Capitolo 5

169 2 0
                                    

Damon

Stringerla a me è stato strano, il misto di sensazioni che si sono fatte largo nella mia anima quasi potrei non averle mai provate. Ho sentito l'esigenza di afferrarla e tenerla forte a me. Non mi sono sentito a disagio, affatto, anzi, è stato così naturale, così vero, così nostro.

Mi sentivo così bene in quel momento, con lei accanto, con i suoi occhi a illuminare un cammino grigio, che stavo per baciarla, ma sarebbe stato per me un grave errore. Sono contento di aver trovato un barlume di lucidità prima di farlo, nonostante ora non riesca a smettere di pensare alle sue labbra e al suo viso.

La suoneria del cellulare mi riporta alla realtà, mentre sto salendo in auto per tornare a casa. «Ehi, Damon, sei vivo?» La voce del mio migliore amico arriva forte e chiara.

«Josh, buonasera. Sono appena uscito dal lavoro.»
«Bene, allora vieni a bere una birra con me? Serata al Bloom.»
«Non lo so, devo sentire se Dana può rimanere con mia madre.»
«Fammi sapere, ogni tanto c'è bisogno anche degli amici.»
«Idioti come te.»
«Lo so che mi ami.»
«Follemente. Ah! Ah! Ti richiamo dopo.»

Guido fino a casa e quando entro trovo mia madre e la sua amica intente a chiacchierare. «Ciao, bambino mio.»

«Ehi, mamma.» Mi avvicino con lentezza, quasi non mi sembra vero vederla lucida, sono rari questi momenti. «Come ti senti?», le chiedo con un filo di voce.

«Molto bene, grazie. Tu? Sembri così stanco.» Mi accarezza il viso e quando la sua mano ruvida sfiora la mia guancia sento come se tutto tornasse ad avere un senso, come se vivessi per questi momenti di lucidità.

«Nah, sono giovane e in forma.»

«Già, guarda che muscoli, Dana! Mio figlio è un ragazzone.» Ridacchia con le lacrime agli occhi. La stringo in un abbraccio che sa di casa, di amore, di famiglia. Lei è tutta la mia famiglia.

Decido di non uscire con Josh, i giorni così scarseggiano sempre di più e preferisco stare con lei. «Allora, cosa ti preparo per cena?»

«Tutto quello che vuoi, tesoro mio.»

Scrivo un veloce messaggio al mio migliore amico e lui, essendo a conoscenza della nostra situazione, dice di non preoccuparmi, ma si fa promettere che ci vedremo domani.

Io e mia madre passiamo una bella serata, un po' come ai vecchi tempi. Chiacchieriamo, mangiamo e guardiamo un film fino ad addormentarci sul divano l'uno tra le braccia dell'altro.

Mia madre per me è casa, è tutta la mia famiglia, l'unica persona su cui abbia mai contato nella vita e ora voglio essere per lei l'ancora quando il mare è in tempesta, voglio essere la sua stella polare, il suo domani quando ogni notte chiude gli occhi e il suo oggi quando la mattina li riapre. Voglio essere il suo punto fisso.

Quando arrivo all'appuntamento con Josh, lo trovo già seduto a un tavolo intento a sorseggiare un caffè. «Post sbornia?», lo incalzo sistemandomi di fronte a lui.

«Mh, devo aver esagerato con la birra ieri sera.» Si porta una mano sulla testa e serra le palpebre.
«Ah! Ah! Beh, dai, almeno era buona?»
«Mh, sì, direi di sì e bella.»
«Bella?»
«La ragazza di ieri sera. Dio, era stupenda», mormora trasognante e a me scappa da ridere.
«Ti sarai mica innamorato?» Lui si irrigidisce e mi fulmina con lo sguardo. «Scusa, scusa, non lo dirò di nuovo.»
«Ecco, bravo. E comunque, abbiamo solo passato la serata a bere e chiacchierare. È così dolce, Damon.»

Questo suo modo di parlare e di esprimersi mi fa ridere ancora di più. Da quando lo conosco, ossia da una vita, l'ho visto così solo quando si è preso la prima cotta al liceo. «Ha un nome questa ragazza che ti ha fottuto il cervello?»

«Mh, Lily. Non trovi che sia un nome stupendo? Poi è perfetto per lei, per i suoi capelli biondi, gli occhi azzurri... Oh, cazzo, mi sono fottuto il cervello!»

Questa volta ridiamo insieme. «Dai, non farne un dramma, forse è la volta buona che metti la testa a posto.»

«Nah, non credo proprio, sto bene così.»

In quel momento la cameriera prende il mio ordine e qualche minuto dopo torna con una tazza di caffè e una brioche.

«Allora, oltre all'angelo Lily, nessuna novità?»

«Insomma, a lavoro mio padre mi sta facendo impazzire. Per fortuna è sabato e non devo andare in azienda.»

«Va così male?»

«Tu non hai idea, mi parla con un tono e poi continua a screditarmi qualsiasi cosa faccia. E quando ha scoperto che faccio qualche lavoro extra per l'agenzia di catering, sembrava che gli avessi fatto chissà che torto.»

«Mi dispiace.»

«Già... E tu? Come va con il nuovo corso in palestra?»

Deglutisco, perché a quella domanda il mio pensiero va subito a Dory. «Bene», mi limito a dire.

«Solo bene? Dai, sbilanciati con qualche dettaglio.»

«Segreto professionale», ridacchio per cercare di cambiare discorso, non ho voglia di aprire quella parentesi, non adesso, non oggi, non dopo quello che è successo ieri.

«Che cretino!» Mi fa una linguaccia. «Questo caffè è miracoloso, mi ha fatto passare il mal di testa.»

«Chissà cosa ci mette dentro Donald.»

«Meglio non chiedere.»

Ridiamo. Mi sento fortunato ad avere un amico così accanto, so di poter contare su di lui in qualsiasi momento. È così da sempre, da quando ci siamo conosciuti alle scuole elementari.

«Ah, a proposito di catering, mi hanno contattato per stasera. Sei dei nostri. A volte penso che preferirei fare il cameriere piuttosto che lavorare per mio padre, mi fa sentire più... libero.»

«Sì, ci sono, qualche soldo extra non fa mai male.» E poi con il costo dell'assistenza medica da coprire, mi servono.

8 anni prima

22h prima della diagnosi
H: 10.00

«Ehi, Dam?» La voce di Josh attira la mia attenzione, mi volto e lo vedo corrermi incontro. «Hai lezione?»

«Sì, tra mezz'ora.»

«Ottimo, prendiamo un caffè insieme?» Mi sorride e non riesco a non accettare, soprattutto perché ho bisogno di distrarmi o continuerò a pensare alla visita di domani. «Sembri strano, sei preoccupato, per... insomma, sai.»

«Un po', mi sembra di impazzire.»

«Allora parliamo d'altro. Quando hai il torneo di box?»

«Tra qualche settimana, ma temo di non essere nelle condizioni mentali per affrontarlo.»

«Oh, non dire così.» Mi afferra il viso e mi guarda dritto negli occhi. «Tu sei Damon e non ti lasci abbattere da niente e da nessuno. Chiaro?»

La sicurezza che emanano la sua voce e il suo corpo viene assimilata dal mio per osmosi. «Sì, ma... Ho paura.»

«Sei tu che mi hai insegnato che la paura è uno dei sentimenti più potenti ed è capace di spingerci a superare ogni nostro limite.»

Annuisco perché ha ragione, glielo dico sempre quando si lascia sopraffare dall'ansia e dalla paura di non farcela, ma ora che sono io quello spaventato dal domani, non riesco ad affrontare tutto con la stessa razionalità e filosofia di vita.

«Ti supporterò sempre, lo sai, vero?»
«Sì, però...»
«Ah, ah, Damon. Oggi pomeriggio andrai ad allenarti.»
«Non so se sono dell'umore.»
«Vengo a prenderti alle quattro e ti porto in palestra. Ne hai bisogno, la box ti aiuta a lasciare andare, me lo dici sempre.»

E anche su questo ha ragione. La box mi ha sempre aiutato, soprattutto nei momenti difficili, per sfogarmi e liberare la mente da ogni pensiero. Sospiro. «Sei diventato troppo saggio, ti preferisco cazzone.»

Scoppiamo a ridere entrambi ed è questo che amo della nostra amicizia: impariamo molto l'uno dall'altro.

Come il cielo sopra di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora