Dylan riceve una lezione

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Quasi 5 giorni di assoluto silenzio.
Dylan e Ethan si incrociavano nei corridoi, si vedevano a pranzo e in biblioteca, ma non avevano alcuna voglia di parlarsi. Dylan provava un odio a lui sconosciuto. Lui diceva di amarsi. Perché non avrebbe dovuto? Quelle di Ethan erano solo parole. Eppure continuava ad annodarsi intorno a quella frase malsana che gli toglieva il sonno. Piccolo, odioso, presuntuoso idiota! Questo pensava di Ethan. Che cosa ne poteva sapere lui di quanto sia amasse? Il diavolo credeva di essere per permettersi di rivolgersi a lui in un modo così saccente? Non riusciva in alcun modo a distrarsi da quella frustrazione. Dopo tutti quei giorni passati di silenzio decise di affrontarlo, perché sapeva dove aspettarlo. Quando lo vide avvicinarsi, era un groviglio di nervi, puzzava di ansia, fumo, frustrazione ed eccitazione. Puntò i suoi occhi in quelli di Ethan, senza neanche dargli il tempo di fiatare, gli strinse una mano sul collo e l'altra sul fianco, e lo spinse contro il muro per ambientarsi sulle sue labbra appunto era una furia, o così credeva. Infatti riuscì a malapena sfiorargli le labbra e sentì la sua presa sulle sue spalle; lo spinse via e allora capì davvero che cosa fosse la furia.
"Che cazzo fai?" Fece Ethan e poi lo portò dietro la biblioteca egli sembro strano perché non era un luogo appartato. Era il cortile esterno e su quello si affacciavano molte finestre degli appartamenti della Villa. Alcuni avrebbero potuto vederli anche dai corridoi. Solo dopo Dylan capii il motivo. Tutti potevano vederli ma nessuno poteva ascoltare. Ethan lasciò andare il braccio di Dylan e disse: "Sentiamo, cosa credevi di fare?"
Ethan aveva ripreso ogni controllo, persino i suoi occhi erano tornati a velarsi di sarcasmo. Dylan per un momento si chiese come fece a non capire.
"Tu cosa pensi?" Domandò Dylan quasi sottovoce.
"Penso tu sia un imbecille, ma spero ancora di sbagliarmi. Di nuovo. Cosa credevi di fare?"
"Non era quello che volevi?"
"Cosa? Che mi saltassi addosso in un angolo buio della villa di tuo fratello? No! Abbi il coraggio di farlo in pubblico almeno."
Dylan sbuffò "moralista del cazzo"
Ethan sospirò "sarò anche un moralista, ma non sono io a vergognarmi di chi sono."
"Oh scusate vostra grazia" disse Dylan con tagliente sarcasmo "credevo che le dimostrazioni private bastassero per voi"
"Dylan, certe volte sei proprio -... Aaaaah! Come faccio a stare con te se ti vergogni di me solo perché non sono un nobile."
"Si tratta di onore! Di famiglia! Una cosa che non potrai mai capire. Non abbiamo molta possibilità di scelta"
Mentre la tracotanza di Dylan si consumava nelle ultime sillabe, Esso guardava Ethan. Quest'ultimo chiude gli occhi e per un'eterna frazione di tempo Dylan per so di aver vinto; penso che fosse pronto a sciogliere davanti a sé tutte le sue incertezze, ma quelle eternità non fu più la sua. Quando Ethan riapri gli occhi, sospirò. Un sospiro pieno di intolleranze e ribrezzo: " quando ho detto che avresti dovuto imparare ad amarti, non intendevo che avreste dovuto tentare di fotterci entrambi". E continuò, assumendo il suo tono di sarcasmo: "quando capirai che al mondo non frega a nessuno di chi ti scopi, ma che per molti è un pretesto per odiarti? Quando capirai che la libertà non si misura in ciò che mostri, ma in ciò che permette a te stesso di provare? Mi sei saltato addosso perché volevi me o perché volevi dimostrarmi qualcosa? Te la sei fatta questa domanda? O stavi solo provando a chiarire a te e a me che sei capace di amarti per poi riscuotere il tuo premio? Perché se fosse per me lo farei in ogni fottuta stanza di questa villa, Dylan, ma sono abbastanza lucido da sapere che soltanto dietro una porta chiusa possiamo essere davvero liberi per te." Poi gli voltò le spalle e si incamminò. "Persino Alice sapeva che Wonderland era solo un sogno"

Elena aveva vinto di nuovo e questa volta aveva ripulito Dylan per bene, lasciandolo lì, stretto nelle miserie della sua ingenuità e della sua ignoranza. Ma aveva detto anche altro, senza nascondersi né indietreggiare, una frase che non poteva far finta di non aver ascoltato: "Se fosse per me lo farei in ogni fottuta stanza di questa villa".
Il fatto che la sua mente si fosse impuntata su quelle parole faceva di lui l'idiota che Ethan credeva. Ma l'aveva detto e, se fosse stato il caso, quell'idiota avrebbe chiuso ogni porta di quella fottuta villa e si sarebbe fatto insegnare la libertà dall'unico uomo per cui sarebbe stato disposto a perderla.
Dylan uscì dal suo stato di Trans solo quando Harry lo chiamò.
"Dylan!"
"Harry" disse voltandosi
"Tutto bene?" Chiese il giovane
"Non esattamente. Diciamo che mi ha dato una bella lezione."
Harry sospirò "ti va di dirmi qual è il problema?"
Dylan si voltò e tornò a guardare nella direzione in cui Ethan era andato e di conseguenza scomparso.
Poi sospirò pesantemente. Un sospiro carico di risentimento e frustrazione.
"Niente" disse freddamente, e se ne andò.

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