31. Una cosa del genere come fa a non essere destino?

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Pov Sara

Appena sentii la sua auto andarsene, scoppiai a piangere.
I singhiozzi erano così forti che pensavo mi avessero rotto qualche costola.
Mi raggomitolai su me stessa sul pavimento.
Non era possibile.
Aveva ragione lui.

Una cosa del genere come faceva a non essere destino?

Quando non c'era, occupavo la mente con un milione di cose: lo studio, le lezioni, pulire la casa, leggere, andare a ballare e non ci pensavo.

Ma quando c'era, mi rendevo conto di quanto stessimo bene insieme.

Nonostante i litigi, lui continuava a prendersi cura di me e io mi ero resa conto che era esattamente ciò che volevo, che ogni tanto avere qualcuno che mi coccolasse non era un dramma.

Io respiro solo se ti bacio.
La vita vera è vederti.
Finora ho vissuto in una gabbia, ci rientro quando mi faccio troppo male.

Quelle parole mi risuonavano nella mente e mi facevano un male allucinante.

Odiavo quando gli altri sceglievano per me o volevano prendersi cura di me, ma quando lo faceva lui mi sentivo bene.

Bimba.
Ero la sua bimba.
Mi aveva sempre chiamato così.
E in effetti mi ci sentivo, stare tra le sue braccia mi faceva sentire piccola e protetta.

Ripensai a come mi aveva circondata prima, ero scomparsa nel suo petto mentre mi baciava e quello era il mio posto, lì mi sentivo bene, al sicuro, coccolata.

Era inutile che lo negassi, quello stronzo mi aveva conquistato.
E non era neppure così stronzo con me.
Nonostante lo cacciassi perché quel sentimento mi faceva paura, tornava sempre e mi proteggeva, si preoccupava di me, mi trattava come una priorità.

Mi rispettava.

Le lacrime uscirono ancora più forti, la sua bimba ora era un'altra.
O un altro.
Fra nove mesi sarebbe diventato padre.

E io non volevo fare una cosa del genere a quel neonato.

Io lo sapevo che cosa si provava a stare senza genitori, i miei non li avevo mai conosciuti.
Mia madre era morta e mio padre... mio padre non sapeva della mia esistenza. Non ho mai saputo se mia madre gliel'avesse taciuto o se lui se ne sia lavato le mani a suo tempo.
Mia nonna mi aveva sempre detto la verità, e da piccola lo odiavo profondamente.
Perché lui c'era, esisteva, era in vita e io non lo conoscevo.

Non avrei mai permesso che quella creatura provasse le stesse emozioni.
Se fosse nato, se Ilaria l'avesse voluto, mi sarei fatta da parte sempre, perché doveva essere un padre presente.
Doveva prendersi cura di quella creatura con tutto se stesso, e stare vicino alla madre, anche se non l'amava.
Crescere una persona da zero era difficilissimo, io lo sapevo. Vedevo la stanchezza sul volto di mia nonna, e non avrei permesso che Ilaria venisse trascurata perché lui correva da me.
Da piccola ricordo che spesso nonna mi lasciava in casa, dentro un piccolo boxer, a giocare.

Bambina, nonna esce e va a lavorare per qualche oretta, mi raccomando, tu stai buona, gioca e non farti male.

E io ero lì, che giocavo da sola, cercando di stare tranquilla perché capivo di non poter fare altro, che non potevo creare problemi.
Ero cresciuta responsabile.

Ecco, non avrei permesso che quella nuova vita vivesse così.
Lui l'avrebbe riconosciuta, e sarebbe stato un buon padre, come ogni bambino del mondo si merita.
Doveva avere sempre qualcuno con cui giocare, qualcuno con cui stare, e tutto il peso non sarebbe dovuto gravare sulla mamma.

I figli si fanno in coppia, dannazione.

Passai la notte a piangere sul divano.
La mattina seguente decisi di occupare la mente finendo di mettere a posto la stanza.
Mangiai gli avanzi di sushi e ripartii.

The Same But DifferentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora