Cominciai a capire veramente il senso del gioco: coltivare e scappare dai mostri. Con le monete potevi aumentare la portata del secchio, del pozzo, comprare i semi per gli altri quattro orti (insieme alle chiavi dei cancelli chiusi), potevi acquistare nuovi stivali e olio per la lampada. Bastava che poggiavi le monete sulla scrivania grigia nella casetta di legno e ti compariva l'oggetto che desideravi.
Avevo anche capito quando arrivava l'ombra; sempre dopo che le tre candele si spegnevano. Poi quando uscivi dopo qualche minuto le candele si riaccendevano e l'ombra non c'era piú. Il mostro senza pelle invece non si era piú fatto vedere.
Avevo coltivato sbloccando un orto dei quattro chiusi a chiave. La pianta era un cavolo viola che tendeva al blu. I semi costavano quattro monete.
Era ormai da due ore che coltivavo, ed era scesa la notte, un buio pesto illuminato solo da piccole stelle. La luna non c'era. Non avrei potuto andare a dormire se c'era l'ombra. Non bevevo e non mangiavo da un po'.
Avevo appena bevuto dal secchio qualche sorso d'acqua, che sentii una nuova melodia. Era tintinnante e bambinesca. Ebbi un deja-vú. Avevo giá sentito questa canzone, ma dove...
Alla fine lo riconobbi. Un carrion.
La melodia che mi aveva accompagnato nel sonno dell'appartamento decadente a New York, che copriva le urla dei miei genitori che litigavano. Quando ero piccolo, avevo infatti preso da un cestino un carrion. All'inizio non sapevo cosa fosse, e tornando a casa lo avevo scoperto. Aprendolo, aveva emesso una canzone serena e rilassante. L'oggetto non era in buone condizioni, la scatola viola era sbiadita e la testa del pegaso che girava era stata mozzata. Per questo il carrion era stato buttato.
Mi aveva salvato in cosí tante brutte situazioni.
Ora che ci faceva lí un carrion in mezzo a una piccola fattoria in un bosco dimenticato?
Preso dalla nostalgia e da un briciolo di curiositá, mi inoltrai con la lampada accesa verso la canzonetta. Passai davanti alla finestra alla sinistra della porta, e c'era un biglietto attaccato sul vetro. Diceva: "Segui la canzone" e c'era disegnato affianco un palloncino in 3D in bianco e nero. La carta era appiccicata al vetro con un pezzo di scotch.
Come fa ad esserci carta e scotch in questo luogo? E poi il messaggio è scritto con la grafite... Non ci sará mica anche una matita.
Il carrion era piú vicino quando ripresi a camminare. Lo trovai tra i due orti, quello dei cavoli viola e quello ancora chiuso a chiave.
Un clown.
Aveva un sorriso felice e teatrale sul volto truccato e pallido. Gli occhi erano due rombi affusolati. Il vestito era bianco, ma dominava il rosso, soprattutto sulle gambe e sulle maniche, che sfumava come se fosse sangue. Il colletto sfarzoso porpora somigliava ai resti di una matita temperata dalle curve tonde. Era molto alto (piú di due metri) e continuava a muoversi agitato dall'ilaritá sui piedi a punta. Aveva i capelli piatti e ricci, color rame, e portava sul capo un cappello conico rosso simile a quello che si porta ai compleanni dei bambini. Teneva nella mano destra senza unghie ma con le dita a punta un palloncino rosso fuoco, che si abbinava al suo personaggio.
Appena mi vide il suo sorriso si allungó ancora di piú sulle guance, e agitó il palloncino, come a invitarmi ad avvicinarmi. Mi guardai intorno. Non sentivo il mostro senza pelle avvicinarsi. Camminai deciso verso di lui, studiando come scappare se fosse stata una trappola. Se c'erano altre creature demoniache, era meglio che le capivo al piú presto per essere preparato a un attacco. Avevo giá capito quando l'ombra compariva, e quando il mostro senza pelle arrivava; ma questo clown non lo conoscevo. Arrivai a un metro da lui. Se mi avrebbe voluto prendere, sarei scartato di lato verso l'orto piú piccolo, il primo dove ho coltivato con le indicazioni del corvo, e avrei scavalcato fino ad arrivare alla casa di legno.
Arrivai alle sue punte. Da vicino era ancora piú alto, ma le spalle erano piú piccole delle mie. Con la mano appuntita mi porse il palloncino fluttuante. Lo presi, e la melodia del carrion si arrestó. Restai pronto a scappare, ma il clown non fece nulla. Feci un passo indietro, e lui continuó a guardarmi sorridendo senza muovere un dito. Ne feci altri due. Lui non si mosse. Mi voltai e corsi fino al fondo del prato, ma il clown non si mosse. Alla fine andai via, guardandomi le spalle, ma del clown e della canzone del carrion non ce n'era traccia.
Continuai a coltivare, mentre la luce fioca della lampada ad olio mi permetteva di vedere nel buio pesto e il palloncino rifletteva la luminosità sulla superficie satinata.
Dopo qualche minuto, sentii di nuovo il carrion, ma veniva dal fondo del prato. Mi incamminai deciso, e lo trovai all'angolo sinistro. Ma era cambiato. Dove prima c'era il sorriso, ora c'era una linea all'ingiú. Dove prima c'era il rosso, ora c'era il blu. Non si agitava piú sul posto con giulivitá, ma come se avesse ansia e fosse spaventato. Quando mi vide feci un passo indietro, ma lui non si mosse e il carrion continuava a suonare la sua canzoncina. Sempre sull'attenti, mi avvicinai al pagliaccio triste. Quando fui vicino a lui, non sapevo cosa fare. Mi dava un po' di pietá. Aveva paura, tremava un poco. E la paura puó fare brutti scherzi, tipo fare diventare le persone aggressive. E soprattutto per una creatura che probabilmente non si avvicinava minimamente al mondo umano, l'istinto di attaccare sarebbe stato maggiore.
Feci la cosa che mi venne piú istintiva; gli porsi il palloncino rosso. Lui guardó prima l'oggetto, poi me. Dopo di che lo prese, e leggero come una piume, fece un salto. Il palloncino voló verso il cielo, e il clown triste rimase attaccato, lasciandosi trasportare dal rosso vivace e dal canto del carrion verso il cielo nero.
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Panic Island: Escape or Die [IN REVISIONE]
Mistero / ThrillerJason Dwight è un ragazzo d'origine statunitense che vive a Oslo, scappato da una famiglia tossica. Dopo la morte dell'amico Daven avvenuta letteralmente davanti ai suoi occhi, Jas decide di fare una vacanza per riprendersi dallo shock. Ma nella pic...