3. Cambiamenti stravolgenti e confessioni

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Pov Sara

Avevo superato il primo trimestre, tra non poche nausee che la mattina mi costringevano a letto. La mia giornata iniziava dopo mezzogiorno e si concludeva la sera dopo cena, quando il mal di testa mi inchiodava di nuovo tra le coperte. 

Mi avevano detto che finiti i primi tre mesi la nausea sarebbe sparita e io non vedevo l'ora. Ero sempre stata energica, indipendente, con un milione di idee per la mente e la voglia di portarle a termine tutte... invece, adesso, mi sentivo ingabbiata, appesantita. 

Ringraziai il mio senso di responsabilità che mi aveva imposto di finire gli esami della magistrale entro il secondo semestre, perché in queste condizioni non sarei riuscita a stare sopra i libri per ore. Scrivevo la mia tesi durante il pomeriggio, imprecando per le energie che venivano spesso a mancarmi. 

Non avevo accettato del tutto che il mio corpo e la mia vita stessero cambiando così rapidamente, mi incaponivo a continuare a vivere come se non fossi incinta per poi essere continuamente frustrata visto che non riuscivo a portare a termine i miei obiettivi troppo rigidi. Giulia mi diceva in continuazione che avevo bisogno di ammorbidirmi, di accettare il fatto che fossi diversa e avessi bisogno di più tempo e più flessibilità.

Il mio corpo cambiava ogni settimana e appena io mi iniziavo ad abituare a una nuova ruotine, dovevo già ricalcolare tempi e modalità, perché si stravolgeva tutto. 

L'umore, poi, era diventato ingestibile. Passavo dal pianto disperato alla felicità suprema in meno di un'ora e mi sembrava di vivere in una specie di barca in mezzo a una tempesta ormonale. 

Avevo bisogno di flessibilità, di essere più dolce e permissiva con me stessa. Ma non ero abituata a riservarmi quel trattamento. Ero cresciuta con il senso del dovere e l'iperproduttività attaccati addosso, come se me li avessero cuciti sulla pelle.

Questa gravidanza mi stava insegnando a darmi tempo, a fermarmi, a chiedere aiuto, ad ammettere di avere bisogno degli altri, a sentirmi fragile. 

Il fatto, poi, che durante la settimana stessi da sola non mi rendeva più facile l'accettazione di quella nuova vita. 

Le mie amiche erano eccezionali e mi trattavano come una principessa, ma l'idea di non condividere tutti i giorni con lui mi faceva spesso piangere. 

Aveva dato subito le dimissioni, ma c'era il periodo di preavviso da dover rispettare, e avrebbe smesso di lavorare del tutto fra due mesi almeno. 

★······★······★

Nonostante le previsioni del ginecologo, le nausee non erano finite con lo scadere del primo trimestre e, con quella consapevolezza, mi ero chiusa in un mutismo per giorni. Pensavo di iniziare a svegliarmi presto la mattina, a essere di nuovo produttiva... invece sembrava che la situazione peggiorasse. 

Ero al quinto mese ormai, la notte dormivo male perché non trovavo una posizione decente che mi facesse riposare, avevo mal di schiena e qualche volta soffrivo pure di reflusso. La mattina, puntualmente, mi svegliavo vomitando ciò che avevo mangiato la sera prima e appena mettevo le gambe giù dal letto le mie caviglie finivano per gonfiarsi come due palloncini. Per non parlare delle innumerevoli volte in cui ero costretta ad alzarmi per andare a fare pipì. 

La gravidanza procedeva benissimo, il feto era in ottima salute e cresceva ogni giorno di più, solo che non era la più idillica delle gravidanze. 

I piccoli fastidi si sommavano al senso di solitudine che provavo ogni giorno di più e all'impotenza che mi schiacciava quando mi rendevo conto che la sessione di laurea si avvicinava inesorabilmente e io ero sempre più indietro con i capitoli della tesi. 

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