XXXV - Il Sommo

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Sotto due iridi scintillanti si celava un abisso di malvagità, come il mare in tempesta pronto a divorare qualsiasi innocente naufrago. Il loro sguardo era tagliente come lame affilate, pronti a ferire senza pietà; dietro di essi si nascondeva un'anima oscura, un abisso di malvagità che non conosceva confini. Erano occhi che ti guardavano come se fossi una preda, pronti a divorarti senza rimorso. Occhi azzurri, freddi e spietati, capaci di congelare qualsiasi cosa, anche il proprio cuore, irreversibilmente. 
Eppure, non era sempre stato così.
Quello stesso colore una volta ricordava più il cielo d'estate, che il gelo d'inverno. Quegli occhi erano stati capaci di amare incondizionatamente la donna più bella su cui si fossero mai posati.  Il candore di quella fanciulla, era come il petalo di un fiore appena sbocciato, così delicato e privo di imperfezioni che la luce del sole sembrava danzare sulla sua pelle, creando un bagliore etereo. Era dorata di occhi colorati dalla primavera di un fiore di lillà, dolci, splendenti, puri, che brillavano come gemme rare e di capelli lunghi e neri come l'imbrunire della notte, dai quali, appuntite, sbucavano le sue orecchie a punta, che la contraddistinguevano e assegnavano a ciò di cui faceva parte.
Era la creatura più incantevole che avesse mai mirato.
Tuttavia anche la più bella tra le rose cela le sue spine.
La sua straordinaria bellezza era legata alle sue origini, ma Malik, non poteva saperlo. La stirpe di cui ella faceva parte era da sempre rimasta celata, nei boschi, occultata al sapere umano.  Carol: il suo nome significa libera, ma la libertà che ella s'era concessa di mostrarsi a un giovane umano le sarebbe costata tanta sofferenza.  Apparteneva a una delle casate più antiche e rispettate  tra gli elfi, conosciuti  per la loro saggezza e il loro legame con la natura: i Thalarnon. 
Un fatidico giorno mentre Malik sostava alla riva di un lago, per far bere il suo cavallo, la vide. Malik, spinto dalla voglia di parlarle, iniziò ogni giorno a recarsi ai piedi di quelle acque e lei stava lì, intenta a sistemarsi i capelli e a lanciargli languidi sguardi, finché l'imbarazzo lasciò posto al coraggio  ed egli decise di rivolgerle la parola.
Era un ragazzo di straordinaria gentilezza e coraggio e la sua sincerità toccò il cuore di Carol, indottrinata invece dal suo popolo a credere che gli umani fossero tutte creature malvagie e di scarsa importanza.
Insieme, passarono del tempo prezioso, imparando l'uno dall'altro e innamorandosi profondamente. I suoi movimenti giornalieri destarono però sospetti, così che ella venne seguita e colta sul fatto.
Quando la notizia della relazione tra Carol e Malik si diffuse tra gli elfi, la nobiltà elfica, disprezzando l'unione tra una loro nobildonna e un umano, decise di agire. Inviarono messaggeri per avvertire Malik che il suo amore per Carol era proibito e che se non si allontanava da lei, sarebbe stato punito. Malik, tuttavia, non riuscì a separarsi dalla sua amata, ignorò tutte le minacce e il loro amore sfidò le regole e le casate elfiche. I sovrani Thalarnon, infuriati dalla sua persistenza, cercarono di danneggiare Malik in ogni modo possibile. Lanciarono incantesimi malefici che lo facevano ammalare e incaricarono creature oscure di tormentarlo nei suoi sogni. Nonostante tutto, Malik continuò a cercare Carol, malgrado il pericolo per la sua stessa vita. L'amore tra loro due era così potente che nulla poteva spezzarlo. Ma le forze contro di loro erano potenti e la loro lotta per stare insieme si trasformò in una tragedia epica, segnata dal conflitto tra la nobiltà elfica e l'amore impossibile tra una nobildonna elfica e un umano.
I più potenti tra i Thalarnon, continuarono a infierire contro il ragazzo che iniziò a provare un forte odio nei loro confronti.  Purtroppo questo diede modo all'entità che gli stessi elfi gli avevano mandato, di corroderlo sempre più dall'interno, finché quell'incantesimo malvagio non prese completamente il sopravvento su di sé.
Gli elfi non immaginavano gli effetti che quell'incantesimo avrebbe scaturito negli esseri umani e non prevendettero le conseguenze del loro gesto.
Quell'entità era una creatura millenaria con un potere oscuro e malvagio, che fu in grado ben presto di controllare non solo Malik, ma le menti di molti umani che di lì a poco, sarebbero mutati in creature ben più forti degli stessi elfi, trasformati in servitori devoti dallo stesso ragazzo che si erano messi contro. Quando quell'entità sentì infatti il dolore e l'oscurità nel cuore di Malik, lo attirò verso di sé con il suo potere.
Sotto la sua influenza malefica, Malik subì una trasformazione terribile. La sua pelle divenne dura come il marmo e il suo corpo si riempì di corni irti a coronargli il capo e le scapole; la sua mente fu completamente controllata dalla creatura e la sua sete di sangue divenne insaziabile. Era diventato un demone , un servo spietato di quella stessa oscura magia. Così si formò il primo Incubo e presto, nessuno sarebbe stato in grado di fermarlo e anzi, questo avrebbe generato un esercito di Incubi che avrebbe minacciato l'intero genere umano ed elfico. Conseguenzialmente a ciò, Carol iniziò a provare disprezzo per Malik, poiché di lui non era rimasto altro che un Incubo e nulla di ciò che l'aveva fatta innamorare ormai trapelava in lui. 
Ella fu incaricata dalle Thalion  – forze supreme giustiziere dei sulle azioni di tutti gli esseri viventi – a divenire la prossima Rovhtàri, portatrice di luce.  Il suo compito era quello di regnare a Ithilmera, salvaguardando ogni creatura, anche quelle terrestri e ristabilire l'ordine. Per adempiere a ciò venne usata ella stessa come Sigillo dedito alla chiusura di un pianeta apposito per tutte le creature malvagie; fu così costretta a racchiudervi il suo amato e, scoprendo che insieme avessero generato il frutto del loro amore, fu costretta a sigillarvi anche il suo bambino, non appena fu dato alla luce, poiché la sua natura da demone sussisteva un pericolo. 
Al popolo elfico fu invece negata la magia come punizione per il danno che avevano creato utilizzando i loro poteri in maniera impropria verso coloro che, ingiustamente, discriminavano e ai quali avevano quasi provocato l'estinzione.

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Il manto nero strisciava sollevando polveroni al tocco col pavimento.  Nervoso, il Sommo marciava avanti e indietro nelle sue stanze pensando a come eliminare del tutto l'umanità della sua sposa.
Era a conoscenza di quanto la natura Succube fosse forte, ma veniva contrastata da quella altrettanto persistente insita nella ragazza.  Sapeva bene che ella discendesse dalle casate elfiche, aveva impiegato tutte le sue risorse per trovarla, ciò lo aveva condotto a un'ossessiva follia.  Quando la bambina venne alla luce, lui lo sentì immediatamente: come la ruggine corrode il ferro così quel giorno egli avvertì che una discendente di quel popolo maledetto aveva dato alla luce una nuova creatura e il suo odio riprese a ribollirgli dentro risvegliando in lui una rabbia sconfinata.  Il morbo che lo infestava, dopo tutto, era frutto di una magia elfica e per questo ne veniva richiamato. 
Quello che risultava inspiegabile è come questo fosse possibile.  Ciò ch'era stato negato lui, era invece stato permesso alla madre di quella bambina: l' unione tra un umano e un'elfa.  Questo pensiero lo rese ancora più infido e la sua ira si manifestò in maniera esorbitante; a pagarne le conseguenze fu chiunque gli venisse a tiro.
La bambina fu subito messa sotto torchio e affidata alla supervisione di Maraud, da lui incaricato a tenerla sott'occhio, attendendo ch'ella crescesse e fosse sul punto, per questa sua caratteristica unica, a divenire la nuova Rovhtàri.
Questo per impedirle di incarnate questa figura e volgere la ragazza e il suo immenso potere dalla sua parte, in modo da poter finalmente liberarsi dalla sua prigionia.
Solo chi possedeva in sé sia sangue elfico che umano poteva diventare una creatura tanto potente, proprio perché la leggenda della "Rovhtàri" rappresentava una storia di unione tra due razze distinte e la capacità di superare le differenze per raggiungere una forza straordinaria, enfatizzando l'importanza della cooperazione e dell'equilibrio tra la magia elfica e l'umanità e le Thalion l'avevano reso possibile proprio per equilibrare quel caos che si era venuto a generare per la divisione tra le due razze, sfruttando l'umanità del bambino dentro il ventre di Carol. 
Poiché Carol non rappresentasse la prima Rovhtàri, ella era riuscita a maturare il suo potere grazie agli insegnamenti delle Regine prima di lei e il Sommo si augurava che quegli insegnamenti non fossero stati elargiti a Heloise prima del suo rapimento, così che quella non fosse in grado di sussistere alcuna minaccia per lui e anzi, l'avrebbe usata come arma contro di lei, insegnandogli lui stesso il kotodama degli Incubi, dopo aver spento tutta la sua umanità.

 
Tre possenti pugni alla porta fecero sussultare il Sommo distraendolo dai suoi pensieri.
–Mio Signore, abbiamo trovato una guardia stesa sul corridoio principale. La Regina... – un gesto della mano arrestò la voce di quel dekatonchiro.
–Cercatela! Portartela da me.  Sulla torre.

Rovhtàri e la dimora delle ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora