51. Aspettare il momento giusto

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Questo è un epilogo che non è riuscito a epilogare (ops).
Ve se ama,
🌷 buona lettura 🌷

Per me è importante vedervi partecipi e i vostri commenti mi fanno sempre un sacco ridere e scaldare il cuore, quindi grazie. 🫶🏼🦋

 🫶🏼🦋

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Sofia

2024 (due anni dopo)

Dire che sono agitata è riduttivo. Non mette piede in un campo da calcio per giocare una partita da anni. La riabilitazione è stata più lenta e difficile del previsto. Alessandro ha attraversato giorni infernali in cui si rintanava nel suo silenzio e non lasciava spazio per nessuno, neanche per me. Le innumerevoli porte sbattute in faccia, le terribili emicranie che lo tormentavano - e lo tormentano tutt'ora -, impedendogli anche movimenti basilari, figurarsi un allenamento serio, la recessione del contatto da parte della Società calcistica che tanto aveva agognato... si è arrabbiato, con sé stesso, con suo padre, con sua madre, con il mondo intero.

Ha pianto lacrime amare, ma non si è dato per vinto finché non ha incontrato un fisioterapista che credesse in lui e al suo ritorno in campo a livelli più alti della semplice partitella tra amici.

Il suo era un sogno troppo grande per potervi rinunciare. Aveva dedicato tutto sé stesso per poterlo realizzare, rinunciato agli anni più spensierati della sua adolescenza e alle uscite con gli amici per andare agli allenamenti, fatto due lavori per potersi permettere la scuola-calcio.

Era nato per correre dietro un pallone, per stare sotto i riflettori, mentre noi tutti lo guardavamo ammaliati dagli spalti.

«Sofi, così non riuscirò più a scrivere!», stritolo la mano di Valentina ignorando le sue lamentele.

«E se dovesse sentirsi male?»

«Giocherà solo mezz'ora, non succederà niente, vedrai», mi rassicura.

Visto che è la sua prima partita dopo quasi tre anni, il preparatore atletico e l'allenatore hanno ritenuto opportuno fargli fare un solo tempo. Ancora non so se sia il primo o il secondo.

«Un tempo è composto da quarantacinque minuti», la correggo. «Dovevi vederlo, sembrava impassibile, ma in realtà non sta nella pelle. Ha aspettato per così tanto tempo...»

«Mi preoccupi più tu che Alessandro. Devi calmarti», mi intima per l'ennesima volta.

È davvero difficile spiegare agli altri quello che mi lega ad Alessandro. Non posso calmarmi. Io e lui abbiamo lo stesso cuore, parlando in senso figurato. Qualsiasi cosa lo agiti, mi agita; qualsiasi cosa lo ferisca, mi ferisce. Non posso fare nulla per evitarlo.

Riconosco la sua nuca dorata appena i giocatori mettono piede in campo. Il suo sguardo vaga tra gli spalti. Sono sicura che mi sta cercando, quindi alzo una mano e la scuoto per aria come un'ossessa per farmi notare.

𝐒𝐓𝐀𝐈 𝐂𝐎𝐍 𝐌𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora