Non riuscivo piú a resistere. Ero dentro questo inferno confuso da quattro giorni, se si possono chiamare tali. Erano stati come scalare l'Everest senza ossigeno. Ora era la fase del 'tramonto'. Il cervo continuava a seguirmi. Il mostro senza pelle continuava ad arrivare sempre piú frequentemente. Il clown compariva sempre nei luoghi piú lontani dai miei posti attuali, ma sempre nel recinto. L'ombra cominciava a nascere anticipando sempre il minuto. Il mostro del pozzo sorrideva sempre piú spesso. La fame era diventata mia nemica. Il sonno una tortura.
Stavo morendo d'attenzione e di tensione. Dovevo sempre stare attento. Ai rumori, alle presenze, alle ombre. Non riuscivo piú a mantenermi completamente vigile. Stavo crollando sempre di piú. Sembrava che avessi passato settimane in quel posto. Il tempo sembrava sempre restringersi. Non perchè di anticipava, ma perchè ero sempre piú stanco. Ero stanco di tenere il mantello, ero stanco di tenere la maschera, ero stanco di togliere e rimettere gli stivali. Non ce la facevo piú.
Stavo andando a riempire il secchio nel pozzo. La luce del cielo arancio era come un'afa insopportabile. Il cappuccio era pesante come le palpebre. Le gambe erano tremanti dagli scatti e dalle corse. Avevo coltivato, coltivato, coltivato... Cos'altro potevo fare?
Calai il secchio e mi appoggiai alla pietra. Le ginocchia mi facevano male. I talloni si stavano facendo duri. Dietro di me il cervo camminava, irradiando uno sguardo vivace. Lui non si era stancato. No. Si stava divertendo.
Non riuscii a tirare fuori il secchio. Mollai la presa e per quasi un pelo non caddi nel pozzo. Riprovai a prendere la corda, ma mi scappava di mano. Riprovai per altre svariate volte, sempre piú disperato e impanicato. Quando presi una pausa ansimando sul bordo del pozzo sentii una lieve pressione sul braccio destro. Mi girai lentamente a controllare; il cervo era vicinissimo a me, insieme ai occhi color nocciola vividi e al suo manto splendente. Con il naso umido stava toccando il braccio, come per attirare la mia attenzione. Poi, guardandomi, tiró indietro la testa. I nostri sguardi restarono allacciati per vari secondi; i suoi innocenti e vagamente dolci, i miei stanchi e spaventati. Si riavvicinó nuovamente, ritoccando con la punta del muso il braccio, per poi indietreggiare di un passetto e riguardarmi. Dopo qualche secondo il cervo si laceró in due parti. Non riuscii a seguire la trasformazione, ma il risultato fu chiaro: era una creatura che si avvicinava ai tre metri, con il teschio da cervo e i palchi alti. Era alzato su due zoccoli, e si era tolto la pelliccia. Aveva attaccato allo scheletro ingigantito solo pezzi di muscolo e varie fasce di pelo.
Lo scheletro-cervo emise un bramito. Profondo, terrificante e feroce. Mi mossi di lato, alzandomi a fatica e cominciando a correre verso il molo. Lui appena se ne accorse mi seguí. Era veloce come un ghepardo, e con due passi faceva tre dei miei. Scartai di lato verso destra, attraversando la striscia che divideva gli orti alla recinzione. Lo sentii vicino. Le mie forze stavano calando, ma una nuova sensazione stava nascendo dentro di me. Era come un fuoco acceso, una fiamma che cresceva in un incendio. Un incendio di panico per il fallimento, un incendio di paura per la morte. Un incendio di due sole parole: scappa o muori. L'incendio dell'istinto di sopravvivenza.
In vita mia non mi ero mai sentito cosí vivo e spaventato, come se mi fossi trasformato in una lepre inseguita da un lupo.
Continuai a correre. La porta della casa era vicina. Mi facevano male le ginocchia, avevo le vesciche alle caviglie. Ero a tre o quattro metri dalla segheria. C'è l'avrei fatta...
Inciampai... Che idiota.
Volevo rialzarmi, ma i piedi duri sanguinavano, le gambe erano a pezzi, la mente era sfinita, i nervi erano stanchi di essere tesi, la fame mordeva e il sonno voleva portarmi del suo dolce regno.
L'erba è morbida. Molto morbida. Che pace. Non ho nulla a cui pensare. Che bello. Che meraviglia.
Qualcosa mi prese. Non riuscii a vederla. Mi aveva preso dal petto e dal retro del ginocchio, e mi aveva caricato sulle spalle minute. Sentivo il cervo mutante che lanciava un altro bramito mentre inseguiva la figura che mi trasportava. Fui certo di una sola cosa: lui o lei, chiunque fosse, apparteneva alla specie umana.
La figura arrivó all'altro lato del prato, per poi saltare la recinzione e continuare a correre. Il mostro ci inseguiva ancora, ma per qualche strano motivo fece fatica a scavalcare il recinto.
Il tempo fu sufficiente alla figura di allontanarsi abbastanza per seminarlo. Sentii un bramito lontano: era incazzato, non c'era altro modo per descriverlo.
Ma non sentii piú i suoi zoccoli pesanti, solo gli stivali della figura, che continuavano a toccare il terreno. Ansimava come una ragazza. Probabilmente era una donna. Era stanca, e percepii le sue gambe tremare, ma continuó a correre, invincibile.
Quando aprii gli occhi vidi solo un cappuccio rosso calato su un volto coperto da una maschera di zucca, poi sprofondai nel sonno.
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Panic Island: Escape or Die [IN REVISIONE]
Misterio / SuspensoJason Dwight è un ragazzo d'origine statunitense che vive a Oslo, scappato da una famiglia tossica. Dopo la morte dell'amico Daven avvenuta letteralmente davanti ai suoi occhi, Jas decide di fare una vacanza per riprendersi dallo shock. Ma nella pic...