7. Babbo Natale

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Pov Michele

Al primo casello, però, uscii e comprai un vino bianco toscano. Infine, tornando indietro, mi diressi a Perugia. Al diavolo il mio orgoglio, già stava uscendo con qualcun altro, non avrei permesso che le cose andassero in porto con lui.

Se non la potevo avere io, non l'avrebbe avuta neanche quello sfigato.

Mi sorpresi di quel pensiero.

Erano le quattro e mezza di un martedì pomeriggio e sarei arrivato lì per le sei.

Parcheggiai, vidi la sua macchina e suonai il campanello.

"Chi è?" mi rispose una voce che non era la sua.

"Michele".

"Oh, entra".

Era stato facile, ghignai.

"Sara non c'è. È in università" mi informò la ragazza.

"Mi era sembrato troppo facile entrare" dissi io, facendola ridere.

"Mi chiamo Giulia" disse lei allungando la mano.

"Piacere".

"Finiva le lezioni alle sei e mezzo, la facoltà è qua dietro, se ti vuoi accomodare la puoi aspettare".

"Volentieri".

Giulia entrò in camera sua e io ne approfittai per sbirciare la camera di quella peste visto che aveva lasciato la porta aperta.

Mi cadde l'occhio su quel pupazzetto che mi era stato fatale, non l'aveva buttato alla fine. L'aveva messo su una mensola davanti a dei libri.

Sulla scrivania, in mezzo a un sacco di fotocopie, c'era la mia scatola di cioccolatini.

Sorrisi soddisfatto, alla fine li apprezzava i miei regali.

Mi accomodai sul divano per non sembrare un maniaco.

Guardai l'ora, le sei e un quarto.

Tirai fuori l'iPhone e iniziai a scrollare le notizie per perdere tempo.

Poco dopo sentii le chiavi girare nella serratura e, prima che la porta si aprisse, sentii la sua voce dire: "Ho una fame!! Odio il ciclo".

Mi stampai un sorriso in faccia e aspettai che aprisse.

Mi guardò, spalancando gli occhi.
"Che diavolo ci fai tu qui? E chi ti ha fatto entrare?" urlò.

"Giulia" risposi laconico.

Lei lanciò un'occhiataccia alla porta di quella ragazza. Non ero l'unico a essere fulminato da lei allora.

Tirò lo zaino sul letto di camera sua e si sedette al tavolo.

"Hai cambiato giorno? Di solito ero preparata il venerdì" mi punzecchiò.

"Sono in ferie" mi giustificai.

"Beato te" mi rispose, guardandomi male.

Si alzò e aprì lo sportello della cucina, poi cercando di prendere il barattolo della nutella in alto, imprecò:
"Cazzo, ogni volta devo nasconderlo sennò me lo finiscono" e fece per prendere una sedia.
Mi alzai di scatto e glielo presi io.

Si girò e me la trovai a faccia a faccia intrappolata tra me e il piano della cucina.

Deglutii a sentire così da vicino il profumo, non lo sentivo da un po' troppo.

"Ci sarei riuscita da sola a prenderla" mi rimproverò.

"Lo so, volevo solo aiutarti" sussurrai.

"Non ho bisogno del tuo aiuto" disse divincolandosi da me.

The Same But DifferentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora