12. Bonnie e Clyde: il ritorno

987 45 3
                                    

Pov Michele

Appena sentii il rombo della macchina, mi resi conto che non stava scherzando.

Avrebbe sul serio divorziato da me.

A mia volta presi Emilia in braccio, afferrando il seggiolino e mi diressi in macchina, pronto a inseguirla per la seconda volta in vita mia.

La caricai a fianco a me, assicurandomi che fosse ben legata e che l'airbag fosse disattivato.

Già non vedevo più la sua cazzo di macchina sul vialetto.

"Scusa, piccola" bofonchiai, scalando la marcia e iniziando a far salire i giri del motore.

Stavolta aveva una macchina che poteva benissimo competere con la mia e probabilmente non l'avrei presa a meno che non avessi giocato d'astuzia.

Ringraziai, almeno, che la mia fosse una sportiva decisamente più agevole per correre e la sua un fottuto Suv che pesava almeno il doppio.

L'inseguimento, stavolta, aveva come colonna sonora il pianto disperato di Emilia.

Sospirai di sollievo vedendo la sua macchina poco distante dalla mia.

Schiacciai il pedale e in pochi secondi le fui dietro, lampeggiando per farla accostare.

In tutta risposta il suo tubo di scarico ruggì, distaccandomi di nuovo.

Imprecai, bella idea di merda averle regalato una macchina che montava un motore a otto cilindri e vantava 600 cavalli.

Mi stava facendo mangiare la polvere e probabilmente non l'avrei raggiunta, visto che guidava meglio di me.

Tentai il tutto e per tutto visto che non avrei potuto inseguirla fino a Roma, perché come minimo ci avrebbero tolto la patente.

La sorpassai, premurandomi di farle vedere che avevo Emilia vicino.

Aveva già provato ad accelerare ma appena si accorse del seggiolino notai che mi lasciò rientrare.

Ottimo, se fossi stato da solo non avrebbe esitato a mettermi in pericolo, facendomi viaggiare contro mano.

Iniziai a frenare, costringendola a fare lo stesso, fino a fermarmi in mezzo alla strada.

"Ma sei matto? Ci vuoi ammazzare? Che cazzo ti fermi in mezzo alla strada?" mi urlò dal finestrino.

"Dobbiamo parlare" risposi.

"Qui? Ti sei bevuto il cervello? Levati, devo passare. E porta Emilia a casa".

"No, se riparti ti inseguo con lei dietro".

"È una fottutissima minaccia?" sbraitò.

"Forse" ammisi.

Mi sorpassò, facendomi imprecare in tutte le lingue del mondo, ma subito dopo la vidi accostare la macchina con le quattro frecce a lato della strada, in una piazzola naturale.

Uscì dall'auto velocemente, e io mi accostai vicino a lei.

"Mi sai dire che cazzo di problemi hai?" mi apostrofò, aprendo lo sportello per prendere subito Emilia in braccio.

"Non lo so, ho fatto una cazzata, okay?" ammisi.

"Una cazzata?" mi rifece il verso, con una risatina sarcastica e isterica.

"Okay, tante cazzate. Una dietro l'altra. Ti giuro che non lo pensavo, l'ho detto per offenderti e basta ma non lo pensavo. Ma anche tu non ti sei risparmiata" continuai, guardandola in viso.

"Ci credo che non mi sono risparmiata. Sono sette mesi che mi odi come se fossi la causa dei tuoi mali. Mi sai dire che cazzo di problemi hai con me?"

"Ero solo incazzato per come tu stai vivendo. Cristo, io ho lasciato un lavoro di prestigio per fare il padre. Se non sto con lei ogni singolo minuto, mi sembra di aver fallito e di aver sbagliato tutto nella vita. Se era possibile vivere comunque una vita sociale nonostante una figlia, perché io ho lasciato il lavoro? Vedere i tuoi lamenti mi ha fatto incazzare. La tua vita non si è stravolta come la mia, non hai lasciato un lavoro. E oltretutto ora fai pure quello che vuoi due sere a settimana, e io me ne sto come un cretino a casa, senza avere una minima soddisfazione. E no, non riesco nemmeno a toccarti perché mi fa schifo l'idea di scopare la madre di mia figlia. Come diavolo posso permettere che con quel corpo tu dopo possa farla addormentare, eh? Quindi sono sbottato, e ho detto cose orribili, ma ti prego, torna a casa" confessai.

The Same But DifferentDove le storie prendono vita. Scoprilo ora