two

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Ester's POV

Saltello agitata nel dietro le quinte, in attesa che Maria De Filippi mi faccia entrare.
Non dovrò ballare, ma l'ansia si sta impossessando del mio corpo. Anzi, probabilmente è proprio perché non avrò la possibilità di esibirmi che il mio cuore batte all'impazzata.

Il mio ingresso in casetta è stato più accogliente del previsto. Mi ha accolta un gruppo di ragazzi aperti e gentili, non chiusi come mi aspettavo.
Mi è stata assegnata la stanza arancione, che condivido con Alessia e Rebecca. Le due sono talmente chiacchierone che ne avevo sentite poche: appena entrata hanno iniziato a tartassarmi di domande sulla mia provenienza e, non appena avevo risposto loro che sono originaria della Spagna, hanno cominciato a fare apprezzamenti sugli spagnoli.

Come dal loro torto, in effetti.

La serata, invece, l'avevo trascorsa in compagnia di Alessio e Teodora. Il primo era un ballerino che, nonostante i suoi 17 anni, era già una bestia nell'hip hop.
Con Tea, invece, potevo liberamente parlare in spagnolo, date le origini argentine della ballerina.

«Facciamo entrare Ester, ballerina».
È Maria a distrarmi dai miei pensieri.
Entro in studio con una corsetta, mentre il pubblico mi guarda confuso.
È tutto ok, Estrellita.

«Buongiorno» saluto con un sorriso timido.
La conduttrice mi raggiunge in mezzo al palco.
«In settimana si è liberato un posto nella classe di ballo, - inizia a spiegare al pubblico in studio e a casa - quindi Deborah a richiesto di far entrare Ester. Gli altri prof hanno acconsentito ed anche la produzione, quindi da oggi in poi Ester farà ufficialmente parte della scuola».

Lanciai un'occhiata ardente alla felpa con scritto il mio nome che stava davanti a Deborah.
«Vuoi andarla a prendere?» chiede Maria. «Che dici, Deborah, gliela facciamo avere?»
La mia prof annuisce, sorridendo. «Assolutamente sì, vieni Ester. È tua».

Corro verso Deborah, afferro la felpa e alzo le braccia in segno di vittoria.
«Gracias por la oportunidad... scusate, grazie per la possibilità. Sono molto emozionata e feliz por questa avventura».
Nonostante io sia in Italia da tre anni, quando sono particolarmente emozionata l'animo spagnolo che è in me esce fuori.

Maria mi indica un banco con il mio nome, posizionato in prima fila tra il "corridoio" e Alessia, invitandomi ad andarmi a sedere.
I miei compagni applaudono felici e, non appena mi siedo e saluto la mia vicina di banco, un dito picchietta sulla mia spalla.

«Complimenti» si congratula Gabriel (Vybes), la prima persona che mi ha rivolto la parola quando ho varcato la porta della sala relax, non rendendosi conto di avere ancora il microfono aperto.

Il pubblico scoppia a ridere, seguito dai prof, dagli altri ragazzi e da Maria.
«Che c'è Vybes?» Sul volto ha un ghigno divertito.
Gabriel diventa tutto rosso in viso e prende a sistemarsi ossessivamente il capellino sulla sua testa.
«Ma niente, le facevo i complimenti» borbotta lui, con il marcato accento romano.

Io, dal mio posto, continuo a ridacchiare.

I due continuano a battibeccare ancora un paio di minuti, finché Maria non è costretta a chiudere la puntata e dare la linea a "Verissimo".

* * *

Sono sola in camera, quando Maria si collega con l'altoparlante alla mia stanza. Inutile dire che mi stava per scappare un'imprecazione in spagnolo.

«Ester, ciao»
«Hola, Maria» sorrido verso la telecamera sopra la mia testa.

Sul mio letto sono sparse fotografie, ricordi e vestiti.
«Che combini?» chiede la conduttrice, probabilmente vedendo il casino davanti a me attraverso le telecamere.
«Finisco di fare ordine» faccio spallucce, piegando una maglietta.
«Ti va di raccontarmi delle fotografie che vedo?»

Batto le mani, contenta della domanda.
«Entonces, en esta foto sono con la mia famiglia in un viaggio a Stoccolma. Avevo cinque anni, mia sorella doveva ancora nascere» inizio, mostrando una fotografia scattata al Palazzo Reale della città svedese.
Ne prendo in mano un'altra, che mi fa stringere il cuore. «Lui è il mio perrito, Miguel».
«Che bel cane, è un golden golden retriever?» chiede la conduttrice, mentre annuisco.

«Qui era appena nata la mia hermana, Alma, e siamo andati a Parigi».
La Torre Eiffel svetta dietro ad una foto con i bordi spiegazzati.
Proseguo, mentre il plico di immagini diminuisce pian piano.
«¡Ay qué tiempo! Ero andata a New York per uno stage, insieme alle mie due mejores amigos. Era il 2019».
Lo skyline della Grande Mela riporta a galla uno dei periodi più felici e spensierati della mia vita, quando avevo 15 anni. Inez e Leya mi mancano moltissimo, non ci vediamo dal mio scorso compleanno, in febbraio, quando mi hanno raggiunta a Firenze direttamente dalla Spagna.

«Hai viaggiato tanto, vedo» ride Maria. Io annuisco, con un gran sorriso.
Sarò per sempre grata ai miei genitori per tutte le esperienze che mi hanno fatto fare in tutta la mia infanzia e adolescenza.

In quel momento entra in camera Alessio, che si butta con molta poca leggerezza sul mio letto ormai quasi vuoto.
È rimasta solo una foto. Non appena la vedo, non so se sia più la voglia di sorridere o quella di piangere.
«Esta soy yo quando ero pequeña insieme alla mia abuela».
A prendere il sopravvento sono le lacrime, che iniziano a scivolare lentamente lungo le mie guance.
«Ti manca tua nonna?» domanda Maria. Pur non vedendola, riesco a sentire il suo tono di voce pieno di comprensione.

«Mucho. Scusate, ogni volta che si parla di lei divento sensibile».
Il ballerino si fa più vicino a me, iniziando a passarmi una mano sulla schiena e appoggiando la testa sulla mia spalla.

Mi manca il suo sorriso.
La sua risata quando parlavamo insieme.
La luce nei suoi occhi quando mi vedeva.
Mi manca il modo in cui credeva in me, nella mia danza e sul fatto che sarei andata lontano.
Mi manca anche la sua severità e i rimproveri che mi lanciava quando mi buttavo giù e non credevo in me stessa.

«Chica...» mormora Alessio, schioccandomi un piccolo bacio sulla fronte.
Con il palmo della mano mi asciugo le lacrime, camuffando il mio stato d'animo.
«Scusatemi»
Maria, che fino ad ora non aveva pronunciato una parola, interviene. «Non ti devi né scusare né vergognare, Ester. È normale che dopo che una persona a cui siamo stati tanto legati se ne va, stiamo male»
«Mary, lo siento, non è morta. Ha l'alzheimer» una smorfia amara si fa strada sul mio volto. «Non mi riconosce più. Ella no tiene idea di chi sono".

L'atmosfera nella stanza si fa ancora più densa.
«Ester, sono io a doverti chiedere scusa...» inizia a dire la conduttrice, perdendo un po' del controllo che la contraddistingue.
«Non ti preoccupare, Maria, mi sono spiegata io male, è tutto ok. Ora io e Ale andiamo di là e mi distraggo» sorrido mestamente.
Alessio annuisce, stringendomi la mano.

Maria ci saluta, ancora un po' turbata.
«Sicura sia tutto apposto, chica? Se vuoi restiamo qui, anche in silenzio se ti va...»
Scuoto la testa, iniziando ad alzarmi. «Davvero Ale, quando sto così necesito solo di fare qualcosa o parlare di altro. Raggiungiamo gli altri». Gli porgo la mano per aiutarla ad alzarsi e, insieme, raggiungiamo la maggior parte degli altri ragazzi in giardino.

Ricevo occhiate durante il breve tragitto, probabilmente per via degli occhi ancora arrossati, ma solo una persona mi chiede che succede.
«Tutto ok?» Vybes mi fa spazio vicino a lui sulla panchina.

Annuisco. «¿Puedo?» gli indico la sigaretta che ha in mano.
Lui me la porge senza ribattere. Il fumo invade il mio corpo, facendomi rilassare subito.
«Se hai bisogno di parlare io ci sono. Tutti ci siamo.»
Il cantante abbozza un sorriso.
«Gracias, Gabriel» ricambio il gesto.

𝓤nwritten [𝘝𝘺𝘣𝘦𝘴]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora