Capitolo 16

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Dorothy

Arrivati a destinazione non riesco a credere a ciò che vedo. Il ristorante è immerso nel verde e una volta raggiunto il piano superiore è possibile osservare la vallata sottostante illuminata da lucine intermittenti che somigliano a lucciole. «Damon, ma qui è bellissimo.»

«Mi fa piacere che ti piaccia.» Mi si avvicina e mi accarezza una spalla. «Ora accomodati, avrai tutta la serata per ammirare il panorama dalla vetrata.»

Sorrido e non riesco a smettere, sono così felice, credo di non sentirmi così da molto, troppo tempo. «Dam, grazie.»

Lui ricambia il mio sguardo e poi si siede di fronte a me, inchiodandomi con i suoi occhi profondi. «Non devi, lo sto facendo perché voglio, perché sei... speciale e te lo meriti.»

«Io... Tu...» Non trovo le parole per esprimere tutto quello che sto provando. Non riesco a spiegare le emozioni che stanno prendendo vita nel mio cuore, nella mia anima. Mi perdo nel suo sguardo e mi sento in pace. Questo ragazzo riesce sempre a stupirmi.

La sua mano si allunga e sfiora il dorso della mia in una carezza dolce e intima. «Sì, lo sei, per me.»

Non so che dire, sento il cuore battere così forte che potrebbe esplodermi nel petto da un momento all'altro. Lui è entrato nella mia vita senza chiedere il permesso e Dio solo sa quanto desideri che ci rimanga. Lui è la mia speranza di rivalsa verso la vita, verso tutto ciò che di brutto mi è successo, la mia occasione per tornare a vivere davvero. Come dice mia madre, merito di essere felice e voglio crederle, per quanto mi risulti difficile.

Restiamo in silenzio, mano nella mano, occhi negli occhi per un tempo infinito, immersi nel nostro modo, quello che giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, speranza dopo speranza, passo dopo passo, errore dopo errore, stiamo provando a costruire insieme.

Mangiamo così tante cose squisite che arrivo a fine cena che il mio stomaco chiede pietà. Mi lascio andare contro lo schienale e porto le mani in grembo. «Dam, era tutto buonissimo.»

«Felice che ti sia piaciuto. Vuoi altro?»
«Oh, no, no, per favore.»

Scoppia a ridere e quel suono fa sorridere anche me. «Allora direi che sia il momento di fare una passeggiata nella vallata.»

Sgrano gli occhi incredula. «Lì sotto?»
«Già, ti va?»
«Assolutamente sì.»

E dopo aver pagato il conto ci immergiamo nel verde di quel posto così magico. Mi sembra di essere nell'ambientazione di un'antica fiaba, accolta dalle fate e dal profumo di erba, dal frusciare delle foglie e la voce del vento che susurra parole di dolcezza.

«Mi sembra un sogno», confesso.
«Hai ragione. La prima volta che sono venuto qui me ne sono innamorato.»
«Credo di esserne innamorata anche io.»
Ridacchiamo. «Non è difficile farlo, è un posto stupendo.»
Raggiungiamo una zona con delle panchine di legno lungo il perimetro. «Ti va di sederci?»

Annuisco e ci accomodiamo su una di quelle, entrambi rimaniamo con lo sguardo all'insù a osservare il cielo pezzato di stelle.

«La prima volta ci sono venuto con mia madre, o meglio, ci sono sempre venuto solo con lei.»
«Oh... Quindi è un posto a cui tieni molto.»
«Sì, avevo dieci anni e per il mio compleanno lei mi ha portato qui. Da allora ci veniamo sempre una volta all'anno.»
«E ora ci hai portato anche me.»

«Voglio dimostrarti che sei importante.» Mi volto nella sua direzione e lo vedo intento a mordersi il labbro. «Mi sto sbilanciando troppo, dannazione.»

«Di cosa hai paura?»
«Di tante cose, Dory...»
Appoggio la testa sulla sua spalla. «Sei molto legato a tua madre?»
«Mh, lei è tutta la mia famiglia e farei qualsiasi cosa per lei.»
«E tuo padre?»

«Non so chi sia, non lo conosco... sono cresciuto solo con mia madre. Lei si è presa cura di me, ha messo da parte la sua vita per crescermi e ha fatto i salti mortali per realizzare i miei sogni. Lei è una donna fantastica e sono grato alla vita per avermi donato una madre così.»

