Come ogni mattina, il mio sonno viene interrotto dal solito suono della mia sveglia. Rotolo sul letto fino a toccare il comodino con la punta delle dita e stiro un altro po' il braccio per cercare di prendere il cellulare, riuscendo nell'intento soltanto dopo un paio di tentativi. Guardo con disappunto l'orario e prendo in considerazione solo per un momento l'idea di andare a scuola, ma la stanchezza del lungo viaggio si fa sentire subito, come immaginavo, e quando vedo mia madre piombare in camera mia e accingersi ad aprire la tenda della mia finestra, mugolo qualcosa di incomprensibile per attirare la sua attenzione e facendo gli occhi dolci riesco a convincerla a concedermi un giorno di riposo.
Spengo soddisfatta le sveglie successive, lancio il cellulare sul comodino rischiando quasi che cadesse per terra, sorrido rilassata e mi avvolgo di nuovo nel mio lenzuolo sprofondando un'altra volta nel sonno.
Quando sento la mia canzone preferita diffondersi nella stanza, apro gli occhi e rivolgo lo sguardo al mio telefono che vibra e sta lampeggiando. Devo ricordarmi di spegnerlo la prossima volta. Sporgo la testa in direzione del comodino alzandomi a sedere sul letto, e impiego qualche secondo prima di leggere correttentamente il nome sul display, capendo in fine che si tratta di Clara.
Tossisco per cercare di nascondere la voce ancora impastata dal sonno, e rispondo con il tono più allegro che riesco ad assumere.
«Mari! Disturbo?»
La voce sempre entusiasta di Clara mi porta a sorridere, ma provo a rispondere a monosillabi, non riuscendo ancora a riordinare del tutto le idee e formulare una frase di senso compiuto. Quando però sento la sua risata, getto la testa all'indietro sul cuscino e mi copro la faccia con le mani domandandomi per quale motivo io non sia capace di camuffare una voce assonnata.
«Stavi dormendo?»
«Eh?! Io... No!»
Rispondo un po' troppo velocemente e il mio tono agitato le da la conferma di quello che ha appena detto.
«Ne sei sicura?»
Colgo una sfumatura divertita nella sua voce e riesco perfino ad immaginarmela mentre alza gli occhi al soffitto scuotendo la testa.
«E va bene. Dormivo!»
Sbuffo, e sospiro quando sento la sua risata dall'altro capo del telefono.
«Regola numero uno: mai mentire a Clara!»
«Imparerò a seguire questa regola fondamentale allora»
Stropiccio gli occhi, e non posso fare a meno di lasciare andare un'altra risata quando sento la mia amica borbottare qualcosa in cenno di assenso.
«E adesso preparati. Tra mezz'ora sono da te.»
Clara chiude la chiamata senza aspettare una mia risposta, cosa a cui ormai non presto più molta attenzione, ed io mi alzo svogliatamente dal letto rivolgendo lo sguardo ai vestiti di ieri posati sulla sedia e decidendo subito di indossarli di nuovo.
Arriccio le punte dei capelli dopo essermi truccata leggermente e, quando guardo il mio riflesso allo specchio, constato che il risultato che mi aspettavo era di gran lunga peggiore.
Indosso una collana argentata con un ciondolo a forma di cuore, e un orologio bianco, regalo di Martina per il mio compleanno. Proprio quando sto per chiamare Clara però, sento il trillo del citofono.
Scendo velocemente le scale, ma mi blocco sull'ultimo gradino stupendomi di vedere mio padre seduto sul divano con un giornale in mano.
«Come mai non sei al lavoro?»
Mi avvicino e lo saluto con un bacio sulla guancia mentre lui guarda mia madre come in cerca di conferma.
«Oggi... c'era sciopero!»
Si massaggia la nuca accennando un sorriso e poi posa la sua attenzione nuovamente sulle notizie in prima pagina. Decido di non dare peso ai miei pensieri che mi ripetono di domandarmi se non mi stia nascondendo qualcosa, e saluto mia madre con un gesto della mano, avviandomi verso la porta mentre sento in lontananza mio padre sbuffare in un sospiro di sollievo.
Non appena esco da casa, sento la voce squillante di Clara provenire dal marciapiede opposto al mio e mi volto nella sua direzione vedendola sventolare un braccio e sorridermi, nascosta nei suoi enormi occhiali da sole.
Attraverso la strada, e la saluto con un abbraccio mentre lei elenca ridendo tutto ciò di cui dovrò parlarle.
«Prendiamo un gelato?»
Mi guarda con aria divertita e fa un cenno di diniego con la mano, scuotendo allo stesso tempo la testa e sorridendomi soddisfatta, prima di alzare il cestino che teneva tra le mani e di cui non mi ero completamente accorta.
«Ho portato i panini. Andiamo al parco!»
Incrocio le braccia portandole dietro la schiena, mentre penso a quanto le mie abitudini siano cambiate da quando mi sono trasferita qui.
«Io... non ho mai fatto un picnic»
Non faccio nemmeno in tempo ad accorgermi di aver dato voce ai miei pensieri che Clara mi prende la mano e corre, trascinandomi verso il parco poco distante.
Non appena vengo circondata dal verde degli alberi, mi accorgo di come questo posto accomuna così tante persone con interessi diversi. Osservo divertita la gente fare jogging, mentre Clara stende una tovaglia sull'erba accanto ad una famiglia che ci guarda incuriosita, e cerco di trattenere una risata quando un labrador passa accanto al nostro cestino e lo annusa, costringendo la ragazza che tiene il guinzaglio a strattonarlo per distogliere la sua attenzione dal nostro pranzo e riprendere la loro passeggiata.
Mi siedo sull'erba accanto alla mia amica, e prendo un panino, guardandolo affamata mentre Clara mi tempesta di domande sulla gita e su Mirko. Non sa ancora nulla riguardo alle novità successe in questi giorni e soltanto adesso mi rendo conto che potrebbe rimanere delusa nel venirne a conoscenza. Mi ricordo bene quando mi ha detto che le piaceva, e il tono triste della sua voce nel dirmi che sperava in un'occasione che non sarebbe mai arrivata. Penso che forse dovrei aspettare un po' di tempo prima di parlargliene, magari qualche giorno e dirle tutto la prossima settimana quando anche io stessa ne saprò di più. Come sempre però la mia espressione pensierosa non sfugge agli occhi attenti di quella che è diventata una delle mie migliori amiche, e che adesso mi guarda incuriosita incrociando le braccia al petto.
«C'è qualcosa che devi dirmi per caso?»
Abbasso lo sguardo mormorando un "no", e cerco di cambiare l'argomento del discorso chiedendole notizie sul nuovo servizio di dogsitter aperto in città, purtroppo però senza raggiungere il risultato sperato.
«Si. Tu devi dirmi qualcosa!»
Batte le mani elettrizzata e si avvicina ancora di più a me, guardandomi come se volesse leggere i miei pensieri. Capisco che non sarà facile far si che si arrenda, e dopo un paio di minuti passati a riflettere e a mordicchiare svogliatamente il mio panino, decido di raccontarle la verità.
Ascolta attentamente il racconto accurato che tento di realizzare, riportando tutti i discorsi e perfino i gesti e cercando di non tralasciare nulla. La mia tensione si allevia parola dopo parola, ma scompare del tutto quando vedo il viso di Clara aprirsi in un sorriso luminoso e le sue braccia sottili avvolgersi intorno alle mie spalle, stringendomi forte mentre la sento sussurrare tra i miei capelli espressioni di gioia. Sorrido anche io, sollevata, e proprio quando mi allontano dall'abbraccio sento vibrare la tasca dei jeans. Tiro fuori il cellulare e rispondo subito alla chiamata quando vedo il nome e la foto di mia madre illuminare il display.
«Pronto?»
Sento per qualche secondo delle voci confuse dall'altro capo del telefono e poi soltanto silenzio il respiro agitato di mia madre.
«Marika, puoi venire a casa?»
«Adesso?»
«Si. Fai presto!»
«Ma è successo qualcosa?»
«No, tranquilla... Ti aspetto.»
Sto per replicare quando sento un click e mi accorgo che la chiamata è terminata. Mi alzo velocemente posando il succo d'arancia che avevo in mano sulla tovaglia e metto in ordine tutto sotto lo sguardo confuso della mia amica.
«Ma che stai facendo?»
«Devo andare a casa. Mia madre mi ha detto di fare presto»
Sono confusa, e anche un po' preoccupata, non so cosa aspettarmi dopo questa chiamata. Ripenso alla voce di mia madre, cercando di cogliere delle sfumature di tristezza, o nervosismo, ma con mio grande sollievo mi accorgo che il suo tono faceva trasparire soltanto agitazione, quasi euforia.
Rimetto il cellulare in tasca, mentre Clara arrotola velocemente la tovaglia riponendola dentro il cestino, e mi allontano dal parco seguita da lei.
Quando imbocco la strada che porta a casa mia, saluto Clara con un ultimo abbraccio e lei mi promette che ci sentiremo presto, prima di fare un cenno con la mano e sparire dietro l'angolo.
Entro in casa chiudendomi la porta alle spalle, e sto per urlare a mia madre che sono qui, quando sento delle voci conosciute e una risata che anche dopo tanto tempo mi è stato difficile dimenticare, provenire dalla cucina.
Mi dirigo velocemente verso la porta chiusa e la spalanco, confermando i miei sospetti. Porto una mano alla bocca, mentre tre ragazze mi guardano sorridendo e scuotendo la mano.
Sposto il mio sguardo verso mia madre che maschera una risata e mio padre che annuisce contento e realizzo soltanto un attimo dopo che quello in cui avevo tanto sperato in tutti questi anni è successo realmente: Sofia, Denise, e Simona veramente qui, che stanno aspettando ridendo una reazione da parte mia.
«Che fate voi qua?»
Le mie cugine si sono trasferite a Londra da quasi quattro anni ormai... Nessuno lo immaginava, ma quella che doveva essere soltanto la meta di un viaggio estivo è diventata la loro città. Non ci siamo più riviste, e anche se siamo rimaste ugualmente in contatto, mai avrei immaginato che potessero venire di nuovo in Italia.
«Un regalo da parte di mamma!»
Sento la voce stridula di Simona, che sorride, e trotterella verso di me allargando le braccia. La sollevo e le do un bacio sulla fronte mentre le sue piccole manine stringono il mio collo, e prendo posto accanto alle sue sorelle facendola sedere sulle mie gambe.
Rispondono ad ogni mia domanda non nascondendo l'allegria, fin quando veniamo interrotte da mia madre che ci guarda con gli occhi pieni di felicità.
«Staranno qui tre giorni e avrete tutto il tempo necessario per parlare, ma adesso sono stanche, lasciale riposare!»
Alza gli occhi al soffitto, mentre Simona si alza lentamente e la abbraccia, e lei accarezza i suoi morbidi ricci biondi tenuti legati da un nastrino rosso.
Conduco le mie tre cugine al piano di sopra, mostrando loro la camera degli ospiti e mi allontano verso la mia stanza sorridendo.
È incredibile quanto le mie giornate abbiano preso una piega diversa fin dal mio primo giorno qui. Sono trascorse quasi tutte sempre con una nota di allegria in più, e adesso ne ho la certezza, questa città migliora la vita.
STAI LEGGENDO
Sarà per Sempre
FanfictionMarika è una ragazza di 14 anni, sognatrice e con tante aspettative. La sua vita è sempre trascorsa normalmente tra scuola, amici e tante risate, in un piccolo paesino della Sicilia. Ma le era sempre mancato qualcosa. Forse mancava proprio lui nel...