10. Stanchezza

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Pov Michele

Dopo quello scambio di battute in cui mi aveva rinfacciato di essere sessuofobico, la situazione si era ulteriormente complicata.

Sembrava che ci stesse facendo di proposito a provocarmi, e siccome la conoscevo abbastanza bene per sapere quanto diamine fosse orgogliosa, ero abbastanza sicuro che fosse tutto calcolato.

Sapevo quanto poteva essere provocante e quanto le riuscissero bene i flirt.

Probabilmente aspettava che io capitolassi per rinfacciarmi quanto fossi incoerente.

Continuava a uscire due volte a settimana, lasciandomi da solo con la bambina e quelle ore che lei non c'era io avevo letteralmente un diavolo per capello.
Usciva vestita divinamente e si premurava di venire a salutare la bambina quando usciva, così da essere sicura che io ammirassi i suoi outfit.

E il fatto che avesse sempre le gambe scoperte, i tacchi e una scollatura non era un caso.
Stava semplicemente giocando con me, e io ci cascavo, finendo per guardare un po' troppo quelle gambe perfette per poi innervosirmi per averlo fatto.

Quando tornava era sempre raggiante e passava la serata lei a giocare con Emilia, che dopo le uscite di Sara era sempre tranquilla.

Sembrava che il sorriso di sua madre fosse contagioso anche per lei e quelle serate erano le uniche volte che non piangeva a dirotto.

Era comunque in miniterremoto che non stava ferma un minuto, si arrampicava ovunque, afferrava oggetti che puntualmente rompeva o provava a mangiare e sembrava che avesse le batterie duracell... ma era serena e, al posto dei pianti isterici, passava la serata a emettere gridolini di divertimento.

Quella cosa mi faceva incazzare ancora di più.
Con me non sembrava divertirsi così tanto nonostante accorressi ogni volta che piangeva.
Sara, invece, una volta accertatasi che il pianto era un semplice capriccio, la lasciava lì a piangere e io borbottavo in continuazione.
Come si faceva a lasciarla piangere da sola?

La notte, poi, continuavamo a dormire separati e il pediatra aveva detto di togliere persino la poppata notturna, quindi non avevo letteralmente scuse per andare da lei.

★······★······★

La osservai salire le scale con quegli stivali altissimi e con il tacco quadrato che avevamo comprato ad Amsterdam ed Emilia avvinghiata addosso.

D'un tratto mi resi conto di quanto fosse giovane.
Nessuno avrebbe detto che fosse la madre, ma la sorella maggiore.
Mi ricordai del perché un tempo la chiamassi bimba.
Diamine, aveva solo ventitré anni e aveva già una bambina di sei mesi.
Pochissime sue coetanee avevano figli...

Quel pensiero mi ammorbidì un po', facendomi rendere conto che forse era per quello che non si voleva vedere solo con Emilia in braccio tutto il giorno.

"Sei sicuro di non volere il cambio stanotte?"

Quegli occhi verdi mi stavano di nuovo perforando l'anima e improvvisamente mi sentii fuori luogo.

Me lo stava chiedendo perché lei sembrava una dea appena uscita da un giornale di moda e io un cretino che non dormiva da mesi e con le occhiaie diventate il mio marchio di fabbrica?

Si girò a guardarmi anche Emilia, con quegli occhioni identici a quelli di Sara.

"Ce la faccio" bofonchiai, "anche perché tu la lasci piangere se si sveglia" continuai.

Allungai le braccia per prenderla e mi scontrai con le sue.

Non ci toccavamo da mesi e sentii una scossa elettrica su tutto il corpo.

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