PROLOGO

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Prima


Avevo un brutto presentimento.

Era come un sinuoso formicolio che mi si inerpicava sulle vertebre. Il vento era così caldo da risucchiarmi l'ossigeno nei polmoni a ogni respiro e portava con sé un asfissiante odore di bruciato; la cenere, ancora vorticante nell'aria, mi attecchiva alle pareti della gola.

Ma c'era anche qualcos'altro in esso.

Un'oscura sensazione che stava scendendo su di me, densa come la coltre di nuvoloni che copriva il cielo dall'alba. Una sensazione che pareva bisbigliarmi nell'orecchio a punta come un inquietante sospiro.

Come un richiamo.

Accovacciata, affondai le dita di una mano – protetta fino alle nocche dal parabraccio di ferro – nella terra incenerita e, incredibilmente, ancora tiepida, abbracciando con lo sguardo quelle che un tempo erano state le lande di prati e colline più lussureggianti che avessi mai visto, ora ridotte a un desolante deserto nero tempestato dai rilievi dei cadaveri carbonizzati di alberi e animali.

E lì, in mezzo a quell'orribile scenario, a più di tre miglia dal nostro accampamento, sorgeva una spaventosa fortezza in pietra d'onice nera, tutta spigoli affilati e torri aguzze che si protendevano verso il cielo come a volerlo squarciare, infilzando il sole per farci sprofondare in un'eterna tenebra.

Mornon, il nemico più grande che i popoli delle Terre dell'Est avessero mai affrontato, vi dimorava da oltre tremila anni.

Nato dall'unione proibita tra un'elfa e uno stregone, per lungo tempo Mornon aveva vissuto con gli elfi senza creare alcun problema, nonostante fosse consapevole di non essere ben accetto per via della magia che gli scorreva nelle vene, così diversa da quella eterea del mio popolo.

Finché non aveva conosciuto Calien.

Regina degli Elfi e madre di mio padre, Calien era la creatura più gentile che esistesse e amava spostarsi a piedi nudi tra i villaggi del nostro regno, consacrando raccolti, case e nascituri e portando il suo aiuto dove già sapeva che ci fosse bisogno.

Poiché Calien aveva il dono della preveggenza.

Ma non solo. Gli Spiriti le avevano conferito anche un altro potere. Con la loro benedizione, Calien era in grado di generare vita dalla morte.

E quando l'aveva vista resuscitare una farfalla che una bambina del suo villaggio aveva accidentalmente schiacciato sdraiandosi in un prato di margherite, Mornon era rimasto folgorato.

L'ammirazione per la regina era divenuta in fretta una vera e propria ossessione, tanto che Mornon la seguiva come un'ombra ogniqualvolta lei lasciava la Reggia di Aegel, capitale del Regno degli Elfi.

Giacché egli bramava i poteri di Calien più di ogni altra cosa.

Con il trascorrere dei secoli, Mornon aveva affinato in gran segreto la sua magia oscura fino a diventare tanto potente da assaltare la reggia con le sue sole forze. Sterminando chiunque trovasse sul suo cammino e respingendo mio padre e sua sorella Tìnuviel, era riuscito ad arrivare a Calien e aveva lottato con lei per estirparle il suo potere e assimilarlo.

Comprendendo di non avere alcuna possibilità contro il male antico che pervadeva Mornon, la regina aveva scelto di sacrificarsi. Con l'aiuto degli Spiriti, che si erano manifestati quell'unica volta per scacciare Mornon dal Regno degli Elfi, Calien aveva usato le sue ultime energie per trasformarsi in un cristallo, racchiudendovi la propria magia e affidandolo alla sua stirpe affinché lo proteggesse nelle ere avvenire.

Così, mia zia ne era divenuta la custode e, grazie all'abilità dei fabbri elfici, lo aveva plasmato in un ciondolo da portare sempre con sé.

Dopo essere scomparso per secoli – probabilmente rinchiuso nel suo nascondiglio per attingere a forze sempre più maligne – Mornon era tornato all'attacco, più potente che mai e con un piccolo esercito di mostri da lui creati con la magia nera.

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