37. Una pietra preziosa

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Sofia

La testa mi gira come se fossi su un ottovolante e la nausea mi avviluppa lo stomaco. Mi reggo al braccio di Alessandro come se ne andasse della mia vita. Probabilmente è così.

Mi fa sedere sul sedile del passeggero e si piega sulle ginocchia per guardarmi meglio.

«Hai un colorito pessimo», sospira. Un cipiglio gli increspa la fronte, dal tono capisco che è preoccupato, ma anche arrabbiato. Resta bellissimo come un angelo, con gli occhi più cristallini che abbia mai visto.

«Sei preoccupato?», mormoro, pentendomi subito dopo di aver anche solo parlato.

«Confuso e incazzato, più che altro», chiude lo sportello, facendomi sobbalzare leggermente. Fa il giro dell'auto e si accomoda al lato del guidatore.

Mi volto su un fianco e lo fisso. Ha arrotolato le maniche della camicia lasciando scoperti gli avambracci, seguo le vene in rilievo, a tratti le vedo doppie. Mi obbligo a fermarmi e chiudere gli occhi.

«Riesci a indossare la cintura?».

Scuoto la testa. In questa esatta posizione il mio stomaco non fa i capricci, non ho intenzione di muovermi.

Il profumo di Alessandro mi invade le narici. Lo sento armeggiare con la cintura di sicurezza. Apro un occhio e me lo ritrovo a un palmo dal naso, troppo vicino e al contempo ancora troppo lontano.

Allungo la mano, gli scosto i ciuffi biondi dalla fronte.

Lui si immobilizza all'istante. Sembra tesissimo. Mi punta con le sue stalattiti, mi chiedono di smetterla.

Accolgo la sua richiesta silenziosa e mi limito a riportare le mani sul grembo. Alessandro fa partire l'automobile facendo delle manovre con lo sterzo sexy da morire, ma che non posso seguire bene a causa della nausea.

«Tuo padre mi ucciderà», lo sento borbottare quando svolta nella via che conduce a casa mia.

«I miei non ci sono».

«Come mai?».

«Sono andati a un matrimonio fuori città, non torneranno prima di domani pomeriggio». Spiego, slacciando la cintura. Prendo un respiro profondo e apro lo sportello.

«Te la caverai da sola?».

«Certo, puoi stare tranquillo», scendo dall'automobile, barcollo un po' sui tacchi, ma riesco a trovare l'equilibrio. Forse sarebbe stato meglio togliere i sandali.

𝐒𝐓𝐀𝐈 𝐂𝐎𝐍 𝐌𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora