Damon
Non posso credere di averla appena invitata a fare una passeggiata, ma non sono riuscito a resisterle. Il suo sguardo triste e affranto mi ha straziato il cuore, in più sapere di essere stato la causa del suo dolore mi ha spinto a cercare di porre rimedio. Non è colpa sua se la mia vita è questa, non è colpa sua se non posso desiderarla come vorrei, non è colpa sua se devo tenerla a distanza. Sono stato un vero stronzo, me la sono presa con lei, quando in realtà l'aggravarsi della malattia di mia madre mi sta distruggendo.
Ho bisogno di questa passeggiata, ho bisogno di un attimo per me e lei sembra capace di rendere magico ogni momento insieme.
Ormai è sera, il sole ha lasciato il posto alla meravigliosa luna piena e alle sue amiche stelle a illuminare il cielo notturno.
Ci incamminiamo lungo la strada che ci porta fino al laghetto del parco cittadino. Tutto ciò che avverto è il suo respiro irregolare e il calore del suo corpo accanto a me ed è la sensazione più bella e confortante che abbia provato negli ultimi anni.
«È una bella serata», la sento sussurrare. Ci fermiamo entrambi a osservare il lago davanti a noi.
«Mh, è...» Mi volto nella sua direzione e ne osservo il profilo così delicato e... perfetto. Lei è bellissima, dolce, angelica. «Stupenda.»A quelle parole anche lei si gira e i nostri sguardi si cercano, si trovano, si legano e improvvisamente mi sembra di tornare a respirare dopo anni di apnea.
Non ci diciamo altro, è tutto così chiaro che fa quasi paura. Vorrei poterle dare quel dannato bacio che bramo dalla prima volta che l'ho vista, vorrei toccare il suo viso, accarezzarle i capelli, stringerla a me e dirle che qualsiasi cosa la tormenti io sono qui per lei, che non la lascerò sola con i suoi demoni. Ma non posso fare tutto questo, anche se lo vorrei tanto.
All'improvviso entrambi avvertiamo il profumo di hotdog e ci voltiamo verso un chioschetto che non abbiamo notato prima. «Hai... Fame?», le domando.
«Un po'.»
«Andiamo.» Le faccio un cenno con il capo e lei mi affianca, pendendomi per mano. Un gesto così intimo e personale, ma la cosa che mi fa più paura è che non desidero che si stacchi o che si allontani, ma, anzi, la stringo ancora di più.Ordiniamo la nostra cena e ci sediamo poi su una panchina per mangiare
«Dio, ma è buonissimo!» Esclama sorridente, dopo aver addentato il suo hotdog, poi immerge una patatine nella maionese e poi nel ketchup e la porta in bocca.
«Che miscugli fai?»
«Guarda che è buonissimo.»
«Se lo dici tu.»Lei assottiglia lo sguardo e mi fa ridere. «Devi assaggiarlo.» Ne prende un'altra e fa la stessa cosa, poi la avvicina alla mia bocca. «Apri la bocca.»
Scuoto la testa.
«Damon!»
«Non la mang...» Ne approfitta e me la infila in bocca. Quel gesto e quel contatto delle mie labbra con i suoi polpastrelli... Dio, sono morto e sono in paradiso? No, questo è l'inferno e lei è la mia tortura personale.
«Allora?» Mi chiede tirando via le dita.
«Sei... Buona.»
«S-Sono?» Le sue guance si tingono di rosso e mi rendo conto solo in quel momento di quello che ho detto. Mi sento un tale cretino, dovrei essere io l'adulto invece mi sto comportando come un ragazzino.«S-Sì, c-cioè...» Merda.
Lei avvicina di nuovo le dita alle mie labbra, socchiudo gli occhi e lascio che migliaia di brividi percorrano il mio corpo, dalla testa ai piedi. Sento il suo sapore sulle mie labbra e il suo calore sempre più vicino. Quando riapro gli occhi il suo naso sfiora il mio e Dio solo sa quanto vorrei sentire il suo sapore direttamente dalla sua bocca, ma... Mi alzo di scatto quando mi rendo conto di quello che lei sta per fare.
«D-Dory...», sussurro in difficoltà.
Leggo la delusione nei suoi occhi e fa male anche a me.
«Hai... Hai la ragazza?»
«No, no, io... Non ho nessuno.»
«Non ti piaccio, allora?» Anche lei si alza, ma lascia qualche passo a separarci.
«Non è questo, credimi, Dory... Tu sei... Sei bellissima.»
«Allora cos'è? Perché ti allontani sempre?» Mi torturo le dita delle mani e non so che dire, perché non posso mostrarle le mie fottutissime paure. Non posso lasciare che entri tra le crepe della mia esistenza. «È perché sono piccola?», domanda con voce tremante. Resto ancora in silenzio, mi sento un grandissimo coglione e anche uno stronzo di prima categoria. Alla luce del lampione che ci sovrasta riesco a vedere i suoi occhi lucidi di lacrime. «Oh...», mormora e poi la vedo correre via, lontano da me e con sé porta via tutte le meravigliose sensazioni provate. E per quanto voglia continuare a ripetere a me stessa che lei non significa niente, la verità è che lei è l'unica che riesce a farmi provare qualcosa.Perdonami, Dory, ma non posso, non voglio tirarti dentro un tunnel fatto di ricordi persi e momenti di oscurità. Meriti leggerezza, meriti di ridere, divertirti, rimanere giovane più a lungo possibile.
8 anni prima
15h prima della diagnosi
H: 18.00Gli allenamenti mi hanno sempre aiutato, ma in questo momento anche tirare pugni alla sacca non serve a niente, perché la mia testa è altrove, è da mia madre, è da quella dannata malattia. Ho fatto tantissime ricerche e so che non guarirà, non esiste una cura, esistono solo fottute e stupide terapie per aiutarla a peggiorare più lentamente. Prima o poi dimenticherà ogni cosa, si dimenticherà di me, di quanto mi ama e di quanto io le voglia bene, si dimenticherà tutte le cose belle che abbiamo fatto insieme, si dimenticherà tutto quello che ha fatto per me e che io sto facendo e farò per lei, si dimenticherà i nostri sorrisi, si dimenticherà anche i nostri momenti difficili. Odio questa dannata malattia. La odio con tutto il cuore.
«Ti odio, ti odio, ti odio!», urlo continuando a dare pugni a quella sacca. «Ti-odio-con-tutto-il-cuore.» Le lacrime non tardano a fare capolino sul mio viso. «Ti odio! Vattene!» Grido e in quel momento avverto due braccia afferrarmi per la vita e stringermi. «Lasciami, la odio, la odio.» Il mio cuore sta esplodendo dalla rabbia e dalla disperazione. Il mio mondo sta crollando, pezzo dopo pezzo, insieme ai ricordi di mia madre.
«Calmati, Dam, respira», mi sussurra Josh. Non gli rispondo e mi accascio contro il suo petto in preda a un pianto ricco di dolore. Ci sediamo entrambi per terra e mi lascio andare tra le sue braccia. Ho bisogno di piangere, ho bisogno di sentirmi umano perché non sono un fottuto supereroe e mai lo sarò. Il dolore che sto provando in questo momento è assurdo e inspiegabile, vorrei strapparmi i capelli dalla testa, vorrei prendere a pugni la parete e sentire le nocche rompersi, vorrei provare un dolore diverso da questo; perché sapere mia madre star male mi sta distruggendo ora dopo ora.
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Come il cielo sopra di noi
RomanceDamon è un ragazzo che sembra aver perso ogni speranza nel futuro, fa l'allenatore di pugilato, ma un tempo i suoi sogni erano altri. Quando si ritrova ad allenare Dorothy, una ragazza che sembra essere stata spezzata da qualcosa o da qualcuno, tutt...