«Sei un bravo ragazzo, Dam, uno d'oro.»
«Non lo so...»
«Credimi.» Gli afferro la mano e gliela stringo. «Grazie per questa settimana.»

«Eh?»

«Sì, insomma, dalla festa ti sei ammorbidito e sono meno confusa. Insomma, stiamo bene insieme.» Insieme? Ho detto insieme? Sento le orecchie e le guance andare a fuoco.

«Lo so, scusa se mi sono comportato da imbecille.»

«Non dirlo, hai le tue ragioni, le tue paure, ma insieme, sì, insieme possiamo farcela, no?» Ora mi sento una bambina alla ricerca di consenso. Dannazione, mi sento proprio una stupida. Alzo lo sguardo alla ricerca del suo e una mano si appoggia sulla mia guancia.

«Sei così genuina...»
«Cosa vuoi dire?»
«Non è un'offesa, anzi, quello che voglio dire è che sei pura e limpida.»

«Non sono così come mi descrivi, anzi, io... Ho commesso degli errori, ho fatto delle cose brutte alle persone che amo.» Dire quelle parole ad alta voce è un po' come auto infliggermi un colpo fatale al cuore. Per quanto mi faccia male ammetterlo, però, è la verità. Una lacrima cerca di farsi largo sul mio viso, ma la scaccio via con un movimento veloce. Non posso sbandierare le mie debolezze ai quattro venti.

«Ti va di parlarne?»
Scuoto la testa e lascio cadere la testa sulla sua spalla. «Ma ho paura.»
«Siamo in due, Dory. Non sei da sola contro i tuoi demoni, ora siamo in due.»

Mi lascio cullare da quelle parole, come si fa con una ninna nanna e resto a godermi quel momento, quella rassicurazione, consapevole che, quando verrà a sapere quello che ho fatto alla mia migliore amica, smetterà di vedermi con gli stessi occhi.

Mi sento una persona orribile, ma ora, accanto a lui, mi sembra tutto più bello, più brillante, più intriso di amore di quanto lo fosse prima del suo arrivo nella mia vita.

2 mesi prima

2h prima della fine
H: 21

«Meraviglioso, stupefacente, perfetto», straparla Maddy per tutto il tragitto fino a casa. «Non credi che sia il miglior film del secolo?»

Rido perché quando si comporta così è davvero buffa. «Diciamo che è stato un bel film.»

«Un bel film!», grida con disappunto e io rido ancora di più. «Dorothy Sanders, segna sul tuo calendario che oggi hai visto il film che sarà più premiato agli Oscar quest'anno.»
«Ok, ok, calma, tigre.»
«Mi stai prendendo in giro?»

«Io?!» Alzo le mani in segno di resa. Lei però mi punta l'indice e assottiglia lo sguardo, brutto segno, brutto segno! «Dai, dai, stavo scherzando.»

«Sarà meglio che tu abbia imparato a correre più veloce, perché...»

Emetto un gridolino e inizio a darmela a gambe levate, di tanto in tanto mi volto e lei è sempre più vicina, è sempre più veloce di me, è nata per l'atletica. Quando me la trovo addosso cado come una pera cotta sul prato di casa mia, ma non faccio in tempo a realizzare le sue intenzioni, che inizia a farmi il solletico e io a dimenarmi come un'ossessa.

«Cos'è, Dory? Cosa stai dicendo? Non capisco», mi prende in giro.
«Ah! Ah! T-Ti p-re-go... Ah! Ah!»
«Mi stai forse pregando di fermarmi?»

«S-Sì!» Rido e scalcio come una matta. Lei blocca il suo assalto e mi fissa.
«Allora, è o non è il miglior film del secolo.»
«Sì, sì, hai ragione tu.»

Lei scoppia in una grossa e rumorosa risata contagiosa e cade di schiena sul prato. «Sei davvero buffa.»

«Tremenda! Tu non puoi capire perché non soffri il solletico.»

Mi fa una linguaccia e poi mi afferra per un polso e mi fa sistemare accanto a lei.

«Per essere Febbraio ci sono tante stelle in cielo.»
«Vero.»
«Non trovi che siano magiche, Dory?»
«Già.»
«A volte mi viene da pensare che al di là delle stelle ci possa essere un posto migliore.»
«Migliore?» Lei non risponde e mi stringe la mano.
Al di là delle stelle ci sarà davvero un posto migliore?

Come il cielo sopra di noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora