Pov Sara
Separarmi di nuovo da lui, con la consapevolezza di essere una famiglia a tutti gli effetti, mi aveva fatto più male del solito e stavolta le lacrime erano decisamente giustificate.
Era come se quel corpicino che stava crescendo dentro di me mi avesse donato una nuova personalità e mi avesse fatto scoprire un lato del mio carattere che non sapevo nemmeno esistesse. Mi sentivo insicura, fragile, sensibile. Forse era una reazione naturale e innata nell'essere umano: nel momento in cui stai portando in grembo una nuova vita, ti senti caricata di una responsabilità tale che ti sembra che il mondo si sia trasferito sulle tue spalle e che ti stia per schiacciare. Probabilmente l'insicurezza era una diretta conseguenza della consapevolezza di dover agire anche per il bene di qualcun altro che dipende interamente da te, perché senza il tuo involucro protettivo non potrebbe vivere.
Si era sentita così mia mamma?
Aveva avuto paura di non essere in grado di crescermi?
Avrei tanto voluto poter chiederglielo in questo momento. Immaginavo che, se tra madre e figlia ci fosse stato un bel rapporto, queste fossero domande e paure che si condividevano solo con qualcuno che ci era passato prima.
Certo, avevo le mie amiche... ma non erano madri, quindi non potevano darmi consigli in merito.
Avevo Michele, ma era un uomo... che diamine poteva saperne lui delle ansie di una donna incinta?
Avrei potuto chiedere a mia suocera, ma Agnese mi sembrava la persona meno indicata al momento. E poi ancora non avevamo annunciato la notizia.
Sospirai, sedendomi sul letto.
Mi resi conto della forza che aveva avuto mia nonna nel crescermi da sola nonostante fosse già stata anziana. La ammirai, con una consapevolezza in più. Ero incinta da un mese e mezzo e ne ero cosciente da poco, ma già avvertivo tutto il peso delle responsabilità che tra qualche mese mi sarebbero piombate sulle spalle, per tutta la vita. Avrei tanto voluto che anche lei fosse qui con me, per condividere questo momento che, nonostante tutto, le avrebbe riempito il cuore di gioia, ne ero certa. Sperai che, da qualunque luogo la ospitasse lassù, potesse vedermi e gioire con me, benedicendo questa nuova creatura e vegliando su di noi, come ero certa che aveva fatto in questi anni.
Non andavo spesso al cimitero, parlare con una fredda lapide grigia mi sembrava un insulto alla sua personalità colorata. Mi sembrava che quel giaciglio spoglio e triste non fosse all'altezza della forza d'animo con cui aveva vissuto. Inoltre, quella foto sbiadita in cui accennava un sorriso timido, con gli occhi semichiusi e i capelli candidamente bianchi raccolti sotto un fazzoletto marrone, mi metteva una malinconia senza eguali. Quando avevo bisogno di ricordarla, preferivo chiudermi nella mia camera e parlarci come stavo facendo adesso, istaurando una sorta di legame ultraterreno, tenuto insieme solo dall'amore che ci aveva tenute legate in vita. Non avevo bisogno di un luogo per ricordarla.
Eppure sentivo il bisogno di andare da lei, di trovarmi al cospetto del suo corpo che, forse, in questi quattro anni si era macabramente deteriorato, segnando lo scorrere del tempo.
La mattina dopo mi preparai con cura e decisi di tornare nelle campagne in cui ero nata, per dirigermi nel piccolo cimitero del paese.
Era la prima volta che affrontavo un viaggio lungo con la mia nuova macchina ed era la prima volta che guidavo così tanto da quando ero incinta.
Se lo avesse saputo Michele probabilmente avrebbe dato di matto e mi avrebbe urlato contro che ero un'incosciente e che non mi rendevo conto di quello che facevo.
Sorrisi immaginando la sua possibile reazione, che avrei scoperto solo quando sarei tornata a casa sana e salva, così da poter ridere delle sue farneticazioni.
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The Same But Different
RomanceUn milionario arrogante con la mania di controllare tutto. Nato e cresciuto con la consapevolezza di poter avere qualsiasi cosa volesse. Abituato ad un certo tipo di donna borghese, pacata, rispettosa, accondiscendente. Una femminista indipendente...