Capitolo 35

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«Hai già controllato in quel cassetto»
Giulia sbuffa, ed io continuo a passare in rassegna ogni luogo dove potrei aver dimenticato qualcosa.
«È sempre meglio accertarsi! Hai già dimenticato quello che è successo a Venezia l'anno scorso?»
La mia amica soffoca a stento una risata, e alza le mani in segno di resa.
«Dov'è il tuo rossetto?»
La guardo stranita, e con in volto un'espressione sicuramente confusa indico il beautycase già sistemato nel mio zainetto da viaggio, prima di accorgermi che si tratta soltanto di una sua presa in giro.
«Quante volte ancora dovrai rinfacciarmi questa storia?»
Sorrido, alzando gli occhi al soffitto e sento Giulia ridere di gusto.
«Tutte le volte che sarà necessario, e poi...»
Mi punta un dito contro.
«Sei stata tu a ricordarmelo!»
Scuoto la testa e lascio che la mia risata segua la sua, mentre ripercorro i momenti della nostra prima vacanza insieme.
Era andato tutto liscio, finché al mio ritorno non ho ricevuto una chiamata dall'hotel seguita dall'arrivo di un grande scatolone contenente buona parte dei vestiti che avevo portato con me, e che non mi ero nemmeno accorta di aver lasciato nell'armadio, e un tubetto di burro cacao, dimenticato nel frigo bar dopo aver messo in pratica la mia idea nella speranza di contrastare il caldo che lo stava sciogliendo. Ancora ricordo l'espressione delle mie amiche che erano con me in quel momento, e le nostre risate che si sono susseguite per ben due giorni.
Mi volto per guardare il mio riflesso allo specchio, e vedo Martina allacciare lentamente le sue sneakers bianche con ancora indosso il top del suo pigiama rosa decorato da tante nuvolette.
Guardo l'orario, luminoso sul display del mio cellulare, e scambio un'occhiata eloquente con Giulia, che si getta sul letto disfatto attutendo le sue risate con il cuscino. Mi volto di nuovo verso Martina che questa volta mi sta guardando inarcando un sopracciglio, e agito le braccia in aria davanti a me.
«Cosa fai ancora così?»
Indico l'orologio a parete davanti a me, e la mia amica scrolla le spalle passandomi accanto e allungando un braccio verso la scrivania per afferrare la sua spazzola.
«Non è tardi... Non farti prendere dall'ansia, siamo in tempo»
«Dobbiamo essere in aeroporto tra quindici minuti! E non hai nemmeno sistemato la tua valigia»
Passo nervosamente le dita tra i miei capelli e osservo Giulia che nel frattempo ha esaurito le sue risate e ci sta guardando curiosa.
Osservo ogni movimento di Martina pregando che la sua improvvisa e assurda lentezza non mi faccia perdere il volo, e venti minuti dopo siamo fuori dal residence, in un ritardo pazzesco.
Rivolgo un cenno a Giulia, che agita la mano in segno di saluto, e chiamo un taxi supplicando l'autista di dirigersi alla destinazione nel minor tempo possibile.
Sopporto l'occhiataccia che mi scocca quando il mio tono di voce si alza di un'ottava, in preda al panico, e guardo attraverso il finestrino le macchine sfrecciare accanto a noi.
Scendo dall'auto, e saluto il tassista che sorride nell'afferrare le banconote che gli porgo, per poi camminare a passo spedito verso l'aeroporto, attraversando la porta scorrevole seguita da Martina che si guarda attorno nervosa.
Raggiungo velocemente la fila per il check in e frugo nella mia borsa in cerca dei documenti.
«Hai preso la tua tessera?»
«Ehm... signorina, ci conosciamo?»
Mi volto nella direzione in cui dovrebbe esserci la mia amica, alzando però lo sguardo su una signora impettita nella sua giacca stretta che mi osserva dal vetro dei suoi spessi occhiali da vista, e sistema dietro l'orecchio i capelli sfuggiti dal perfetto chignon.
Biascico un "mi scusi" e sento le guance prendere improvvisamente colore mentre nascondo il viso tra i miei lunghi capelli.
Riesco a scorgere la mia amica parlare al telefono poco lontana da me, e quando corruga la fronte in un'espressione preoccupata ripondendo il cellulare nella tasca dei jeans sto per urlare contro per l'ennesima volta, ma vedo i suoi occhi spalancarsi oltrepassandomi con lo sguardo e le sue labbra piegarsi in un grande sorriso.
Martina viene verso di me, ma capisco di non essere io l'oggetto del suo interesse, perché il suo sguardo continua a correre verso qualcosa di più lontano.
«Ti voglio bene, ricordalo!»
Mi rivolge un rapido occhiolino, dopo aver quasi urlato queste parole, e non faccio in tempo a replicare perché è già sparita tra la folla, e sento dei passi accompagnati da un profumo inconfondibile che si avvicina sempre più.
