Accenno un lamento quando sento lo scrosciare dell'acqua e mi copro la testa con il cuscino, pensando al perché mia madre debba cominciare ad infasidirmi così presto ogni mattina.
«Marika! Alzati»
Do un'occhiata all'orologio a parete difronte a me, tentata di urlarle di smetterla e di lasciarmi dormire, e quando la sua voce diventa sempre più insistente, mi domando se per caso le lancette del mio orologio siano ferme o impostate male. Sono soltanto le sei e venti...
Allungo un braccio sul comodino e prendo il mio cellulare, ricordandomi questa volta di ridurre la luminosità prima di aprire entrambi gli occhi.
Guardo più volte l'orario per accertarmi di vedere bene e continuo a non capire la fretta di mia madre. Sicuramente è a lei che si è fermato l'orologio.
Quando però sto per posare di nuovo il cellualre e tornare a dormire, noto una piccola scritta bianca alla destra del display che continua a lampeggiare per indicarmi un evento sul calendario impostato proprio ad oggi. Scorro il dito sullo schermo e la mia indifferenza si trasforma in ansia, mentre spalanco gli occhi, adesso consapevole di aver completamente rimosso la gita a Parigi dalla mia memoria.
Aspetto questo giorno da mesi, come ho potuto dimenticarmene?
Alzandomi in fretta, getto a terra le coperte e faccio un rapido calcolo del tempo necessario per prepararmi. Posso riuscire ad essere pronta giusto in tempo, in fondo sono in ritardo di soli dieci minuti.
Scelgo velocemente i vestiti da mettere, tenendo in considerazione il lungo viaggio in aereo, e optando quindi per un comodo paio di jeans, una maglia blu con la scritta "love" e le Vans blu e grigie.
Non posso credere che tra sole quattro ore sarò a Parigi, una delle città che ho sempre voluto visitare.
Canticchio a voce bassa una canzone sentita ieri in radio, mentre allaccio le Vans, ma vengo interrotta dalla porta della mia stanza che si apre bruscamente, mostrando mia madre che gesticola parlando a telefono di come non riuscirà ad accompagnarmi in tempo, ma che si tranquillizza quando mi vede già quasi pronta. Fa un sospiro di sollievo e chiude la chiamata, poi mi abbraccia augurandomi il buongiorno.
«Hai sistemato tutto?»
«Sì, tutto pronto!»
«Non posso più convincerti a restare vero?»
Mi allontano dall'abbraccio e la guardo stupita, ma appena sto per ribattere, ride e alza le mani in segno di resa.
«Stavo scherzando!»
Rido anch'io sollevata, sperando che sia la verità, poi la vedo allontanarsi e chiudersi la porta alle spalle, così guardo un' ultima volta la mia immagine riflessa nello specchio e prendo la valigia uscendo anche io dalla mia camera.
Mentre addento un cornetto al cioccolato, controllo i nuovi messaggi. Il primo è da parte di Martina: "Ehy Mari!! Fammi sapere tutto su Parigi, non ti dimenticare di me eh?! Divertiti."
Rispondo con un "certo" completato da uno smile, e scorro gli altri messaggi tutti da parte di Clara, nei quali mi chiede se ho preparato tutto e mi raccomanda di seguire i suoi consigli sui negozi in cui andare. Se non la conoscessi, stenterei a credere che davvero ricorda tutti i negozi di Parigi, dal più grande centro commerciale alla più piccola boutique, ma è Clara ed è fatta così.«Ehi Mari!»
Mi volto in direzione della voce e vedo Andrea che mi sorride e sventola un braccio in aria per farsi notare. Ricambio il sorriso e saluto mia madre abbracciandola
«Non fare pazzie!»
«Mi conosci, mamma, sai che potrei perdermi anche tra i corridoi dell'hotel!»
Accenno una risata, sperando di aver alleggerito la tensione, ma purtroppo non è servito a molto, considerando lo sguardo accigliato di mia madre che borbotta un "proprio per queso mi preoccupo".
«Dai mamma, è tardi! Ti chiamo quando arrivo.»
«Divertiti!»
Mi da un ultimo bacio sulla fronte, poi rientra in macchina mentre io afferro la valigia e corro verso Andrea che mi sta ancora aspettando.
Lo saluto con un abbraccio che lui ricambia stringendomi forte, e faccio un cenno con la mano al resto del gruppo dei miei amici, fermo qualche metro più in là.
Dopo pochi minuti passati ad ascoltare Andrea elencare gli innumerevoli luoghi che vorrebe visitare una volta arrivato, sentiamo l'altoparlante annunciare il nostro volo e raggiungiamo gli altri nostri compagni, mentre la professoressa ci urla di seguirla.
«Pronta per la settimana più bella della tua vita?»
Rispondo con una risata alla domanda del mio amico, che mi prende la mano e insieme saliamo sul'aereo, riuscendo anche a conquistare uno dei posti migliori.
Aspetto che l'aereo decolli, guardando sempre con molta diffidenza il suolo allontanarsi semre di più, e prendo i miei fedeli auricolari indossando solamente la cuffietta sinistra.
«Che amica socievole che ho!»
Sento Andrea ridere e mi limito ad una linguaccia in risposta, poi indosso anche quella destra e chiudo gli occhi quasi per fargli un dispetto.
Quando l'aereo tocca terra, sento un brivido di felicità al pensiero di essere finalmente qui dopo tanti lunghi mesi di attesa. Scuoto leggermente la spalla di Andrea che ha dormito per l'intero viaggio e poso gli auricolari nella borsa aspettando che si accorga di non essere nel letto di casa sua, ma a Parigi.
Quando, dopo inutili lamentele, si decide ad aprire gli occhi, guarda attraverso il finestrino e fa un balzo sul sedile puntando un dito contro il vetro.
Mi metto a ridere mentre lui spalanca gli occhi verso di me
«Dimmi che non sto sognando»
Gli colpisco il braccio con la manica del mio giubbotto, prima di indossarlo scuotendo la testa e scendendo velocemente dal'aereo mentre lui si finge offeso e si massaggia il braccio per poi inseguirmi con un ghigno divertito in volto.
«B-asta! Fer-mati!»
Andrea sa tutto di me. Sa anche che il solletico è il mio punto debole e lo usa in qualsiasi occasione. Cerco di liberarmi dalla sua presa ridendo e facendo voltare tutti verso di noi mentre lui continua a dirmi "Cosa hai fatto tu?" oppure "Chiedimi scusa."
Non vorrei arrendermi così facilmente, ma sono costretta a sillabare "scusami" quando sento mancarmi il respiro a causa delle troppe risate.
«Ora va meglio!»
Mi abbraccia e mi trascina verso il pullman che ci sta aspettando.
Arriviamo davanti ad un hotel meraviglioso, non ho mai visto niente di simile! Grande e luminoso, completo di un bellissimo giardino all'esterno, decorato con roseti e fiori di ogni genere.
Aspetto che i professori consegnino le chiavi delle camere, mentre mi guardo intorno e ascolto distrattamente la conversazione delle mie amiche.
Guardo la tessera magnetica con il numero 201 argentato e scritto in rilievo, e seguo Sabrina verso il terzo piano dove, a quando pare, si trova la mia camera. Il corridoio è stranamente vuoto e si sente soltanto il ticchettio metallico nel tentativo di aprire la porta, da parte della mia compagna di stanza. Sorrido e poso la mia valigia a terra per aiutarla, ma una voce fin troppo conosciuta, dove prima regnava il silenzio, mi fa sobbalzare e lascio cadere a terra la tessera, mentre sento Mirko sbuffare.
«Che ci fai tu qui?»
Lo guardo incrociando le braccia e alzo un sopracciglio cercando di prendere tempo per formulare una risposta che non sia troppo scortese e che non comprenda il pianto.
«Mi sembra ovvio, sto entrando in camera mia!»
«Pure vicini siamo...»
Lo sento sibilare queste parole, prima di aprire con un gesto rapido la porta, e lanciarmi un'occhiata di disprezzo.
«Mirko vuoi spiegarmi cosa ti ho fatto? Non merito di essere trattata così, non puoi parlarmi in questo modo!»
Mi stupisco delle mie stesse parole, non volevo dirle, avevo promesso a me stessa che avrei finto indifferenza, ma sono venute spontanee.
«Non ho niente da spiegarti, pensavo fossi una persona diversa... Tutto qui.»
Per la seconda volta in due giorni, non aspetta la mia risposta e chiude la porta dietro di se, mentre io mi accorgo soltanto adesso di Sabrina che mi guarda spaesata, non sapendo del nostro litigio.
Faccio un gesto con la mano come per dire "non voglio parlarne" ed entro in camera sdraiandomi subito sul letto e lasciando che i miei pensieri vadano ancora una volta a lui.
Clara mi aveva detto di non fidarmi, e io invece ho cercato delle giustificazioni al suo comportamento. Aveva ragione lei, come sempre.
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Sarà per Sempre
FanfictionMarika è una ragazza di 14 anni, sognatrice e con tante aspettative. La sua vita è sempre trascorsa normalmente tra scuola, amici e tante risate, in un piccolo paesino della Sicilia. Ma le era sempre mancato qualcosa. Forse mancava proprio lui nel...