25. Quelle gambe sono mie

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Contiene scene sessualmente esplicite

Pov Michele

Scesi giù al tavolo, ordinai intanto due cappuccini al cameriere e guardai l'iPhone, erano le otto precise.
Mi ero seduto su un tavolinetto che guardava le scale, così l'avrei vista quando sarebbe scesa.
Già mi mancava.
Oggi sarebbe stato l'ultimo giorno di vacanza e già pensavo a quando sarei potuto tornare giù.
Alle otto e dieci, con il cappuccino davanti, alzai gli occhi sentendo il rumore dell'ascensore.
Poco dopo la vidi apparire sulle scale e, Dio, rischiai di avere un infarto.

Quel vestito era illegale. Le sottolineava il punto vita, esaltando quel fisico a clessidra con le curve al punto giusto e quando era uscita dall'ascensore avevo notato che sulla schiena aveva solo dei laccetti, lasciando nuda quella schiena flessuosa e femminile. Era senza reggiseno, porca miseria. Ma la cosa che mi aveva lasciato a bocca aperta erano le gambe lasciate scoperte da quella gonnellina svolazzante che era davvero mini. Quelle gambe erano il mio cazzo di punto debole.

Probabilmente stavo sbavando con il cappuccino in mano.

Poi impallidii a pensare che gli altri uomini della sala potessero fantasticare come facevo io su quelle gambe e su quei tacchi alti.

Porca miseria, l'avrei volentieri fatta sedere sul tavolo e avrei fatto colazione tra le sue cosce, come avevo fatto ieri.

Si sedette davanti a me.
"La lingua l'hai lasciata da un'altra parte stamattina?" alluse, malefica, lei.

Sapessi dove vorrei perderla.

"Sara" dissi, strozzato.

"Sì?".

"Non sarà un po' troppo corto questo vestito? Ti hanno guardato tutti" dissi, cercando di mascherare l'eccitazione mista a gelosia.

Alzò gli occhi al cielo, prendendo il cappuccino in mano. "No, il vestito va bene così".

Repressi la frustrazione e le chiesi: "Che ti va da mangiare?".

Sperai che non avessero guardato troppo e che non si fossero accorti di quanto fosse figa.

"Mi alzo io appena finisco" disse lei, guardandomi negli occhi con la tazza in mano.

"No no, mi alzo io, dolce o salato?" le chiesi veloce. Non avrei rischiato di farla girare in quel modo in sala, mi era bastato vedere come l'avevano guardata quelli seduti sul tavolo a fianco al nostro quando era scesa.

Appoggiò la tazza sul tavolo, e incrociò le gambe guardandomi fissa negli occhi, di nuovo.
Deglutii.

"Dolce, grazie".

Mi alzai di scatto come se quella sedia fosse fatta di spine e non di morbido velluto.

Due minuti dopo le appoggiai il piatto davanti con i cornetti, un pezzo di dolce e dei biscotti alla nutella.

Mangiò in silenzio e io finii il mio piatto.

Non avevo calcolato di poter essere così geloso solo per degli sguardi.
Ora che ci avevo messo le mani, e la lingua, sopra, era mia.
Doveva esserlo per forza.
E non l'avrei condivisa mai più.

"Tutto okay?" mi chiese lei. Probabilmente ero fin troppo silenzioso ma stavo rimuginando su quel sentimento nuovo e inaspettato. Non ero mai stato troppo geloso, al massimo sentivo solo l'ego ferito se qualcuna mi rifiutava o veniva guardata da altri. Ma di solito non mi rifiutavano, e di solito non mi attraevano mentalmente le donne con cui stavo. Il pensiero mi corse ad Ilaria... non avevo mai fatto caso se al ristorante l'avevano guardata altri uomini, perché, di fatto, non mi interessava granché. Con lei, invece, stavo sentendo quanto potesse essere frustrante la gelosia.

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