Capitolo 13

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Damon

Non posso credere che sia qui, che sia tornata. Incrociare di nuovo il suo sguardo, dopo tutto questo tempo, mi sembra quasi un sogno, ma sono consapevole di quanto sia tutto così reale. Lei è reale. I suoi occhi azzurri luccicano e mi indicano la strada verso una felicità così lontana, ma che in lei mi sembra quasi raggiungibile.

Queste settimane mi sono sembrate davvero vuote senza di lei. So di essere incoerente con me stesso e con l'angelo davanti a me, di lanciarle segnali equivoci, ma sono confuso e stupido. Vorrei dire e fare cose che so di non poter fare, di non dover fare. La mia testa mi indica una strada diversa da quella che il mio cuore vorrebbe percorrere.

«Pronta?», le domando con la poca sicurezza che ancora fa parte di me.
«Sempre.»

Migliora giorno dopo giorno. Nonostante sia stata ferma qualche settimana, i suoi muscoli riprendono tono con facilità e torna in poco tempo allo stesso livello in cui ci siamo lasciati.

«Di' la verità, in questi giorni ci sei andato giù pesante con gli allenamenti, sono stremata, non mi sento più le gambe», piagnucola e a me scappa da ridere. Mi siedo accanto a lei che sta facendo stretching e la aiuto.

«Nah, figurati», ridacchio.
«Bugiardo.»
«Forse, e ripeto forse, mi sono vendicato un po'.»
«Addirittura?» Si volta di scatto e drizza la schiena. «Ti ho detto che non stavo scappando.»
«Lo hai fatto, sai, dopo il non...»
«Non dirlo», mi blocca alzando l'indice.
«Dory, parliamone. Ti vorrei spiegare.»
Lei sospira a incrocia le gambe. «E va bene», si arrende.

Siamo di nuovo uno di fronte all'altro e il mio cuore palpita con troppa foga. Cavolo, devo darmi una calmata. «Sai, quello che è successo l'altra volta.»
«Mh, il fatto che tu non mi abbia voluta... baciare?»

Mi mordo la lingua. Non è vero che non ho voluto, cazzo, lo volevo e lo voglio ancora. Se potessi le salterei addosso adesso e farei molto più che baciarla. «È solo che siamo su due lunghezze d'onda diverse.»

Corruga la fronte confusa dalle mie parole. «In che senso?»

«Beh, insomma, tu devi diplomarti e poi avrai il college e tante cose da fare, io invece ho già fatto tutte quello e...»

«Quindi il problema è sempre quello, l'età?»
«Non... Sì, insomma, no, cioè... Cazzo, non riesco a spiegarmi.»

Lei si alza di scatto e stringe forte i pugni con decisione e determinazione che mi mandano fuori di testa, perché è sexy da farmi impazzire. «Prendi una decisione, Damon.»

Dannazione! «Dory, aspetta, io...» Mi tiro su e le afferro il polso, attirandola a me. Sento il calore del suo petto e il suo respiro mescolarsi al mio. Tutti i miei sensi sono in allerta. Sposto la mano libera sul suo viso, per aumentare il contatto tra di noi e il formicolio sotto i polpastrelli è capace di spedirmi diretto in paradiso. Non appena anche i nostri occhi si fondono, mando tutto al diavolo e mi avvicino azzerando completamente le distanze. Lascio che i nostri nasi si sfiorino pregustando quel bacio che tanto desideriamo entrambi, quella sensazione di completezza e necessità che ci rendono schiavi di sentimenti ancora sconosciuti. «Dory», sussurro il suo nome a un soffio dalle sue labbra.

«Damon», ricambia e... Dannazione, il mio nome sussurrato da lei diventa la melodia più bella che abbia mai sentito. Sono attratto da lei, come un marinaio dal canto della sirena. Son consapevole che tutto questo ci farà del male, sarà distruttivo per entrambi, ma non posso fare a meno di desiderarla.

Sto per appoggiare le labbra sulle sue quando la porta della sala si apre di scatto costringendomi ad allontanarmi da lei. Fanculo!

«Coff, coff, Damon?» Sammy mi chiama, ma i miei occhi sono fissi sul viso di Dorothy che sprigiona delusione. «Damon?»

«S-Sì?» Mi volto verso l'altra ragazza.

«Ti aspetto nel mio ufficio, ho bisogno di te», risponde languida.

«Per cosa?»

«Tu sai...» Mi fa un occhiolino ammiccando e se ne va. Santa miseria, e adesso cosa vuole? Sposto il mio sguardo su Dorothy che, dopo qualche istante di esitazione, recupera la sua borsa e, scuotendo la testa, si allontana, ma io la seguo e le afferro una mano.

«Aspetta, dove vai?»
«Che ti importa?», risponde con freddezza.
«Dory...»
«Tu e Sammy... Voi scopate?»
«Cosa? Come?»
«L'ho capito, non sono mica stupida. Lasciami in pace adesso.»
«Aspetta, non è come pensi.»
«Ah, no? Siete tutti uguali, e io stupida che pensavo fossi diverso.» Sorride amareggiata e quello che leggo nei suoi occhi mi spezza in due.

«Cosa vuoi dire?»

«Lascia perdere e buona serata», risponde e se ne va lasciandomi di nuovo da solo, confuso e furioso. Sbatto un pugno contro la parete del corridoio che porta agli spogliatoi e gratto le nocche contro il cartongesso.

Come una furi vado di sopra e raggiungo Sammy nel suo studio. «Cosa vuoi?»
«Calmo, orso.» Ridacchia e mi passa un plico di fogli. «Devi firmarmi questi e prego, ho subito intuito avessi bisogno di aiuto per toglierti da dosso quella ragazzina.»
«Tu cosa?»
«Sai vero perché è qui a fare box? Le voci che corrono su di lei e sulla sua famiglia?»

«Non me ne frega niente, Sammy, e, per cortesia, non intrometterti più nella mia vita, chiaro?», sbotto. Per quanto voglia credere che non l'abbia fatto con cattiveria, sono arrabbiato perché ha interrotto il mio momento con Dorothy e l'ha ferita, portandole a credere cose non vere.

«Scusa, volevo solo aiutarti.»

«Non ho bisogno di aiuto.» Cazzo! Prendo i fogli dalle sue mani con poca delicatezza e me ne vado, nervoso e arrabbiato. Vorrei raggiungere Dory, sbatterla alla parete e baciarla, assaporarla e dirle che mi piace, dannazione, mi piace da morire, che la desidero, corpo e anima, che è la mia luce, la mia speranza, ma so che ora sarebbe inutile, che è arrabbiata e dovrei lasciarle modo di calmarsi. Così, scarico la mia tensione in palestra e poi me ne torno a casa pronto per passare un lungo fine settimana senza di lei.

8 anni prima

12h prima della diagnosi
H: 21:00

«Ti è piaciuta la cena, mamma?» Le accarezzo il dorso della mano per infonderle tranquillità, so quanto sia agitata per la visita di domani.

«Molto, piccolo mio, grazie.» Le trema la voce e mi sento così impotente, vorrei prendermi io tutto il suo dolore, lei non lo merita.

«Non devi ringraziarmi, lo sai che per te ci sono e ci sarò sempre, vero? Sei mia madre e qualsiasi cosa diranno domani, io mi prenderò cura di te a qualsiasi costo.»

«Oh, tesoro...» Una lacrima le riga il viso e io la scaccio via.

«Mamma, non piangere, ti prego.» Mi si stringe il cuore nel vederla così, perché so quanto si sente in colpa e quanto vorrebbe che tutto questo non sia reale. «Non devi essere triste.»

«Non voglio che ti prendi questa responsabilità, hai la tua vita, sei giovane, devi seguire i tuoi sogni e non stare dietro a me.»

«Ma cosa dici? Tu ti prendi cura di me da quando sono nato e ora è il mio turno.»

«Non devi, non tocca a te.» Sospira e mi guarda dritto negli occhi, specchio inconfondibile dei miei. «Promettimi che se le cose dovessero peggiorare troppo, mi porterai in un centro e mi lascerai lì.»

«Scordatelo», borbotto brusco. «Non ti lascio proprio da nessuna parte, e poi avrò Dana a darmi una mano.»

«Sei testardo», sospira scuotendo la testa.

«Ho preso da te.» Le sorrido e le do un bacio sulla guancia. «Ti voglio bene, mamma.»

«Ti voglio bene anche io, piccolo mio.»

Non so niente di niente, non ho idea di cosa siala vita e di cosa il futuro abbia in serbo per me e per mia madre, ma l'unicacosa di cui sono certo è che per mia madre farò qualsiasi cosa.

Come il cielo sopra di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora