XXII

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Giungemmo nuovamente davanti al portale posto ad apertura di una di quelle monumentali torri e, una volta attraversato, fummo nuovamente nella stanza asettica e bianca in cui avevamo lasciato Maraud.
Lo trovammo ancora a letto, stavolta sveglio e appoggiato di schiena alla barra del letto. Le sue bruciature erano scomparse e il suo torace tornato bellissimo come un tempo. I capelli neri, scompigliati a causa del suo riposo tormentato, gli conferivano un aspetto ribelle; il ciuffo, perfettamente divisosi a metà, ricadeva in parte davanti ai suoi occhi che venivano coperti in una piccola porzione, e il nero di quei ciuffi contrastava e risaltava maggiormente i suoi occhi azzurri e ghiacciati.
Al suono dei nostri passi, fulmineamente voltò verso noi il suo sguardo che si intrise di quella forza e autorevolezza che aveva messo in pausa mentre si trovava a essere solo.

- Mio Signore, stai molto meglio, ottimo. Permettimi di fornirti il pasto transitorio, così che le ferite guariscono totalmente e puoi cacciarti da solo del cibo.
- Aeglos, non sarai tu a farlo, sarà Lei.- Ed entrambi si girarono a fissarmi. Aeglos non disse nulla, sembrava che si aspettasse quella risposta.

- Io... non so che cosa dovrei fare.
- È semplice, devi soltanto... - si interruppe bruscamente - Aeglos, lasciaci soli.
- Come preferisci. - Amareggiato da quell'affermazione, Aeglos lasciò la stanza e scese al piano di sotto, per un breve lasso di tempo i suoi passi echeggiarono per tutta la stanza colmando quel silenzioso momento.

- Vieni. - Mi disse con voce ferma. Così che mi trovai a dover sedere accanto a lui, il letto reso caldo dal suo corpo mezzo nudo, era impregnato dal suo odore. Alzò il suo sguardo e penetrante lo affondò dentro il mio. Sentii la sua mano prendermi il braccio, possente, voluminosa, calda, si strinse a me in una presa leggera. I suoi meravigliosi occhi mutarono nel colore e divennero mostruosi, privi di una pupilla, privi di vitalità, profondi come un vortice nero che risucchia ogni cosa proiettandoti nell'infinito vuoto. Dalle sue mani, si protesero lunghi e affilati artigli che perforarono pungenti il mio polso e un lancinante dolore investì il mio braccio. Ebbi la sensazione che qualcosa fluisse al di fuori di quella ferita, ma non una sola goccia di sangue ne fuoriusciva. Come quando si è in balia di una forte corrente d'acqua, sentendo quella forza invisibile che contrasta le tue energie e ti spinge fortemente senza che tu possa gestirne l'impatto, mi trovai ad avvertirne una simile all'interno di me stessa e quella forte energia investiva e ripercorreva tutto il mio corpo, risalendo in maniera concentrata nel mio braccio, per poi fuoriuscire ed esserne risucchiata via da Lui. Poi mi sussurrò qualcosa di incomprensibile:
- Úvëa vanya. [1]

I suoi occhi cominciarono a infervorirsi e bearsi di quel gesto; quella che finora mi era stata una sgradevole sensazione, stava cominciando a mutare anche per me. L'energia scaturita da Lui, adesso era dentro di me, e lo sentivo: solare... idrogeno puro. Ciò bastò a farmi spuntare un sorriso sciocco sul viso e a dar impulso a vibrazioni dal cuore. Sentii poter prendere fuoco e amare appassionatamente, senza confini: la passione mi esaltava, m'infervorava, mi travolgeva.

Consapevoli entrambi di un piacere così grande, sapere di condividerlo reciprocamente, e nel frattempo sapere di averlo, possederlo e sentirne l'appartenenza dentro, rasserenava l'animo inquieto, le emozioni frivole, i momenti deboli e vuoti e li riempiva con emozioni che sono tutto meno che innocenti.
Lui è idrogeno puro.

E, se la mia bocca non parlava, il mio cuore urlava.
E, se i miei occhi non vedevano, la mia anima occupava il loro posto e si beava di quella splendida visione ch'era rinchiusa in quell'attimo idilliaco.

Il mio corpo prese a tremare, non mi fu subito chiaro, pensando che fossi io a indurlo a quel sussultorio movimento, invece, non appena riaprii gli occhi, vidi che era Lui a tremare e indurmi a farlo. Nulla è come sembra se tutto ciò che guardiamo è censurato dalla ragione e in quel momento la ragione era stata messa da parte, abbandonata a quel sensuale piacere che investiva entrambi. Cedevo qualcosa, per ricevere qualcos'altro in cambio. L'energia continuava a scambiarsi reciprocamente, seppur quella proveniente da me fosse nutritiva, quella da lui, passionale.
Lasciò la presa, la percezione di quel pungolo leggero avvertito per via dei suoi appuntiti artigli sparì, affievolendosi anche tutte le altre sensazioni finora captate.

Rovhtàri e la dimora delle ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora