Una nuova coscienza

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Ogni singolo brano di Gaber è un capolavoro. Poco noto usualmente, ma negli ultimi tempi sempre più sta diventando un faro, un punto di riferimento per molti che stanno vivendo questa micro era di svilimento di coscienza.

Coscienza non solo intesa come l'essere coscienti della realtà che ci circonda, né tantomeno di essere dotati di una coscienza di natura religiosa e neanche particolarmente moral-etica.

La coscienza cui si riferiva Gaber alla fine degli anni '90 non era tanto per quegli anni che stava vivendo , bensì era molto ma molto  più preoccupato per la tendenza cui ci si stava già indirizzando allora, e cioè verso un crescente vuoto di capacità di discernimento e autodeterminazione dell'essere umano, cosa che oggi è sfociata in un'aperta "dissonanza cognitiva", come la usiamo chiamare noi nel nostro presente. 

Questo pezzo è contenuto nell'ultima opera del teatro-canzone gaberiano, l'ultima che ci è rimasta interpretata dal vivo dall'artista perché dopo sono usciti solo più album in studio o postumi. In questo brano la cui struttura è la più classica del suo modo di interpretare la musica a teatro alternando come sempre parti cantate e parti di dialogo, la parte che prediligo è proprio quella dei dialoghi parlati. Ascoltarli oggi nel contesto in cui viviamo, specialmente in questo ultimo lustro, che di lustro ha davvero poco, ha davvero un gusto particolare. 

E ne voglio riportare  qui un  estratto per sottolineare quanto si adatta a perfezione al mondo che ci circonda oggi.

È come se dovessimo riempire un vuoto profondo. E allora ci mettiamo dentro: rimasugli di cattolicesimo, pezzetti di sociale, brandelli di antichi ideali, un po' di antirazzismo, e qualche alberello qua e là.

È come se la vecchia morale non ci bastasse più. In compenso se ne sta diffondendo una nuova che consiste nel prendere in considerazione più che altro i doveri degli altri... verso di noi. Sembrerà strano ma sta diventando fortemente morale tutto ciò che ci conviene.Praticamente un affare.

E pensare che basterebbe pochissimo. Basterebbe spostare a stacco la nostra angolazione visiva. Guardare le cose come fosse la prima volta. Lasciare fuori campo tutto il conformismo di cui è permeata la nostra esistenza. Dubitare delle risposte già pronte. Dubitare dei nostri pensieri fermi, sicuri, inamovibili. Dubitare delle nostre convinzioni presuntuose e saccenti. Basterebbe smettere di sentirsi sempre delle brave persone. Smettere di sentirsi vittime delle madri, dei padri, dei figli. Smascherare, smascherare tutto: smascherare l'amore, il riso, il pianto, il cuore, il cervello. Smascherare la nostra falsa coscienza individuale.Subito. Qui e ora.Sì, basterebbe pochissimo. Non è poi così difficile. Basterebbe smettere di piagnucolare, criticare, fare il tifo e leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che noi viviamo direttamente. Rendersi conto che anche l'uomo più mediocre può diventare geniale se guarda il mondo con i suoi occhi. Basterebbe smascherare qualsiasi falsa partecipazione. Smettere di credere che l'unico obiettivo sia il miglioramento delle nostre condizioni economiche perché la vera posta in gioco... è la nostra vita. Basterebbe smettere di sentirsi vittime del denaro, del lavoro, del destino e persino della politica, perché anche i cattivi governi sono la conseguenza naturale della stupidità degli uomini. Basterebbe rifiutare, rifiutare la libertà di calpestare gli altri, ma anche la finta uguaglianza. Smascherare la nostra bontà isterica. Smascherare la nostra falsa coscienza sociale.Subito. Qui e ora.Basterebbe pochissimo. Basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale se non si sente parte di qualcosa. Basterebbe abbandonare il nostro smisurato bisogno di affermazione, abbandonare anche il nostro appassionato pessimismo e trovare finalmente l'audacia di frequentare il futuro con gioia.Perché la spinta utopistica non è mai accorata o piangente. La spinta utopistica non ha memoria e non si cura di dolorose attese.La spinta utopistica è subito. Qui e ora.


Quello che lascia alla fine del monologo è decisamente un senso di nuova speranza, oggi come mai necessario ed all'orizzonte delle nostre vite. 

Il senso del suo dire è che non basta aspettare che questo mondo si sfaldi e dalle sue ceneri ne nasca uno nuovo e migliore... 

No, non basta! Ed ognuno di noi deve fare necessariamente la propria, anche se piccola ed apparentemente insignificante, parte... 



Chiedo scusa se parlo di ... GaberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora