15. Quello che avresti dovuto fare tu

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Pov Sara

Lo guardai ridere di gusto alla mia battuta e quella risata mi contagiò.

Mi sembrò quasi di essere ritornata a quando ridevamo per ogni cosa, innamorati come non mai.

Già avevo pronta la battuta sarcastica se si fosse indignato per quell'ennessima battutina sessuale di fronte a Emilia, e invece, contro ogni aspettativa, si era messo a ridere.

Stare lontano dalle incombenze della famiglia due giorni a settimana faceva bene anche a lui.

Era più rilassato.

"È ora di fare la nanna" esordii io, guardando l'orologio.

"No" mi rispose Emilia.

"Ma come no?" risi io.

"Mi fa piacere constatare che la tua terza parola sia un diniego, terremotino... ma devi andare a dormire" continuò lui.

Ormai non ci stupivamo più.
Emilia passava da zero a cento, come noi.

Non era come tutti gli altri bambini che prima di imparare una parola, giustamente, la masticavano per bene, imparandone la dizione corretta dopo tempo.

Lei assorbiva tutto come una spugna e quando meno te lo aspettavi tirava fuori il prodotto fatto e finito.

"Dai" mi ammorbiddii io, "oggi puoi scegliere. Vai a dormire con mamma o con papà?"

Ci guardò, facendo scorrere gli occhioni tra noi due.

"Mamma, papà" sentenziò lei.

Sentivo i suoi occhi scrutarmi con intensità, e io ricambiai il suo sguardo.

Per quanto fosse un padre eccellente, non gli avevo perdonato il suo essere stato un marito terribile.

"No, pulcina. O mamma o papà. Scegli" risposi, incatenando le mie iridi alle sue, identiche alle mie.

Sperai solo che non scoppiasse a piangere.

"Papà" esordì, allungando le mani verso di lui.

Lo osservai scomparire sulle scale, con gli occhioni di mia figlia che mi guardavano intensamente mentre aveva il visino appoggiato alla sua spalla.

Mi allungai sul divano, prendendo in mano il cellulare.

Era Davide, che mi stava mandando messaggi su messaggi per sapere se fossi arrivata.

"Sì, sono a casa" risposi lapidaria.

Non volevo dargli false speranze, anche se quello che era successo in macchina poco fa cozzava con tutte le mie intenzioni.

Forse avrei dovuto lasciar perdere e non perpetuare l'errore che avevo già sperimentato: fare sesso più di una volta con la stessa persona era pericoloso. Uno dei due finiva per starci male.

"Sei tornata prima del solito, hai cenato?" mi sentii dire mentre avevo ancora il cellulare tra le mani.

"No, in realtà" risposi sovrappensiero, alzando gli occhi su di lui.

"Nemmeno io" esordì, avviandosi verso la cucina.

"Cucini tu?" lo presi in giro.

"Non vorrei mandare a fuoco casa" rispose, tirando fuori il sushi dal frigo.

"Stiamo festeggiando qualcosa?" lo apostrofai, con un sopracciglio alzato.

"Se vuoi, lo troviamo un pretesto per festeggiare" si limitò a dirmi, stappando il vino.

Al sushi non sapevo dire di no e non avevo nessuna voglia di cucinare, quindi decisi di sacrificarmi, sedendomi e infilando un uramaki in bocca, mugolando.

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