28. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

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Pov Agnese

Il matrimonio era stato un disastro. Ne avrebbero parlato per mesi e io mi sarei dovuta vergognare a morte per quello scempio. Che cosa avrei detto alle mie amiche? Come avrei giustificato una simile barzelletta? Avevo tentato di parlargliene per mesi al telefono e di persona ma continuava a dirmi che fosse tutto sotto controllo, che era perfettamente in grado di organizzare un matrimonio da solo, che si era fatto aiutare da una wedding planner e io alla fine l'avevo lasciato libero. Anche se mi ero offesa, non tolleravo che il matrimonio del mio unico figlio fosse organizzato da una sconosciuta pagata e non dalla madre, ma quando parlavo dell'argomento era sempre sfuggente e tergiversava. Gli avevo chiesto persino di invitare quella ragazza, almeno per mettersi d'accordo su eventuali invitati e sul vestito ma mi aveva risposto che preferiva farcela conoscere al matrimonio. 

Avevo avuto un brutto presentimento, appena la nominavo lui sfuggiva al mio controllo e sembrava quasi volerla proteggere da chissà cosa. Ma mi aveva rassicurato dicendo che il matrimonio sarebbe stato un sogno. 

E invece era stato un incubo.

Guardai mio figlio correre per le scale dopo avermi risposto male. Scossi la testa. Non si era mai permesso di fare una cosa del genere e quel rimprovero se lo era meritato. Mi aveva assicurato che sarebbe stato perfetto e invece era stato un ricevimento al limite del grottesco. Era palese che lei avesse il coltello dalla parte del manico con lui e se ne erano accorti tutti, bisbigliando che non vedevano un uomo sottomesso da anni. Era una vergogna il fatto che le avesse dato la libertà di vestirsi come voleva, di guidare il giorno del suo matrimonio e di salire da sola all'altare.

Lo guardai correre dietro alla gonnellina svolazzante di quella sgualdrina, ripudiando tutti i miei consigli e insegnamenti.

Non lo riconoscevo più.

Non era quello il mio bambino.

Quella lì doveva avergli fatto il lavaggio del cervello, non riuscivo a spiegarmi in nessuna maniera quel suo comportamento.

Io gliel'avevo detto tante volte che le donne lo avrebbero cercato solo per soldi e che non doveva farsi imbambolare da un bel faccino e, invece, ci era cascato in pieno, rendendosi ridicolo davanti a tutti e mettendo in imbarazzo anche noi.

All'immagine del suo viso contratto, mentre affermava che i miei discorsi fossero cazzate, urlando che quella ragazzetta fosse libera di fare ciò che voleva, si sovrappose il suo visetto di quando era bambino.

Era stato uno di quei bambini che tutte le madri avrebbero voluto. Pendeva dalle mie labbra ed era sempre perfetto in ogni occasione. Essere la sua mamma mi rendeva la donna più felice del mondo. Riccardo ogni tanto mi rimproverava perché lo esibivo come un trofeo nei ricevimenti ma mi veniva spontaneo visto che conosceva a memoria ogni singola regola dell'etichetta. Per me quel bambino biondo era perfetto, e l'avevo creato io. Era impossibile non metterlo in mostra e non vantarlo. Per questo mi ero fidata delle sue rassicurazioni, sapevo che conosceva alla perfezione il modo in cui certi eventi andavano organizzati, ero consapevole del suo buon senso, non mi aveva mai deluso o tradito le mie aspettative. 

Quando era piccolo diceva che ero io la donna della sua vita e io l'avevo coccolato in maniera quasi morbosa. Era tutto il mio mondo.

Poi con il tempo era cresciuto e aveva messo in pratica tutti i miei insegnamenti, rendendomi fiera di lui.

Aveva studiato in maniera eccellente, aveva un lavoro brillante e non si era portato a casa nessuna ragazza sconveniente nel periodo dell'adolescenza. Quando le altre donne mormoravano delle scappatelle dei figli, di come si ritrovassero qualche ragazzina sfacciata a colazione dopo averli sentiti in atteggiamenti intimi la sera prima, io gongolavo soddisfatta. Michele non mi aveva dato quei problemi, sapeva benissimo come e quali donne scegliere.

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