XXIX - Parte Seconda

87 19 83
                                    

Ai miei occhi non era mai stato tanto bello quanto adesso, forse attratta dalla sua posizione che elargiva con molta discrezione, forse per quelle sue pose naturalmente aristocratiche che gli addossavano un fascino nobiliare che, nella quotidianità del nostro percorso, non avevo mai notato.
-Siete qui a presentarci la sontuosità di vostra grazia, la Principessa? - a quelle parole, chiaramente indirizzate a me, rimasi interdetta e stupita dalla riverenza con la quale erano state espresse.
- No, ho portato lei a fare la conoscenza del suo popolo.
- Voi ci onorate immensamente. Scusate la mia insolenza, vostra solennità, il mio nome è Vorsah, d'ora in avanti, vostro servitore - e quello mi si chinò davanti.
Chiaramente impreparata a quel comportamento, rimasi ferma e mi limitai a un leggerissimo movimento di assenso col capo.
Solo adesso notai come il mio aspetto, in un certo senso, differiva da tutti loro. Mi girai a scrutarli, uno a uno, ma nessuno aveva quella forma vitrea, quasi incolore, che assumeva invece il mio corpo. Forse era questo il motivo per cui, al mio arrivo, molti riempirono i loro volti di stupore, con il mio aspetto mi ero subito distinta e presentata ancor prima che mi fosse stata data l'occasione per farlo.
Maraud mi mise una mano sulla spalla e, con passo maestoso, mi accompagnò su un'alta roccia che si affacciava in quella meravigliosa boscaglia di salici piangenti.

-O thime, mime kal. O mine, thime! Tar ar Tàri. Thalindelo i eleniya cendëo autaressëa. Dalla tua, la mia luce. Dalla mia, la tua! Acclamatela e accoglietela al suo futuro Regno. - Tradusse.
Uno di quei fasci luminosi che illuminavano a giorno quel boscoso luogo - che più che un caso sembrò quadi una scelta Sua che in qualche modo poteva gestirlo - si posò sulla mia persona e la mia struttura cristallina, accarezzata da quella luce, provocò lo sfavillio e il fuoco che solo una gemma preziosa è in grado di replicare.
Come un diamante riflettei preziosa la luce verso tutti quelli che stavano lì davanti in completa adorazione, suscitandone la loro meraviglia. Il mio imbarazzo, scatenato da tutti quegli occhi trasognati che mi osservavano come se avessero davanti il gioiello più prezioso e ambito, mi lasciò esterrefatta a quella presentazione. Ancora una volta, non potei fare nient'altro che rimanere immobile e completamente smarrita.

Ciononostante tra quegli sguardi, giurai di intravederne qualcuno che disseminava disprezzo. Come poteva essere altrimenti? Io, che fino qualche giorno addietro vivevo la mia vita umana nell'ignoranza di tutti loro, di quel mondo, di tutto quello che li riguardava. Io che ero stata scelta, non da loro, ma da una serie di circostanze che mi aveva condotto all'importanza di dover essere ritenuta loro sovrana.
Questo mi si chiedeva.
La corona che presto avrei dovuto portare sul capo sarebbe stata l'ennesimo peso di cui mi sarei dovuta prender carico, senza che nessuno chiedesse la mia opinione. Ovviamente dentro di me sapevo che non sarebbe stato possibile, nonostante la mia trasformazione e il loro volersi aggiudicare un vantaggio giocando con furbizia e truccando quella partita, io in realtà dovevo essere Sigillo di tutte le loro speranze nell'essere da me resi liberi. Adesso sentivo ancor più di recitare la parte dell'ipocrita, se mai mi fossi sentita crudele solo per il fatto di essere diventata una Succube, adesso lo ero segretamente anche nell'animo, poiché agire di sotterfugio, come stavo facendo io, aspettando solamente il momento adatto per agire, anche se non sapevo bene come avrei potuto fare qualcosa, mi rendeva ancora più abbietta.
Ma, dopotutto, se lo meritavano.

Senza dire loro una parola, con l'appoggio di Maraud che prese la mia mano levandomi da quell'imbarazzante impiccio, discesi da quell'altura e silenziosamente mi feci accompagnare da Lui verso la meta che aveva scelto, ormai incapace di agire se non passivamente, lasciandomi trattare come una pedina in quel gioco in cui non avrei mai voluto prendere parte.

Regina.

Mi era stato appena spiegato perché ero così importante.
Non volevano solamente impedirmi di essere la loro condanna, volevano anzi volgermi del tutto a loro favore. Finora dentro di me era accresciuta la paura di essere fatta prigioniera e indotta in chissà quale agonizzante patimento, invece, il loro intento era molto più fine. Questo poteva essere considerato un bene, ma una nuova paura si strinse a me, permettendomi a mala pena di respirare.

Rovhtàri e la dimora delle ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora