Kayl Anagami

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L'inglese della donna aveva un accento asiatico, forse giapponese. Nell'ombra della porta vedevo solo la sua figura, alta circa quanto me, le spalle piccole ma le braccia muscolose. La vita era molto stretta, ma le gambe erano anch'esse un fascio di muscoli.
"Ma guarda chi è arrivata." Commentó Lily con un ghigno divertito.
La donna chiuse la porta, rivelando il suo aspetto alla luce di una lampada ad olio attaccata al soffitto di terra battuta.
Il suo volto aveva tratti asiatici, gli occhi avevano la forma di una mandorla, neri e profondi come la pece. Gli zigomi erano alti, la pelle chiara e leggermente giallognola. Il naso era piccolo, le labbra strette. Una cicatrice attraversava il suo volto dal sopracciglio sinistro allo zigomo destro, passando o obliqua per il setto nasale. I capelli erano corvini, ondulati e corti. Non sfioravano le spalle. Le orecchie erano costernate di piercing e orecchini particolari. Indossava una maglia aderente grigia, con le maniche lunghe fino al gomito, e dei pantaloni della tuta blu che le arrivavano fino alle caviglie, tenendoli a vita alta. Portava degli scarponi grigi come la maglia e con lineamenti e stringhe bruno-neri. Vestiva una cintura di cuoio bruna e dei guanti neri senza dita con l'aggiunta di tira-pugni bianco. Era una persona che irradiava un'aura seria e rispettabile, ma anche pericolosa.
Proseguí verso di noi con passo deciso e raffinato, con occhi fissi su di me, ignorando il commento di Lily.
"Tu. Dovresti essere il nuovo malcapitato di Corvo." Inizió indicandomi con un cenno del mento.
"Se intendi il corvo parlante, so di che parli. Ma in che senso malcapitato?"
"Mi chiamo Kayl Anagami. Sono la leader delle persone che sono riuscite a scappare dalla morte fino ad adesso e che vivono in questa tana." Appoggió le mani sul materasso e mettendo le spalle in avanti, come per intimidirmi.
Ha ignorato la mia domanda...
"Tu chi sei?"
"Mi chiamo Jason Dwight." Risposi.
Alzó la testa, mostrando il collo piccolo e lungo. "Sei stato portato qui per salvarti dalle grinfie di Corvo, l'uccello parlante che ti ha insegnato a mantenere le piante della Fattoria. Lui non è un animale gentile. Ció che vuole è metterci alla prova."
"Per cosa?"
"Ancora non lo sappiamo. Ma ci mette alla prova con la morte. Lily ti ha salvato prima che il Wendigo, il cervo che ha mutato dopo che ti ha toccato, ti uccidesse. Eri in pessime condizioni, come tutti all'inizio. Hai dormito per quattro giorni di fila." Mi informó. "Ma ti spiegherò i dettagli dopo. Prima ti faccio conoscere la banda. Seguimi." Tolse le mani dal materasso e piegó indice e medio della mano sinistra per due volte, come un invito ad alzarmi.
"Scusa, Kayl, ma si è svegliato da.. dieci minuti? Non puoi lasciarlo un attimo in pace?" Chiese Lily infastidita.
"Hai ragione, ma si potrá riposare quanto vuole dopo. Fará solo qualche sforzo per conoscere i compagni ed eventualmente nutrirsi e idratarsi. Non sará mica uno strazio." Rispose Kayl, in modo un po' severo, ma facendo capire che non era nulla di pesante e voleva farlo per il mio bene.
Mi alzai dal materasso e barcollai leggermente, ma ripresi subito l'equilibrio. Non avevo vesciche ne calli, ed era un sollievo. Il pavimento di sasso era stranamente caldo. Lily si alzó per aiutarmi, ma le feci cenno che andava tutto bene. Kayl mi aspettava alla porta.
Quando sfiorai con i capelli la lampada ad olio sul soffitto studiai la camera in cui ero. Molto piccola, ma non stretta. Aveva le pareti in terra battuta e sasso. Il letto era tra tre mura, e vicino c'era la sedia. Dall'altro lato della parete c'era una cassettiera in legno, con qualche bottiglietta contenente liquidi o pillole. Il resto era tutto vuoto, solo la porta nella parte opposta al materasso.
Uscii poco dopo che lo fece Kayl, seguito a ruota da Lily, che da quando mi ero alzato sembrava ancora piú piccola, ma era piú alta paragonata a Daven.
Mi ritrovai in una sala grande ma non troppo, con le pareti concave e sempre in terra e pietra. Diagonalmente alla mia sinistra c'erano due divani rossi e una poltrona, messi intorno a un tavolino in legno basso. Al soffitto erano appese tre lampade ad olio, che permettevano di creare molta piú luminosità. Sui due divani erano seduti due ragazzi, che continuavano a guardare le carte nei loro mazzi, e a decidere quale buttare alle pile sul tavolino.
"Ragazzi, attenzione a me." Disse la leader con voce alta, accompagnando il tutto con due battiti di mani.
I due ragazzi smisero di giocare a carte e si alzarono. Il primo giró attorno al divano per raggiungerci, il secondo lo scavalcó e con una capriola era giá vicino a Kayl.
"Lui è la nostra nuova recluta, Jason Dwight, se accetterà a far parte del nostro gruppo." Disse, indicandomi con la mano aperta.
"Non deve solo accettare di entrare, deve anche guadagnarsi il posto." Rispose il ragazzo che aveva scavalcato il divano.
L'altro si mise in mezzo, iniziando a parlare. "Scusalo. Mi chiamo Abdul Amat. Sono il medico." E mi porse la mano.
Abdul era alto come me, forse pochi centimetri in piú. Portava degli occhiali dalle lenti a forma di due rettangoli lunghi. Aveva la pelle scura, e una fila di denti bianco puro. Dalla sua voce rassicurante e profonda sembrava gentile. Aveva il naso piatto e le narici grandi, e non si vedevano segni di barba. I suoi capelli erano corti, color neri-castani e ricci africani. Gli occhi invece erano verde scuro, misto a un bruno color castagna. Portava una camicia bianca e spessa, pantaloni della tuta arancio scuro e delle scarpe basse e bianche, simili a delle air force.
Gli strinsi la mano. Era molto piú grande della mia. Dalla sua presa decisa e forte sospettati che avesse dei muscoli belli grossi. E la mia teoria era vera. Ma mi sembró un buon uomo fin dal primo momento. "Piacere mio."
"Lui è Gabriel Fernandez, la nostra ultima recluta." Proseguii indicando l'altro ragazzo.
"So presentarmi anche da solo." Sbuffó.
"Non essere scortese Gabriel". Disse Lily, incrociando le braccia.
Lui alzó gli occhi verso l'alto. "Scusami folletta."
Lily strinse i pugni e si sarebbe avventata su di lui se Kayl non le avrebbe messo una mano sulla spalla per calmarla. La ragazzina aveva guardato la leader furente di rabbia, e l'altra aveva ricambiato con uno sguardo che diceva 'Lascia perdere, non ne vale la pena'.
Gabriel era un ragazzo dalla pelle mulatta che probabilmente sfiorava il metro e ottantacinque. Aveva le articolazioni sottili ma ingrandite da dei muscoli discreti. Il mento aveva un accenno di barbetta bruno castagna, lo stesso colore dei suoi capelli, lisci e tenuti da un codino non molto alto ma in vista. Aveva gli occhi color mandorla scurissimo, e il naso leggermente appuntito. La parte destra del labbro era solcata da una piccola cicatrice. Indossava una maglia aderente ocra con il collo alto e le maniche fino al gomito. Anche lui vestiva di pantaloni della tuta, ma neri, e portava solo delle calze grigie e striate di nero. Aveva le mani in tasca e l'aria da persona infastidita.
Mosse lo stuzzicadenti che aveva in bocca e mi fissó con occhi quasi disgustati.
"Devo farti un controllo se le tue condizioni sono stabili. Vai in camera" disse gentile Abdul.
"Ti spiegherò la situazione domani Jason. Tu stai calmo e occupati delle tue condizioni fisiche." Disse Kayl.
"Ok. Grazie" risposi, e ritornai nella camera dove prima mi ero svegliato.

Panic Island: Escape or Die [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora