Capitolo 4

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Dorothy

Da quella notte, non è cambiata solo la mia vita, ma anche quella di mia madre. Capita spesso che passi giorni chiusa in se stessa; mentre il tempo fuori da questa camera scorre veloce e inesorabile, lei sembra rimanere aggrappata a una speranza vana, che non fa altro che consumarla.

In questa stanza si vedono solo le ombre di un passato sereno, di una famiglia felice, di un marito perfetto e il tutto si è sgretolato davanti ai suoi occhi.

«Mamma... Ti ho portato la colazione, non sei venuta giù.» Mi avvicino al comodino e accendo la luce dell'abatjour.

«Spegni, Dory», piagnucola lei. Non mi piace vederla così. Mi rendo conto che non deve essere stata una notte semplice, lo leggo dalle occhiaie che le circondano gli occhi.

«Mamma, devi mangiare qualcosa, non puoi digiunare», le dico con dolcezza, mentre mi siedo sul bordo del suo letto. Quasi non la riconosco. Mia madre è sempre stata una donna forte e determinata, nonostante da quando ha conosciuto e poi sposato mio padre, abbia messo da parte tutto, anche i suoi sogni. Ha chiuso la serra che tanto amava e abbandonato i fiori di cui tanto era appassionata, per seguire fargli da segretaria.

E adesso tutto mi è più chiaro, capisco addirittura il motivo del suo stato d'animo: oggi lui tornerà dal viaggio di lavoro. Avrei preferito dimenticare questo particolare, ma mi risulta impossibile, soprattutto ora che vedo com'è capace di ridurla nonostante sia ancora distante.

«Non ho fame», mormora e si rannicchia sul fianco, come una bambina sola e indifesa e a me viene da piangere. Non sono ingrado di occuparmi di lei, di aiutarla, anche se vorrei tanto farlo perché vederla in queste condizioni fa star male anche me.

«Lascio qui il vassoio, se più tardi ti verrà voglia... Io vado a scuola, ci vediamo stasera.» Le lascio un bacio tra i capelli, poi scaccio via una lacrima solitaria. Non posso farmi vedere debole, devo essere forte, per me, per lei. Mamma non risponde, così mi avvio verso la porta, ma quando sto per aprirla, lei sussurra: «Oggi torna tuo padre.»

Non mi volto, non ne ho il coraggio. «Lo so.»

Non riesco a godermi la mattinata a scuola, perché mi perdo nei miei pensieri e l'idea di rivedere mio padre mi fa ribollire il sangue nelle vene e venir voglia di vomitare anche l'anima. Al suono dell'ultima campanella, corro via e mi chiudo in un bagno. Le lacrime non tardano a bagnarmi il viso, il respiro si fa sempre più pesante e la testa sembra volermi esplodere.

Presa da un momento di sconforto recupero il cellulare dal mio zainetto e cerco il numero di Maddy. Con le dita che tremano provo a scrivere qualcosa:

Sono stata una pessima amica, lo so, avrei dovuto dire la verità, avrei dovuto dire qualcosa, avrei dovuto aiutarti...

Cancello tutto e riprovo.

Maddy, sono io, Dory. Ti ricord...

Che patetica.

Ciao Maddy, io volevo solo chiederti scus...

Ricaccio il telefono nella borsa e soffoco un grido di disperazione. Ci metto un po' per calmarmi, poi esco dal bagno e mi avvicino ai lavandini comuni per lavarmi le mani, ma lì trovo un gruppetto di tre ragazze della mia stessa età che però non ho mai frequentato perché non abbiamo nulla in comune, ma, nonostante ciò, so chi sono perché si fanno notare abbastanza.

«Ehi, Dorothy, come mai sola soletta?» Ridacchia la prima piccata.

«Come mai sei sempre da sola? Puzzi per caso?» Xandra finge di annusare l'aria attorno e fa una smorfia di disgusto. Evito di rispondere, non avrebbe alcun senso.

Come il cielo sopra di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora