11. Fare la guerra

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Pov Sara

Lo svezzamento si stava prospettando terribile.
Avevo esultato mentalmente troppo presto, felice di non essere più l'unico sostentamento di Emilia con il mio seno.

Nonostante avessimo lasciato stare la pratica dell'autogestione del cibo, limitandoci al vecchio e buon metodo tradizionale dell'imboccamento, a ogni pasto mi ritrovavo a pulire la cucina come se un intero esercito di scimmiette avesse banchettato sul pavimento.

Per non parlare delle tutine, sbrodolate in ogni dove o persino dei nostri vestiti.

A quanto pare, a lei piaceva giocare con il cibo e finiva per fare pernacchie con le pappine in bocca, schizzando residui di cibo come una mitragliatrice su mobili, vestiti e pavimento.

Mi sarebbe servito una sorta di scudo antiEmilia per uscire indenne da quella che, ormai, era una battaglia quotidiana.

In compenso, aveva iniziato a spazientirsi anche lui, sbuffando innumerevoli volte quando si trovava con le pappe sputacchiate qua e là.

Mi consolavo, non ero l'unica a perdere la pazienza, allora.

★······★······★

"Se anche da grande farai questi giochetti con il cibo, proverò pena per il tuo fidanzato" sbuffai io, mettendomi le mani nei capelli.

"Ma che cazzo ti salta in mente di dire?" mi rimbrottò lui, affacciandosi in cucina.

"Guarda che mi capisci solo tu, eh" sottolineai.

"Beh? Ha sette mesi, ti pare una bella idea fare certe previsioni?"

"Non ti facevo così moralista" sbottai.

"Non sono moralista, sei tu che non ti regoli" mi rimbeccò.

"In qualche modo dovrò sdrammatizzare, no? Sennò giuro che le metto la ciotola come cappello, e forse potrebbe pure divertirsi visto quanto ama sporcarsi" sibilai.

"E devi sdrammatizzare pensando a come farà sesso tua figlia?" quasi urlò.

"Francamente spero di crescerla con una visione più libera della tua, così da farla sentire a suo agio a dirmi anche certe cose" risposi, mettendomi le mani sui fianchi.

"Non stai bene di testa, tu" sentenziò, uscendo sul portico con la consueta sigaretta in bocca.

Il minuscolo barlume di pace che avevamo avuto un mese fa, quando aveva dormito bene, sembrava non essere mai esistito, spazzato via di nuovo dal tornado Emilia.

Lo guardai dalla finestra con la sigaretta in bocca, pensando che, nonostante fosse uno stronzo patentato con me, fosse schifosamente attraente e i miei ormoni continuavano a ballare la samba.

Sì, insomma, era quasi un anno che non scopavo.
Là sotto dovevano essermi venute le ragnatele.

Subito dopo mi preoccupai della quantità vergognosa di sigarette che faceva fuori in un giorno.

Qualche volta ne fumava anche quattro di fila sul portico o in terrazzo e tornava dentro che sembrava si fosse fatto la doccia nella fabbrica della Marlboro. Probabilmente l'azienda aveva alzato il fatturato dalla nascita di Emilia, perché non si regolava più.

Uscii sul portico anche io, appena notai che stava infilando tra le labbra la terza sigaretta di fila.

"Direi che due siano più che sufficienti, torna dentro" lo rimproverai.

"Non mi rompere i coglioni" borbottò, facendo scattare l'accendino e aspirando il fumo. "Hai sbagliato persona con cui fare la mammina premurosa" continuò lui.

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