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× Quando Emma si stende sul letto insieme a Paulo, quest'ultimo le cinge la vita e le lascia dei piccoli baci sulla guancia

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× Quando Emma si stende sul letto insieme a Paulo, quest'ultimo le cinge la vita e le lascia dei piccoli baci sulla guancia. Anche questa notte ha deciso di sgattaiolare nella stanza della ragazza, passando del tempo insieme a lei.

"Avrei così tante domande da farti." sussurra, guardandola negli occhi.

"Che cosa?" lo invita ad andare avanti.

"Come facessi a vivere in quella casa, perché il tuo peluche era nascosto nella parete, perché ti sei scusata con tua sorella Iris." elenca mentre scuote la testa, facendole capire che sono molte cose.

"Vivevo lì per abitudine e credevo che sarebbe stato sempre così per me." sospira. "Quel peluche me lo ha regalato mia nonna e mio padre in preda ai suoi deliri distruggeva spesso alcune cose, quindi l'ho nascosto. Per quanto riguarda le scuse a mia sorella.. è rimasta sola perché i miei genitori sono stati messi sotto osservazione a causa mia, perché sono stata portata via dagli assistenti sociali."

Paulo annuisce ed apprende che, quella di Emma, deve essere stata un'infanzia tutt'altro che tranquilla, tormentata sarebbe meglio dire.

"E poi volevo chiederti la storia del nome Felisa, è il nome che usavi prima o è un soprannome?"

"È il mio primo nome." chiarisce ogni suo dubbio. "Emma è il secondo."

"Felisa Emma.." lascia in sospeso la frase perché non ha idea di quale fosse il suo cognome originario.

"Flores." sussurra, come se volesse che non si sapesse. "Felisa Emma Flores."

"Wow, è un nome davvero bello." le accarezza la guancia. "Quasi quanto te." lei sorride e si stringe più a lui, chiudendo gli occhi per bearsi del suo calore, del suo profumo, delle sue attenzioni. Di tutto ciò di cui ho bisogno. "Come devo chiamarti? Emma o Felisa?"

"Emma è quella che è adesso, Felisa era quella di prima e che ha dovuto vivere quella pessima vita." spiega la motivazione del perché ha deciso di non farsi più chiamare con il suo primo nome. "Chiamami Emma."

"Come vuoi."

La ragazza si accoccola di più al suo petto e chiude gli occhi, rilassandosi al contatto delle sue carezze che rendono più sopportabile l'ansia per domani.

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Lo sfarzo la segue anche nella comunità in cui è stata trasferita la madre dopo il suo saluto. La stanza è completamente decorata da infissi e dettagli color oro mentre le pareti sono tinte di un bianco accecante. Non si sarebbe aspettata niente di meno per Pascal: per compiacere Iris ha fatto trasferire sua suocera in una delle cliniche più lussuose che ci siano in circolazione.

"Non essere nervosa." mormora Paulo vicino al suo orecchio, notando come muova nervosamente la gamba destra mentre osserva il tavolo che ha davanti.

"Eh?" si risveglia dai suoi pensieri. "È facile a parole." sospira mentre lancia un'occhiata alla porta.

All'apprendere il nominativo da Emma, un'infermiera è andata a chiamare sua madre per portarla da lei ed è via già da dieci minuti pieni, forse anche qualcosa di più. Quando Paulo ha chiesto spiegazioni per lei, gli è stato detto che ci sono molte persone sempre in giro e trovarne uno nello specifico non è mai semplice.

"Vedrai che andrà tutto bene." le accarezza la spalla, vedendola annuire.

"Mi chiedo il perché non facciano restare i pazienti nelle loro stanze quando è ora delle visite." riflette a voce alta Alessandro e, questa volta, l'ha detta giusta.

"Già." sospira Emma, alzando la testa di scatto quando vede la porta aprirsi, riabbassandola quando nota che non è per lei.

Con sua madre vorrebbe parlare di tante cose, come, per esempio, di suo padre e sapere come ha vissuto gli ultimi anni della sua vita. Vorrebbe affrontare con lei il discorso sulla motivazione della sua partenza e chiederle tutte quelle cose che la sua mente da ragazzina non riusciva ancora ad elaborare. 'Perché?' si è sempre chiesta nel buio di una stanza vuota, riempita dai suoi pensieri pesanti ma, per quanto ci abbia trovato, non ha mai trovato una risposta. Ha sempre pensato che gli unici a potergliela dare sono i suoi genitori, sua madre nello specifico, adesso. Da quello che ha potuto capire, Iris non va spesso a trovare sua madre e, oltre lei, non c'è nessun altro della famiglia che possa mettere piede in una clinica psichiatrica senza vergognarsi al sol pensiero.

"Quella non è l'infermiera a cui hai chiesto?" chiede Paulo, riconoscendo l'inconfondibile caschetto rosso di una donna sulla cinquantina il cui ombretto arriva alle sopracciglia ed è di un color azzurro intenso.

"È lei." realizza e si mette in piedi mentre le si avvicina. "Scusi, poco fa le ho chiesto se fosse possibile vedere mia madre ma non l'ho ancora vista."

"Oh, non è venuto nessuno a parlarti?" si guarda intorno mentre digrigna i denti, arrabbiata con i colleghi che hanno lasciato questo ingrato compito a lei che ha cercato di lavarsene le mani. Sospira mentre torna a guardare Emma che attende una risposta da parte sua. "Senti ragazzina, è un boccone duro da digerire persino per una come me che a queste cose assiste più di quanto vorrebbe." inizia. "Tua madre ha espresso la sua volontà di non vederti o accettare le tue visite, c'è anche un messaggio ma non so se è il caso."

Il cuore di Emma si spezza in mille pezzi mentre assimila quell'idea stringe le unghie contro il palmo per cercare di non piangere e cercare di mantenere un'espressione disinvolta. A tradirla, però, è la voce tremante.

"Quale sarebbe questo messaggio?"

L'infermiera scuote la testa mentre sposta il peso da una gamba all'altra ed estrae una sigaretta dalla tasca, guardandola schifata subito dopo al sol pensiero di fumare in un momento del genere.

"Ha detto di non tornare più qui per cercarla, che non vuole né vederti né sentirti." abbassa il tono della voce e può notare la delusione negli occhi della ragazza. "Mi dispiace, ragazza."

Emma annuisce mentre i suoi occhi diventano lucidi e, senza aggiungere altro, afferra la borsa e si precipita fuori da quella clinica, con la consapevolezza che non ci metterà mai più piede.

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Mi Cielo / Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora