli sempre più in alto, sarebbe stato facile perdere l’equilibrio e capitolare verso la voragine formatasi sotto di esse, nella quale ormai non figurava nient’altro che un’incorporea nebbia che ne velava la fine.

Viscide piante tentacolari spezzavano, qui e là, la monotonia di quel sentiero, anche se della loro presenza inquietante forse sarebbe stato meglio fare a meno. Quelle sembravano che volessero stringerli nella loro morsa per nutrirsi di loro; quindi se ne tenevano istintivamente a debita distanza mentre ondeggiavano sinuose sospinte dal vento pungente che si era man mano manifestato mettendo a dura prova la debole carne dei due ragazzi, specialmente quella di lei che non era abituata a tali temperature e più fragile ne risentiva maggiormente. Quelle piante si agitavano in maniera sempre più vivida, all’incalzare di quell’impetuoso vento. 
Il silenzio rovinoso che ammantava quel viottolo, interrotto solamente dall’intermittente suono prodotto dallo sbattere repentino dei denti di Kim, non rassicurava gli animi, anzi provocava irrimediabilmente un’ansia sempre più crescente.
Qualcosa sicuramente se ne stava nascosta aspettando il giusto momento per attaccare e seppur non vi era alcun segno che potesse far pensare a ciò, entrambi ne avevano la spiacevole sensazione. 

– Kim, vieni qua, lascia che io… – la cinse a sé in un abbraccio – possa trasmetterti un po’ di calore, non vorrei mai che ti tramutassi in una lastra ghiacciata. 
Lei si lasciò stringere, confortata dal caloroso tepore del suo corpo che le irradiava una serena percezione della sua mascolina persona, regalandole note olfattive che erano proprio insite in lui, che non avrebbe mai pensato di avvertire così distintamente.
Stava già meglio.
Il piccolo animaletto li seguiva a passo lesto, non intralciava minimamente la loro marcia e anzi la rendeva meno opprimente con i suoi deliziosi saltelli propri del suo modo di camminare. 

La percezione di un’oscura presenza prese nuovamente piede nella mente di lui, che iniziò compulsivamente a guardarsi attorno senza individuare niente.
– Fabien, cosa hai visto? 
-Niente, non c’è niente – abbassò leggermente le spalle che erano divenute tese senza però rilassarsi del tutto. 
– Anch’io ho lo stesso presentimento da un po’, avverto qualcosa, ma non vedo nulla. 
– Male. Allora questo può significare solamente una cosa: ci stanno osservando. Dobbiamo tenere gli occhi aperti.

Un urlo spaventato provenne dalle loro spalle e congelò i due ragazzi in uno spavento immediato costringendoli a girarsi nella direzione già intrapresa. 
Il piccolo elfapiro era stato circondato dalle grinfie di quegli arbusti secchi e adesso ne veniva sempre più stritolato provocandogli forti dolori. Fabien corse subito in suo aiuto, non trovandosi nulla di acuminato da usare per recidere la presa di quel vegetale caino, afferrò il cuccioletto e lo tirò a sé con tutte le sue forze. 
Dovette faticare qualche minuto poiché quella non voleva lasciar la presa e anzi, a ogni strattone, stringeva sempre più, se avesse continuato così, correva il rischio di recidergli la zampa. 

Rovhtàri e la dimora delle ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora