Vybes's POV
«La tua scrittura colpisce molto. Hai una penna attuale e non ti nascondi dietro a veli quando si parla di critiche alla società in cui vivi e alla tua generazione. Continua così, complimenti» le parole di uno dei presentatiri radiofonici collegati in studio accendono in me una microscopica scintilla di orgoglio.
È già pomeriggio e tutti noi cantanti siamo stati convocati per presentare i nostri inediti alle radio. Un lievissimo brivido di ansia mista ad adrenalina ha percosso la mia schiena.
"Standard" è un pezzo volutamente critico. Accuso i social e le asticelle che hanno posto alle persone per considerarle "belle". È un pezzo composto dopo aver visto l'ennesimo video su tiktok di una ragazza che rispecchia esattamente gli standard della società, ma i cui occhi erano vuoti. Dietro ad essi c'era il nulla cosmico.
Con le parola che ho scritto, voglio trasmettere il messaggio di quanto la nostra generazione si concentri solo sull'apparire invece che guardare oltre alla facciata.
Al giorno d'oggi si tenta l'approccio e la conoscenza tramite i social, come è anche normale che sia, ma la prima cosa che si guarda è l'estetica. E lolto spesso non si approfondisce, più tardi.Con un lieve sorriso sulle labbra ringrazio e torno al mio posto, lasciando spazio a Trigno e alla sua esibizione.
Una volta concluso con tutti gli altri, tra pareri positivi e critiche costruttive, ci viene fornita un'ennesima classifica. Quasi quasi dovrei scriverci una canzone su questa questione del "io sono arrivato primo, tu ultimo".
Quando arriviamo al terzo posto, il mio nome compare sullo schermo.La notizia non mi entusiasma come dovrebbe. Invece che essere contento e fiero di me, non provo niente.
Sento un vuoto nel mio petto da quando ho aperto gli occhi stamattina. La parola più corretta è che mi sento piatto.Oggi è uno dei giorni di down, suppongo. Uno di quei giorni in cui non sento nulla, né emozioni positive e neanche negative. E quelle poche che riesco a provare, durano un istante.
Anche l'ansia, sin da piccolo mia fedele compagna, durante giornate come questa sparisce quasi completamente. Il che è strano, dato che per qualche motivazione indefinita mi accompagna sempre mano nella mano in ogni momento della mia vita. Senza un motivo preciso, lei c'è. C'è sempre, tranne nei giorni piatti.
In sala relax ottengo complimenti e pacche sulle spalle dai miei compagni, ai quali rispondo con dei sorrisi stanchi.
La routine che ormai ci accompagna ogni giorno è sempre la stessa: sveglia, lezioni, pranzo, lezioni, cena, giardino, letto. Così, sempre.
Forse è anche questo che contribuisce nel farmi sentire piatto.Mentre Kendrick Lamar pompa nelle mie orecchie a massimo volume, non mi accorgo della testolina bionda che fa capolino nel giardino finché non prende posto vicino a me.
Per la prima volta durante questa giornata riesco a sentire una fiammella ardere il mio petto.
«Ti ho visto distratto todo el día» è il saluto di Ester non appena si siede.Incastra una sigaretta tra le labbra, mentre le ciocche bionde e lievemente spettinate le incorniciano il volto pulito. Indossa una felpa grigia di almeno una taglia più grande e un paio di pantaloni morbidi rosa confetto le fasciano le gambe magre.
Quando i suoi occhi incrociano i miei, riesco a leggerci una punta di severità.Raccontaglielo Gabriel, ti puoi fidare. Lei ti piace, non ti ferirà. È disposta ad ascoltarti.
Prendo un respiro profondo. «È un giorno particolare»Ester annuisce, ora con un pizzico di curiosità sul volto. «Te escucho» annuisce.
«Ti racconto una storia, va bene?»
Lo sguardo della ballerina si fa più aperto, come quello dei bambini quando non aspettano altro che un determinato momento.«C'era una volta una linea. Lei non era una linea qualunque, in un mondo di linee: a differenza delle altre, lei cambiava forma. Se tutte erano linee curve e aperte, lei era in grado di cambiare e diventare una retta. C'erano giorni e situazioni particolari, però, che la facevano diventare rigida. Uno di questi era quando doveva uscire di casa e vedere altre linee. Non riusciva ad essere sciolta, consapevole della sua particolarità, quindi le veniva automatico irrigidirsi. Tuttavia, certe volte c'erano intere giornate in cui la linea non era capace di stare nel suo stato naturale. Li chiamava "giorni piatti". Durante quei giorni non provava niente: né la felicità né la stessa ansia che sentiva in contatto con le altre linee. Erano giorni vuoti, privi di valore ma che costringevano la povera linea a non sentirsi a suo agio» racconto, lentamente, mentre Ester mi ascolta senza togliermi gli occhi di dosso.
«E poi? Como finisce?» chiede, curiosa.
Un sorriso amaro mi attraversa il volto. «Non lo so, la fine non è ancora stata scritta. La storia si conclude con i giorni vuoti della linea»
La biondina apre leggermente la bocca. «La linea. Eres tu» afferma.Piano, annuisco. «Sì, questa storia me la raccontava sempre la psicologa quando, ancora ai tempi delle elementari, doveva spiegarmi della mia ansia e dei giorni piatti che anche io provavo»
«Y oggi è uno di quelli» suppone Ester, con lo sguardo perso nel vuoto.«Sì. Le emozioni che provo sono ridotte al minimo, e se da un lato è positivo perché non sento la stessa sensazione di disagio che prova la linea quando si rrova con le altre; dall'altro non riesco neanche ad essere felice per un posto nel podio della classifica inediti di oggi».
Ester mi afferra la mano. «Lo entiendo, davvero. Sin da pequeña ho addosso le aspettative di tutti sia come ballerina que como persona. Mi è capitato di passare così tanto tiempo in sala que non avevo più nada in comune con mis amigos e mi sentivo estremamente fuori luogo, a disagio»La ballerina si stringe nella felpa, per via di una folata di vento improvvisa. Stasera l'aria è fredda, la luna è pallida e tutto attorno tace. Come se anche il resto del mondo ci stesse ascoltando.
«Perciò gracias por avermi raccontato la storia della linea» la sua mano stringe forte la mia. «Spero di riuscire a colorare un po' i tuoi dias planos, en futuro»
Le sue parole, per quanto semplici, mi arrivano dritte al cuore come una freccia che fa centro nel bersaglio.Prendo le nostre mani, unite, e senza staccare gli occhi dalle iridi azzurre di Ester, vi lascio un bacio delicato.
«La linea ti ringrazia per aver ascoltato e capito la sua storia, vuol dire tanto per lei» sussurro, temendo quasi che non mi abbia sentito.
Ma l'ha fatto eccome, perché i suoi occhi iniziano a diventare lucidi.Apro le braccia, in modo che la ballerina si possa fiondare all'interno. Quando ci stringiamo in uno degli abbracci più dolci che io abbia mai ricevuto, il mio cuore si calma.
Non mi ero neanche accorto di quanto battesse forte mentre raccontavo la storia. Ma ora, con il cuore di Ester in sincro con il mio, mi rendo conto di provare tutto.
Sento le farfalle nello stomaco, un pizzico di ansietta di prima, la felicità per la classifica e un'altra cosa all'altezza del petto che non riesco a identificare.«Forse ci stai già riuscendo, a colorare i miei giorni piatti» sussurro.
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𝓤nwritten [𝘝𝘺𝘣𝘦𝘴]
FanfictionDalla Spagna all'Italia, Ester non ha mai smesso di fare ciò che amava: ballare. Quella passione che l'accompagnava da quando aveva tre anni e che non avrebbe mai potuto abbandonare. Ma il suo palcoscenico ha bisogno di diventare più grande, Ester...