Pov Michele
Quando ero ad Amsterdam cercavo di pensare a lei il meno possibile, avevo di nuovo fatto il tragitto in macchina e già sentire il suo profumo che aleggiava nell'abitacolo per giorni mi faceva venire voglia di imboccare il primo casello e tornare indietro a prenderla.
Era un sentimento nuovo che non avevo mai provato e non sapevo come gestirlo.
Mi buttavo a corpo morto sul lavoro, anche se non avevo bisogno di lavorare per vivere. Lo facevo un po' per non pensare a quella risata cristallina che sentivo sempre più spesso e un po' perché fare il milionario viziato che oziava su uno yacht mi avrebbe annoiato; avevo studiato per lavorare e l'avrei fatto finché avrei potuto.
Ogni tanto, la sera, uscivo a prendere una birra, o un whisky ghiacciato al bar.
Più era forte il grado di alcool e più mi giravano i coglioni di solito.
E di solito, mi giravano i coglioni perché certi occhi e due gambe chilometriche non smettevano di perseguitarmi.
Avevo rinunciato ad avere una scopamica qui, mi bastava sentire le chiamate piagnucolanti di Ilaria.
La vedevo sempre meno e probabilmente si era resa conto che qualcosa non andava.Ogni tanto avevo mandato dei messaggi a Sara per definire meglio l'allestimento e l'organizzazione generale del matrimonio. Per il resto avevo evitato di pressarla troppo, avevo bisogno di decomprimere.
Sapere di non essere l'unico mi faceva male, anche se avrei dovuto farmene una ragione; anche io mi vedevo con Ilaria e non ero stato in grado di dirle ancora che mi sarei sposato.
Ilaria non mi piaceva, la trovavo noiosa ma al tempo stesso era stata una parte molto presente nella mia vita negli ultimi quattro anni e mezzo e non me la sentivo di perderla, era stata un po' la mia costante.
Inoltre stare vicino a Sara era diventata una tortura, mi rendevo conto che i flirt e le battutine non mi bastavano più, mi eccitavano da morire e poi mi lasciavano con la bocca asciutta. Quando tornavo a casa dopo essere stato con lei avevo fuso tutte le batterie perché impegnarmi per non saltarle addosso e non toccarla mi toglieva tutte le energie mentali e ogni volta avevo paura che il mio autocontrollo cedesse e sarei passato per un maiale.
Odiavo sentirmi così, ero uscito completamente dalla mia comfort zone.
La cosa di cui andavo più fiero in assoluto era il fatto di essere uno dei pochi maschi che non ragionasse con le parti intime; il sesso non mi aveva mai attirato troppo e di solito riuscivo a controllare quando o meno farmelo diventare duro e in pubblico non era mai successo.
Con lei, però, questo non succedeva. Mi si paravano davanti la faccia in qualsiasi situazione immagini piccanti e spesso e volentieri ero eccitato quando ce l'avevo vicino. Era una cosa che mi elettrizzava ma al tempo stesso mi metteva a disagio perché mi rendevo conto di non essere in me e di aver perso il controllo della situazione.
E io il controllo non lo perdevo mai.
Nel momento in cui ce l'avevo vicino mi sembrava di essere nel posto giusto al momento giusto.
La sua voce, il suo profumo, la sua presenza, le sue battute mi elettrizzavano.
Poi, però, quando tornavo a casa mi rendevo conto che era troppo, che non ero abituato a certe emozioni e non volevo farmi trascinare da quello che provavo.Avevo imparato a conoscerla, era intelligente, determinata, indipendente... ma non la conoscevo così bene da potermi fidare ciecamente.
Darle tutto quel potere avrebbe significato metterle in mano la possibilità di annullarmi e non sapevo se lo avesse fatto o meno.Ero spaventato.
Avevamo giocato, ma dovevo iniziare a togliere le carte in tavola se non volevo rimanerci male.E poi era stata chiara.
Io non avevo l'esclusiva.
Ero uno dei tanti.
Uno dei tanti con cui si divertiva.
C'era Leo.
Lo sfigato.
C'ero io.
C'erano altri ragazzi il sabato sera.
STAI LEGGENDO
The Same But Different
RomanceUn milionario arrogante con la mania di controllare tutto. Nato e cresciuto con la consapevolezza di poter avere qualsiasi cosa volesse. Abituato ad un certo tipo di donna borghese, pacata, rispettosa, accondiscendente. Una femminista indipendente...