Chiudo gli occhi, inspirando ed espirando lentamente, e mi convinco che sia solo una banalissima coincidenza, riuscendo anche nel mio intento fin quando una mano si posa delicatamente sulla mia spalla e mi fa voltare incontrando quel paio di occhi nocciola che non avrei mai voluto incontrare qui, e soprattutto proprio adesso. La fila che mi precedeva si è accorciata sempre di più, e mi ritrovo vicinissima al momento dell'imbarco, ma continuo ad osservare il ragazzo che mi sta difronte e che cerca di riprendere fiato appoggiando le mani sulle ginocchia, ma mantenendo sempre il contatto visivo con me.
«Cosa ci fai qui? Come sapevi che stessi partendo?»
È un sussurro lieve quello che riesco a pronunciare, ma serve a far sparire quell'accenno di sorriso il suo volto, tramutandolo in una smorfia nervosa.
«Come facevo a saperlo? E tu quando avresti voluto dirmelo?»
Sorride amaramente quando abbasso lo sguardo verso il pavimento lucido, e nei suoi occhi non riesco più a scorgere nessuna traccia della gioia che li caratterizzava qualche secondo prima.
«Io... io non volevo che tu lo sapessi»
«Ma perché?»
Scuote il mio braccio, spalancando gli occhi, e io mi sottraggo alla sua presa indietreggiando di qualche passo.
«Cosa ho fatto?»
Il tono della sua voce si incrina, perdendo quella sfumatura di rabbia con cui su era rivolto a me qualche attimo fa, e lascia ricadere le braccia lungo i fianchi mentre io stringo la valigia come per sfogare su di essa tutto ciò che non voglio dire.
«Tu non mi hai fatto nulla... Ma devi stare tranquillo, e io qui sono un ostacolo per te e per il tuo lavoro.»
«Ma cosa dici?»
La sua mano cerca la mia guancia, ma veniamo interrotti dalla signorina che mi richiama in attesa dei miei documenti, a cui però Mirko fa un cenno di dissenso con la mano, prima di trascinarmi fuori dalla fila intrecciando la mia mano nella sua.
«Cosa fai? Lasciami tornare a casa»
Cerco di divincolarmi dalla sua presa ma le sue dita si stringono maggiormente sulle mie.
«No! Ho fatto una corsa assurda per riuscire ad arrivare in tempo. Era tardi, e credevo che fossi già partita, ma per fortuna sei qui. E non ti lascerò andare»
Sospira, per poi sfiorare delicatamente il mio zigomo con la mano che non mi tiene ferma vicino a lui.
«Non c'è motivo per cui tu vada via»
Sposta velocemente i suoi capelli, allontanandoli dalla fronte, ed io approfitto del suo momento di distrazione per far scivolare la mia mano lontana dalla sua.
«Invece il motivo c'è. Perché mi hai evitata in questi giorni? Perché ti sei comportato come se io fossi un'estranea? Mirko sono un peso per te, in questo momento. Ammettilo, perché so di aver ragione.»
Roteo gli occhi al cielo, e tutte le parole che avrei voluto conservare per me vengono fuori, portandolo ad assumere un'espressione triste.
«Ho sbagliato. Ho dedicato tutto me stesso al lavoro, ma ho sbagliato. È stato un errore.»
«No, Mirko. Non è stato un errore. Devi dedicarti a ciò che ti piace fare di più, e devi farlo con tranquillità.»
Si avvicina maggiormente a me, ma porta le mani in tasca, continuando a guardare nei miei occhi.
«E allora non è il lavoro ciò a cui mi devo dedicare. Sei tu, è stare insieme a te la cosa che mi piace. Più della recitazione, più di ogni altra cosa.»
Rimango senza parole, non so davvero cosa ribattere, e l'emozione è talmente tanta che mi spinge a fare quello che forse avrei dovuto evitare proprio in questo momento e nel bel mezzo di una discussione. Baciarlo.
È un attimo, e le mie labbra sono già unite alle sue in un bacio che mi trasmette tutte le emozioni che non avevo potuto provare negli ultimi che avevamo scambiato. Mi accarezza i capelli lentamente e dolcemente pone fine a quel lungo momento soltanto nostro, in cui ho capito che mi era mancato, mi mancava troppo.
«Non partire»
Le sue labbra si aprono in un sorriso speranzoso, e i miei occhi rimangono fissi nei suoi.
L'ho già perdonato nel momento stesso in cui l'ho visto davanti a me, con il fiatone, e il volto illuminato dalla felicità nell'essere riuscito a fermarmi.
«Non potrei più farlo. Voglio stare qui, con te.»
Le sue braccia avvolgono il mio corpo, sollevandomi e stringendomi forte a sè.
«Rimedierò a tutto. Promesso.»
La nostra estate perfetta non è ancora finita, avrà inizio proprio adesso.

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