18. Insieme

2.7K 64 41
                                    

Pov Sara

"Papà! Papà!" continuava a urlare.

Nonostante volesse un bene dell'anima anche a me, gli stereotipi avevano ragione.

Emilia stravedeva per il padre, e lui la trattava come una principessina.

Quando lo vedeva le si illuminavano gli occhi, anche perché era un padre eccellente. Lo era sempre stato, fin dal primo giorno.

"Hey, sirenetta. Ti stai divertendo con mamma?"

"Sì! Mamma!" urlò, schizzando l'acqua con le manine.

"Ci stavi spiando?" sorrisi io, consapevole che Emilia doveva averlo beccato a guardarmi mentre stavo prendendo quella paperella di plastica che aveva lanciato.
Per fortuna che a un anno e cinque mesi non poteva ancora capire la dinamica di certi sguardi.

"No" bofonchiò, "sono tornato adesso e volevo salutarla".

Mi ributtai in acqua, nonostante avesse il salvagente e i braccioli non era il caso lasciarla senza nessuno.

"Papà! Gioco!" urlò felicissima.

"Dopo vengo a giocare, mi devo cambiare adesso" disse lui, abbassandosi fino al bordo e accarezzandole i capelli.

"No! Gioco! Gioco!" continuò lei, iniziando a fare i capricci.

"Vieni a giocare con noi, dai" decisi di cogliere la palla al balzo.

"Non ho il costume" si giustificò.

Lo ammirai con il completo, era decisamente attraente.

"Buttati in mutande" proposi.

Alzò un sopracciglio. "Non mi sembra il caso".

"Niente che non abbia già visto, e dai" lo pungolai.

Mi guardò sornione e iniziò a slacciarsi la camicia, buttando la giacca su una sdraio.

Forse non avrei dovuto guardare così, ma quello spogliarello non me lo sarei persa per niente al mondo.

Si spogliò con un sorrisetto malizioso, l'aveva capito che avevo apprezzato.

Aveva ripreso gli allenamenti e si vedeva, perché i muscoli della schiena guizzavano a ogni movimento e, appena prese Emilia in braccio per lanciarla in aria e riprenderla, i suoi bicipiti si gonfiarono, facendomi fremere.

Sperai che fosse la volta buona per parlarci.
Con Davide non ci vedevamo più da quando avevo ammesso a me stessa che volevo riprovarci. Al telefono ci avevo fatto una litigata paurosa in cui mi aveva detto di essere una falsa e una stronza che si era approfittata di lui solo per far ingelosire quel coglione di mio marito. L'avevo lasciato sfogare, consapevole di avergli fatto male. Gli avevo chiesto persino scusa, sottolineando, però, che era lui a essersi montato la testa perché io non avevo mai voluto relazioni. Finivo per fare del male a ogni uomo che mi si avvicinasse e l'unico con cui ero riuscita a costruire una relazione era Michele, forse perché era altrettanto stronzo da ripagarmi con la stessa moneta quando gli facevo male. Alla fine della telefonata aveva semplicemente asserito che, se avesse visto la sua macchina in giro per Roma, non avrebbe esitato a distruggerla, così come per la mia Urus se me la fossi ripresa. Avevo lasciato correre, capivo il suo risentimento... ma al cuore non si comanda, e il mio scalpitava solo per il padre di mia figlia.

"Hai ripreso gli allenamenti?" buttai lì, per iniziare la conversazione.

"Si vede?" si gongolò lui.

Risi. Mi ero scordata di quanto fosse egocentrico.

Giocammo spensierati, assaporando la leggerezza di una famiglia che finalmente si stava unendo dopo tanti scossoni.

The Same But DifferentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora