47. Respiro mozzato

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Buona lettura

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Sofia

Il cuore mi piomba nello stomaco. Collego tutto in un istante e ho il terrore che quanto sto pensando possa rispecchiare la realtà. Il messaggio ambiguo, il volermi attirare in quella casa, la polizia che viene contattata per disturbo della quiete pubblica...

«Dobbiamo andare a controllare». Faccio per uscire, ma papà mi afferra per il gomito e mi trascina dentro.

«Dove pensi di andare?»

«Vengo con te, mi sembra ovvio».

«È pericoloso, vado da solo».

«Se non mi fai venire, troverò il modo per andarci non appena metterai il piede fuori dall'uscio».

Capisce che sono seria come non mai, getta un sospiro e scuote la testa rassegnato.

«Va' a metterti le scarpe e una giacca, fuori si gela», mi ordina. Gli do retta solo per evitare di perdere altro tempo, agguanto un giubbino di mamma dall'appendiabiti e mentre lo indosso cerco con lo sguardo le scarpe da tennis.

Esco fuori in tempo record, papà ha già messo in moto l'automobile ed è intento a sfregarsi le mani davanti al viso per riscaldarle.

«Andiamo», chiudo lo sportello con foga e per poco non mi taglio la gola per indossare la cintura di sicurezza.

«Rischiamo di rimanere imbottigliati nel traffico, dovrò prendere strade secondarie, quindi ci metteremo più di venti minuti ad arrivare. Devi provare a guadagnare del tempo».

Alessandro

Sta consumando il pavimento della cucina a furia di camminare su e giù per la stanza. Osserva il telefono come un ossesso, poi fissa mamma per terra ancora priva di sensi, ma mai per troppo tempo perché sotto sotto ha paura, evita il mio sguardo a qualsiasi costo.

«Papà...»

«No! Non parlare, non voglio ascoltarti».

«Questa storia finirà male. Scappa. Faremo finta che tutto questo non sia mai avvenuto e se verranno i poliziotti a fare domande per quanto successo al pub di Manuel, diremo che non sappiamo che fine hai fatto», tento, per l'ennesima volta, di fargli capire la gravità della situazione in cui si sta invischiando.

«Lei non lo farà mai. Dio me l'ha fatta conoscere solo per consentirle di rovinarmi la vita». Scosta una sedia dal tavolo e, senza smettere di puntarmi contro la pistola carica, si siede.

«A conti fatti, potrebbe dire lo stesso».

Scoppia a ridere.

«Vi ha mai raccontato la storia di come ci siamo conosciuti? Ti sei mai chiesto come mai io fui cacciato di casa?»

𝐒𝐓𝐀𝐈 𝐂𝐎𝐍 𝐌𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora