- Lily Murray
Era tutto nero. Piú buio del vuoto, piú oscuro della notte. Non sentivo niente, non percepivo niente. Solo un fischio fastidioso costante nelle orecchie. Ero stordita, ma non riuscivo a capirlo. Il suono si fece sempre piú forte, fino a rimbombarmi in testa. Quando fu abbastanza trovai la forza di svegliarmi.
Attorno a me non c'era niente, perché non vedevo. Avevo un sacco in testa, forse di juta, e le mani erano legate con delle corde a un palo dietro di me. Ero seduta e sentivo l'acciaio battere contro la maglietta. Non portavo piú il mantello.
Ritornai ai flashback di molto tempo prima. Ero con Gabriel a fare da vedetta se arrivava The Raven. Poi eravamo stati messi in allerta dal nostro istinto. Ci sentivamo osservati. Poco dopo non avevamo nemmeno fatto in tempo ad accorgermi e urlare, che uno straccio umido mi era stato legato sulla bocca e sul naso. Erano passati pochissimi secondi, ed ero svenuta.
Dalle fibre castane scorgevo solo un po' di luce gialla e fioca, ma nient'altro.
"C'è qualcuno?" Chiesi, sentendo la voce assorbita dal sacco.
L'avevo chiesto anche quando ero stata rapita a Francoforte dalla mafia. Non era stata una buona idea, ma nemmeno pessima.
Dopo qualche secondo m'incazzai seriamente.
"Fanculo! Adesso voi stronzi vigliacchi vi fate sentire fuori, o vi prendo a cazzotti!"
"Stai calma ragazzina." Mi rispose seria una voce femminile adulta.
"Non chiamarmi cosí! Chiunque tu sia!"
"Io do soprannomi a chi voglio." Disse senza un'emozione. "Aron, toglile il sacco."
Una mano afferró con rozzezza il sacco di juta e me lo tolse, ma senza farmi male.
L'ambiente in cui mi trovavo era piacevolmente caldo, ma il pavimento in pietra era scomodo. Le pareti erano anch'esse in pietra liscia e levigata, cosí tanto che ne risaltava i riflessi chiari. Il palo a cui ero legata era in acciaio scuro al centro della stanza quadrata, e davanti a me, a qualche buon metro di distanza, si trovava una donna, seduta su una scatola di legno in modo scomposto.
Aveva i capelli biondi e illuminati dalla lampada ad olio appesa al soffitto risultavano dorati. Li aveva lunghi fino alla vita e piegati in onde delicate e morbide. Era alta, ma aveva le spalle piccole e il bacino stretto, per non parlare dei fianchi pelle e ossa. Indossava una maglia aderente bianca sbracciata, dei pantaloni della tuta azzurro pastello e degli stivali simili ai miei sopra i pantaloni.
Il suo volto era nascosto da una maschera dall'aria esotica, antica e vagamente barocca. Era fatta d'argento lucidissimo e puro. Gli occhi non erano semplici buchi, ma coperti da delle striscie sottilissime che sembravano grate, cosí non si vedevano gli occhi. La maschera somigliava al volto di un corvo, ma non aveva molta profonditá. Il becco era in basso, fin'oltre il mento, e le piume della testa si estendevano piatte oltre la fronte, in alto.
"Dimmi, tu sei della Panic Island?"
"Dovrei rispondere alla tipa mascherata che mi ha rapita?" Risposi aspra.
Il tizio di nome Aron si sedette di fianco a lei, ma sul pavimento. Aveva anche lui la pelle chiara e i capelli biondo-dorato e lisci, ma erano corti. Le sue spalle erano giganti, forse piú di quelle di Abdul o Jason, e portava una camicia bianca e dei jeans neri a palazzo. Anche lui aveva una maschera a forma di volto di corvo barocco, sempre d'argento.
Si era seduto con le gambe incrociate e oscillava leggermente le ginocchia come un bambino.
La donna tiró fuori una pistola e si alzó, camminando verso di me.
Aspetta.. ha una pistola?!
"Non voglio minacciarti, ma se devo farlo lo faró." Appoggió la canna fredda dell'arma sulla mia tempia. "Tu sei della Panic Island?"
Risponderó solo alle domande piú ovvie.
"Sí."
"Ci sono altre persone oltre a te e l'altro, vero?"
"Non ti rispondo."
Premette la canna, facendomi rabbrividire. "Rispondi."
"Mai."
Mise un dito sul grilletto.
"Sei una fedele alla tua causa, eh?"
Non risposi.
"Siete una resistenza contro The Raven?" Chiese.
Non risposi.
Ritiró la pistola. "Chi tace vuole proteggere qualcuno. Ho avuto le mie risposte."
"E tu come lo sai?" Ringhiai.
"Esperienza." Rispose secca, mentre faceva un segno con la testa ad Aron.
Lui uscii da una porta alla mia destra, cosí liscia che si confondeva con la porta.
La bionda si risedette sul barile, ritirando fuori dal fodero la pistola e giocandoci facendola roteare, mentre mi guardava.
Dopo qualche minuto l'uomo arrivó con un vassoio di metallo lucido e riflettente, contenente una pagnotta, qualche fetta di formaggio e salame e un bicchiere d'acqua alto.
Si sedette con le ginocchia di fianco a me, in modo che la donna potesse sempre studiarmi.
Notando che aveva messo dei guanti neri in lattice, spezzó il pane e avvolse due fette di formaggio e salame sul pezzo. Pressó il boccone sulla mia bocca, ma non l'aprii.
Lui guardó la donna, senza ricevere una risposta.
Prese il bicchiere, ma rifiutai di bere.
Ancora una volta Aron guardó la donna, ma lei gli fece segno di andare.
L'uomo se ne andó composto con il vassoio, mentre la donna restava seduta.
Passarono lunghi minuti, e noi ci guardavamo.
Io ribelle e testarda.
Lei autoritaria e competitiva.
La porta si riaprí, e sulla soglia comparve un nuovo personaggio.
Era un ragazzo di altezza media dalla pelle mulatta scura, con sempre una maschera da volto di corvo.
"Ash, l'hanno accesa." Disse semplicemente.
Lei si alzó e fece un cenno al ragazzo di andare. Mi rimise il sacco di juta in testa, e si avvicinó al mio orecchio.
"Non vogliamo farvi del male, ma verrai con noi." Sussurró infine.
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Panic Island: Escape or Die [IN REVISIONE]
Mystery / ThrillerJason Dwight è un ragazzo d'origine statunitense che vive a Oslo, scappato da una famiglia tossica. Dopo la morte dell'amico Daven avvenuta letteralmente davanti ai suoi occhi, Jas decide di fare una vacanza per riprendersi dallo shock. Ma nella pic...