35. Amore a distanza

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Pov Sara

Dopo quella volta nella villa eravamo più uniti che mai. Eravamo letteralmente inseparabili. Avevamo superato così tanti ostacoli che non ci faceva più paura niente, ogni volta ci ripetevamo che non sarebbe stata la distanza a separarci perchè avevamo affrontato di peggio.

Certo, duemila chilometri erano un'infinità. Durante la settimana lui era dall'altro capo d'Europa e la situazione iniziava a pesarci ma stringevamo i denti in attesa di trovare una soluzione consona per entrambi.
Io studiavo a Roma e non avrei lasciato l'Italia per un altro anno almeno; lui aveva confessato di non voler cambiare lavoro perché la politica d'azienda in Italia era indietro anni luce e io lo capivo perfettamente.

Avevamo deciso di spostarci una settimana ciascuno, mi sembrava scorretto che fosse sempre lui a smazzarsi tre ore di volo ogni volta per venire da me.
La prima volta che ero entrata nel suo appartamento mi ero sentita importante.
"Sei la prima a entrare qui" mi aveva sussurrato, baciandomi il collo.

Mi ero affezionata a quel trilocale spazioso e moderno.
Aveva un soggiorno open space con cucina a vista, un divano nero in pelle, un morbido tappeto e una TV abbastanza grande. Adoravo aspettarlo lì il venerdì sera, mangiavamo insieme e poi finivamo per arrotolarci sul divano o sul tappeto con qualche programma demenziale in sottofondo.
Della camera adoravo il fatto che avesse un lucernario sopra il letto... fare l'amore guardando le stelle o sentendo la pioggia sul vetro era impagabile.

Con lui era sul serio fare l'amore, anche quando non ci guardavamo negli occhi e non ci sussurravamo parole dolci. L'avevamo promesso quel pomeriggio, quando ci eravamo detti ti amo e mi aveva tolto il vestito da sposa. Ed era stato così ogni singola volta.
Percepivo l'amore e il rispetto in ogni singola carezza e mi sentivo bene. Non sarei riuscita a tornare indietro dopo aver sperimentato quel paradiso.

Quando veniva lui da me, invece, ci rintanavamo alla villa senza uscire per tutto il fine settimana.
Avevamo talmente tante cose da dirci che a volte ci addormentavamo sopra le coperte e ancora mezzi nudi.
Giulia diceva che eravamo inseparabili, come due piccioncini innamorati ai primi appuntamenti.

In effetti eravamo sul serio così. Era mio marito, e io sua moglie... ma non avevamo propriamente vissuto come sarebbe stato consono il periodo di fidanzamento.
Nonostante ciò ero felicissima di averlo sposato.
Avevamo avuto una genesi strana e decisamente non convenzionale ma non avrei cambiato una virgola del nostro percorso.
Col senno di poi, però, gli avevo rinfacciato solo che il giorno del matrimonio fosse stato un coglione. Mi aveva confessato che aveva sentito il discorso a mia nonna e che se ne era andato amareggiato.
"Saresti dovuto venire da me e sederti sulla spiaggia, dicendomi che non erano cazzate quello che avevamo provato".

"Non mi avresti creduto e mi avresti insultato" mi aveva risposto.

"Probabilmente ti avrei preso a sberle ma forse ci saremmo risparmiati un po' di dolore".

"Forse sì, bimba... ma non rimpiango niente. Qualche sofferenza me la sono meritata e mi ha fatto capire quanto ci tenessi".

Era veramente un'altra persona, rimaneva sempre un po' arrogante ed estremamente sicuro di sé ma aveva lasciato il posto a un uomo attento, protettivo, che sapeva fare un passo indietro per disinnescare i due caratteracci che ci ritrovavamo e che insieme facevano scintille.
Nonostante le piccole differenze, eravamo proprio uguali e qualche volta mi sembrava di vedere me al maschile con qualche anno in più davanti ed ero combattuta tra la voglia di prenderlo a schiaffi e la voglia di ridere.

Sembrava di litigare con il mio riflesso, qualche volta.

Una volta gliel'avevo detto e si era messo a ridere anche lui dicendo di aver provato le stesse sensazioni.
Quindi avevamo concordato di provare a non battibeccare più, poi però ci veniva spontaneo.

The Same But DifferentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora