× Uscire dalla stanza di Emma senza farsi vedere, è stata la sfida più complicata per Paulo che si è svegliato con una chiamata di Alessandro che bussava alla sua porta già da cinque minuti. Non appena è uscita dall'hotel ed ha rivisto quella donna che è venuta a prenderla per la prima volta, per allontanarla dal luogo in cui è nata e cresciuta, dalla sua famiglia, Emma ha sentito come una fitta al petto. Tutto stava per accadere, non sarebbe stato più un sogno.
"Sei nervosa?" le chiede Paulo, vedendola annuire con molta energia.
"Da morire." aggiunge poi, guardando il paesaggio.
"Señorita, ya casi llegamos." le comunica l'autista, facendola annuire un'altra volta.
Quando il veicolo si ferma, Emma prende un respiro profondo. Per tanto tempo ha temuto di non riconoscerlo, invece quando mette piede fuori dall'auto si rende conto che quel sobborgo non è cambiato affatto rispetto a qualche anno fa. Basta poco per rendersi conto che si tratta di una zona povera, precaria, piena di nulla, vuota di tutto. Sente il fiato sempre più corto quando inizia a camminare, avvicinandosi sempre di più alla zona abitata da dove provengono delle risate fanciullesche.
Quando era piccola giocava sempre a scavare per terra per ricercare i tesori nascosti, le cose non sembrano essere differenti. Un gruppetto di quattro o forse cinque bambini sta scavando sotto terra con il solo impiego delle mani, sporcando un po' di più gli abiti già logori e vecchi.
Andando sempre più avanti, si ritrova addosso gli occhi della gente che la guarda come se fosse un'estranea, non riconoscendo più quella bambina che era solita correre dappertutto insieme ai loro figli o nipoti. Tutto è fermo a otto anni fa, niente si è mosso."La malavita si è diffusa di più, è il modo più facile per proteggersi di questi tempi e stanno coinvolgendo anche i ragazzini in questo." spiega l'assistente sociale mentre tiene in mano una cartellina. "Lo stato e le varie organizzazioni stanno cercando di salvarli, da quando sei andata via tu, centinaia di bambini sono stati prelevati per poter perseguire una vita migliore."
"E gli adulti?"
"Alcuni vanno a ripulirsi e addirittura riescono a condurre una vita migliore lontano da questa povertà, altri si lasciano andare alle difficoltà e la maggior parte non arriva nemmeno ai sessant'anni." sospira affranta, non sono dati piacevoli.
Emma assimila tutto ma non dice nulla e prosegue con la sua camminata, lanciando di tanto in tanto degli sguardi alle persone per cercare di scorgere volti familiari.
"Millay runakunachu kankichik?" (=siete delle persone cattive?) chiede un bambino che tiene in mano un pallone quasi sgonfio.
L'assistente sociale si ferma a guardarlo e chiede lui di ripetere, ma il bambino si stringe nelle spalle e non dice più nulla.
"Mana millay runakunachu kanchik." (=non siamo persone cattive) risponde Emma, cercando di accennare un sorriso in sua direzione.
"Che cosa vi siete detti?" domanda Paulo, non avendo capito una sola parola.
"Gli ho detto che non siamo persone cattive." risponde.
"Hai capito quello che ha detto?"
"È quechua, in alcune parti del Sudamerica è considerato un dialetto, qui è una lingua riconosciuta e di solito è quella che più parlano da queste parti." spiega velocemente, poi muove altri passi e, dopo un po', si ferma ancora una volta.
Il corpo sembra diventare più pesante, la testa più confusionaria e dolente. Apre bocca, come se volesse dire qualcosa, ma non dice nulla e si limita ad osservarla da lontano, paurosa di sapere se dentro ci sia qualcuno.
"Ti do il permesso di entrare se lo vuoi, ma non c'è nessuno lì. Dopo parleremo di questo." le parla l'assistente, osservando la porta che, per puro miracolo, rimane ancora attaccata ai suoi infissi.
Sono passati anni dall'ultima volta che l'ha vista e adesso fatica a credere che non ci sia più nessuno, che sia vuota quando prima era anche fin troppo piena. Quattro persone in una stanza e mezzo, piena di amarezza e dolore. Non deve pensarci due volte e in men che non si dica entra, spingendo via la porta che rischia di cadere addosso e notando la quotidianità che la caratterizza: il letto sfatto, i pochi utensili in giro, ante di armadi aperti, vestiti sparsi sul tavolo e una bacinella piena di acqua sporca. A Paulo e Alessandro vengono i brividi e si chiedono se effettivamente una persona possa abitare lì. L'odore non è dei migliori e ci sono vari buchi che permettono l'entrata di spifferi freddi o di insetti.
"Qui c'è scritto qualcosa." osserva il fratello, facendo voltare Emma che si volta per controllare. "Iris e Felisa."
"Aspetta." l'argentino nota qualcosa sporgere da una tegola del muro e, quando torà quello che sembra essere un pezzo di tessuto, si ritrova un peluche in mano e dei pezzi di legno in terra. "Cosa ci fa lì un peluche?"
Non appena lo vede, nonostante sia impolverato, Emma lo prende e lo stringe al petto, osservandolo come se fosse un pezzo raro. I suoi occhi diventano lucidi e si morde con forza il labbro inferiore pur di non piangere. Ha i brividi e non per la felicità. Quella casa le ha sempre fatto un po' paura ma adesso che è più vuota che mai sente come una sensazione di angoscia. Tutto è rimasto per com'era, lei invece no, lei è l'unica ad essere cambiata.
"Hai bisogno di un po' d'acqua?" domanda l'assistente sociale, poggiando una mano sulla sua spalla.
La ragazza scuote la testa e fa un altro veloce giro, ritrovando, dentro ad una scatola quasi del tutto rotta, la bigiotteria di sua madre, per lo meno quel che ne resta. Ricorda quando la indossava per accogliere gli uomini che le davano modo di mantenere il marito disoccupato e le due figlie, ricorrendo ad alcuni trucchetti della nonna per sembrare più bella.
"Dov'è la mia famiglia?" trova finalmente il coraggio di chiedere.
"Tua madre è in un centro psicologico a farsi aiutare, ha subito dei forti danni a causa di quello che è successo, Iris è andata via come ti ho già detto."
"E mio padre?"
"Tuo padre è stato arrestato per furto ed è morto impiccato in cella due anni fa." ha l'amaro in bocca e sa che quello stesso sapore investe anche Emma che si limita ad annuire, senza aggiungere altro.
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Mi Cielo / Paulo Dybala
FanficIl passato può fare male, può far paura e certe volte non basta aggrapparsi al presente; certe volte bisogna trovare qualcuno che ci faccia vivere il presente e ci faccia pensare che non sarebbe poi così male puntare al futuro. Emma quel qualcuno l'...