Ti dó tre giorni

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- Pumpkin

Stavo correndo nel bosco con il mio mantello rosso vivo, la maschera da zucca calata sul viso. Gli stivali neri e alti fino al ginocchio picchiettavano sul terreno erboso attraverso tacchi bassi ma appuntiti. Sotto le chiome degli alberi si vedeva poco. Quando era notte peró, il buio peggiorava ancora di piú; diventava oscuro e maligno. E con maligno intendevo veramente maligno. Potevi trovarti uno SkinWalker o il Wendigo davanti, e non te ne accorgevi minimamente. E soprattutto, ora che correvo come un Naruto sotto steroidi non credo che sentivo altro che il mio fiato affannato e i passi pesanti sul terreno. Da lontano vidi la recinzione bianca e mi allontanai; luogo maledetto quello. Kayl mi ha detto che non dovrei avvicinarmi troppo, soprattutto io che sono molto giovane. Anche se sono stata insieme a Corvo nella casa di legno per qualche giorno e ho coltivato anche io le piante aliene, senza dormire né mangiare, bere solo qualche volta. Meno male che la parte peggiore dell'incubo era finita. Forse...
Il cielo caldo del tramonto infinito si stagliava sopra di me. Qualche nuvola grigia chiara faceva parte della composizione, ma il resto era una sfumatura continua tra rosa, arancione e giallo. Ma il sole rosso non c'era. Era da anni che avrei voluto vedere di nuovo il sole e la luna.
Sterzai saltando e atterrando con i talloni, scavando nella terra e lasciando due solchi con gli stivali. Guardai verso il recinto chiaro. Erano voci quelle?
Mi avvicinai lentamente, le mani sotto il mantello, le ginocchia piegate, la schiena china. Mi nascosi dietro un cespuglio sano e ricco di foglie, il piú vicino alla Fattoria.
Facendo piú silenzio possibile mi affacciai a uno dei lati della pianta, e vidi oltre il Recinto. Vidi... Un ragazzo.
Aveva il mantello azzurro invece che rosso come il mio, e maglia e pantaloni erano bianchi. La faccia era coperta dalla zucca. Era abbastanza alto, credo che superasse il metro e novanta. Le braccia e le gambe erano una bomba di muscoli. Arrossí un poco. Le spalle erano larghe, e la vita non era troppo stretta.
Stava parlando con... Corvo. Te pareva. Giá prima avevo riconosciuto la sua voce attraente e  lievemente rauca come quella di un corvo comune. Era sulla sua struttura di rami e stava parlando al ragazzo. Quando vidi l'uomo iniziare a coltivare i semi della Prima, realizzai. Era un altro. Un altro che era stato scelto. Merda.
Spiai un altro po', mentre la voce di Corvo continuava a uscire dal suo becco, cosí affascinante e animalesca. Il ragazzo intanto continuava a coltivare, mentre prendeva l'acqua dal pozzo con il secchio e bagnava i germogli, meravigliandosi di quando crescessero in fretta. Ogni venti secondi la pianta continuava a crescere, seguivano quattro stadi; il primo, il seme si piantava e cominciava a nascere lo stelo, alto un pollice. Il secondo, il germoglio annaffiato cresceva fino a formare tre foglie piccole. Il terzo, il germoglio (ovviamente annaffiato) cresceva fino a diventare uno stelo con foglie grandi dalle curve dolci, cui numero variava da quindici a venti. Il quarto e ultimo stadio, concluso con l'ultima bagnata, la pianta cominciava a fare i frutti; un cono di bacche rosse dai riflessi rosei posto sull'ultimo tratto dello stelo, tra qualche foglia. E quando si prendeva il cono di bacche, la pianta scoppiava in tanti piccoli coriandoli secchi.
Quando il ragazzo stava testando il potere della lampada ad olio portatile, lo sentii. Appena udii i violini me ne fregai del silenzio e me la svignai via senza rimpianto.
Arrivai alla base, dove c'era solo Kayl che fumava una sigaretta sulla poltrona.
"Hey, come è andata?" Mi disse togliendo la parte bruciata della sigaretta.
"Bene. Ho visto qualcuno nella Fattoria."
Sul suo viso la sua espressione seria si indurí di curiositá e di pensieri. "Chi?"
"Era una ragazzo alto e portava un mantello azzurro. Corvo gli stava parlando."
"Stava piantando qualcosa?"
"La Prima."
"Sei andata via quando hai sentito i violini?"
"Sí."
Fece un tiro profondo con un sospiro rozzo e rumoroso e sbuffó fuori il fumo dalle narici. "Sai cosa dobbiamo fare."
"Sí, ma come facciamo?"
"Di solito di queste cose se ne occupa Abdul, ma stavolta il compito lo devo dare a te." Disse guardandomi.
"A me? Kayl, non sono capace-"
"Devi provarci. Abdul sta avendo un attacco di emicrania da giorni e di te mi fido. So che hai le capacitá di farlo. Ti dó tre giorni. Se entro questi giorni non c'è la fai, ti aiuto io."
"Grazie Kayl."

Panic Island: Escape or Die [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora