16. A pugni con lo sfigato

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Pov Michele

Mi resi conto che non mi sarei potuto presentare a mani vuote e, senza pensarci troppo, entrai nella boutique di Vuitton e comprai la borsetta bianca abbinata alla cintura che le avevo preso a Natale.

Probabilmente mi avrebbe insultato ma non mi interessava, ero pronto a tutto.

Mi preparai un milione di discorsi ma non me ne convinceva uno.

Avrei iniziato chiedendole scusa?
Avrei dovuto chiamarla prima?

Di solo una cosa ero certo: non me ne sarei andato da quella dannata città finché non avrei rimesso a posto tutto.

Non lo davo a vedere e cercavo di darmi un tono ma avevo un'ansia senza paragoni e probabilmente se non fosse stato per l'autocontrollo saldo che avevo, avrei balbettato come un ragazzino.

Appena imboccai la via di casa sua mi resi conto che avevo le mani sudate e sentivo il cuore che mi batteva contro la cassa toracica.
Se avessi spento la musica l'avrei sentito da fuori.

Mi ero fatto fuori un pacchetto di Marlboro. Di questo passo mi avrebbero ricoverato prima di scendere dalla macchina.

Ma il fumo mi calmava e quelle sigarette non si trovavano a Dubai.

Sperai non fosse troppo incazzata.

Parcheggiai davanti casa sua, la sua macchina non c'era.

Aspettai che tornasse.

Probabilmente era un bene, avevo bisogno di respirare e non sapevo se fossi pronto a rivederla.

Vidi la sua macchinina blu arrivare e appena la intravidi seduta sicura sul posto di guida con gli occhiali da sole ebbi un tuffo al cuore. Dio, era bellissima, come pensavo di poterla dimenticare non sentendola?

Che cazzo avevo fatto?

Parcheggiò a fianco alla mia auto e scesi per parlarle, lei uscì dalla macchina e non mi degnò neanche di uno sguardo.

Probabilmente mi avrebbe fatto meno male se mi avesse dato un calcio nelle palle.

"Sara" la chiamai, sperando di farla girare.
La dovevo guardare in faccia.

Tirò dritta e non mi rispose.

Cristo.

Le presi il polso per farla fermare e, senza togliersi gli occhiali da sole, mi apostrofò dicendomi:
"Lasciami immediatamente".

"Dobbiamo parlare" dissi iniziando a sudare freddo, era decisamente peggio di come immaginassi.

Indicando la busta che avevo in mano mi disse, con una calma disarmante: "Non mi corrompi con un regalo, per chi mi hai preso?
Per le puttane che ti scopi?
Ilaria è più giù".

Cazzo, se era velenosa.

Consapevole di stare dalla parte del torto, ingoiai il rospo, me lo meritavo.

"È solo un pensierino" cercai di dire. "Senti mi dispiace davvero" iniziai a scusarmi.

Tolse la mia mano di scatto dal polso e mi disse tagliente:
"Non ti scusare, tranquillizzati, non annullerò il matrimonio".

"Non era quello il problema" cercai di dire.

E diamine non era quello il cazzo di problema sul serio.
Il problema era che se non mi avesse perdonato mi avrebbero internato al manicomio.
O in ospedale, con una crisi respiratoria a causa del fumo.

Tolse gli occhiali da sole e mi guardò con quegli occhi verdi che mi incenerirono sul posto.

Mi ero dimenticato di quanto fossero penetranti.
E di quanto potessero bruciarmi vivo.

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