La casetta di legno e il corvo parlante

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Il nero assoluto mi avvolgeva come un telo morbido e vuoto. Era la prima volta che nel sonno riuscivo a capire che stavo proprio dormendo. Riuscivo a sentire il mio respiro, il mio battito del cuore.
Ero in trance. Mi sembrava infinita, rilassante e silenziosa. Avrei voluto stare lí per sempre. Non provavo fame, sete, stanchezza. Non provavo emozioni se non un grandissimo senso di sollievo.
Forse sono morto.
Nel silenzio sentii una voce; profonda, frustrata e leggermente gracchiante; era limpida come una sorgente di montagna, seducente, come se qualsiasi cosa mi avesse detto avrei dovuto obbedire, non potendo dire di no a una voce cosí.
Dopo qualche secondo mi svegliai dalla trance e dal vuoto nero. Mi ritrovai su un letto comodo, con la testa posata su un cuscino bianco candido e delle coperte rosse pesanti che mi coprivano fino a metá petto. Lo sguardo era in alto, rivolto al soffitto; alto e formato da travi di legno. Alla mia destra era innalzata una parete di legno come il soffitto; alla mia sinistra, lontano solo due o tre passi dal letto, un corvo di grandi dimensioni dalle piume piú nere dell'inchiostro e dagli occhi verde scuro mi parlava.
"Sei ancora nel letto? Svegliati, dobbiamo andare a coltivare!" Disse prepotente,
anche se la sua voce affascinante non sarebbe stata facile prenderla sul serio.
"Coltivare?" Domandai, alzando la schiena.
"Esatto scemo." rispose, e con questo spinse da sotto un'ala nera un sacchetto di canapa, contenente probabilmente dei semi.
"Prendi questi e vieni. Ti aspetto fuori." e con questo si alzó in volo con le ali eleganti e lucide, facendo una curva stretta e dirigendosi verso la porta. Quando fu vicino, lei si aprii in automatico; si chiuse solo quando lui fu dall'altra parte.
Ma che-
Era tutto troppo strano. Chi era quel corvo? Era veramente un corvo? Dov'ero? E perchè ero qui?
Osservai l'ambiente. Mi trovavo in una casetta costruita completamente con travi di legno, questo l'avevo capito, ed molto piccola e dalla forma rettangolare. Il letto in cui sedevo era attaccato al lato corto destro del rettangolo, insieme a un armadio grande e dallo stile classico ai piedi, appoggiato di schiena al muro. Di fianco a me, vicino a dove il corvo parlante poco prima era prima di prendere il volo, c'era un tavolino (di legno) a mo di comodino che sosteneva un candelabro a tre bracci. Le candele giallastre erano accese.
Affianco al 'comodino' era appeso un quadro che raffigurava un campo di papaveri sparsi, dove dietro si estendeva una barriera di gigli bianchi e poi una foresta fitta su un cielo azzurro.
Vicino all'angolo del muro, c'era una scrivania di metallo lucido, con attrezzi vari come un martello, tre chiavi inglesi, una forbice robusta e una sega a mano.
L'angolo invece era occupato da una strana pianta in un vaso in terracotta. Il vivente aveva un'aria particolarmente esotica, con le foglie senza seghettatura e molto grandi. Era alta circa la metá della mia altezza. Il secondo e ultimo lato corto era occupato da un camino di pietra veramente grande e alto, ma anche meravigliosamente moderno; dentro ardeva un fuoco vivo e rosso, tenuto a bada da delle strisce d'acciaio a mo di gabbia nell'apertura.
Il lato lungo della porta non aveva mobili, solo due finestre piccole e distanti dalla porta al centro. Erano in vetro pulito e si vedevano delle tende rosse ai lati, ma erano all'esterno.
Studiando la casa mi ritrovai in piedi al centro del rettangolo, su un tappeto rosso e rotondo. Mi voltai verso il letto e mi ricordai fagotto di canapa. Lo presi e aprendo la porta uscii dalla casa.
L'esterno era in stile semplice, leggermente inquietante, e il tetto era a due falde con tegole a goccia grigie-brune.
Davanti a me vidi della ghiaia povera e sparsa simile a un sentiero che durava cinque o sei passi, per poi sparire. Tre metri piú avanti vidi una recinzione bianca circondare un appezzamento di terra senza erba. Mi avvicinai. Il recinto copriva solo due quarti del rettangolino d'orto. Era piccolissimo (tipo cinque metri per tre) e la terra era fine e senza sassi o grumi. Vicino ai paletti crescevano erbacce scure, e dove il recinto era assente c'erano sassi che confinavano l'orto al prato erboso. Fu davanti al lato lungo in sassi che vidi il corvo bello e fiero, che mi aspetta con un'espressione impaziente ed egocentrica.
"Finalmente. Hai i semi?" Chiese.
In risposta alzai la mano che teneva il sacchetto di canapa. Solo dopo mi accorsi di avere un mantello celeste che strisciava sul dorso della mano.
Come risposta alla mia espressione confusa, il corvo voló è mi prese una spalla, continuando a volare verso una finestra della casetta di legno, mentre io tenevo il suo passo.
Quando fui davanti al vetro lui si posó a terra, cominciando a lasciarsi le piume col becco.
Quello che mi trovai davanti non ero io.
Avevo un cappuccio azzurro calato sulla nuca, che si estendeva in un mantello sulle spalle, lungo fino al bacino. Sotto indossavo una maglia sbracciata color panna caldo, insieme a dei pantaloncini arrotolati fino al ginocchio del medesimo colore. Portavo stivali neri alti fino alle caviglie e dallo stile bambinesco.
Ma ció che era piú cupo era la maschera che portavo: era fatta di zucca, di un arancio particolarmente vivo. Aveva solo due buchi tondi per gli occhi, e la bocca era tratteggiata da uno smile felice e grottesco.
"Cosa mi hai fatto?" Chiesi, in tono piú serio che aggressivo.
"Niente. Ti ho dato solo abiti migliori. Forza, seguimi."
Mentre rivolava dove prima era appollaiato, su un piccolo ramo sostenuto da un altro piú robusto, mi gridó un "Sbrigati".
Quando arrivai al sostegno di rami dove poggiava l'animale, inizió a darmi indicazioni sulla coltivazione.

Panic Island: Escape or Die [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora