eight

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Ester's POV.

Tre di notte. Anche oggi, l'insonnia non mi lascia tregua e non fa chiudere gli occhi.
Ieri era il giorno della puntata, ho portato la coreo su "Muse" e ho guadagnato il quinto posto, con tanto di commento da parte della giudice Rosella Brescia.
Il penultimo posto fa male, specialmente alla parte più perfezionista di me che mi rimprovera mentalmente dallo scorso pomeriggio.

Come di routine preparo il mio the ai mirtilli e mi vado a sedere sul divano, coprendomi con la copertina.
La casetta è avvolta da un silenzio profondo, l'unico rumore udibile è il ticchettio dell'orologio che segna le tre e diciotto del mattino.

Quella di stanotte, però, non è solo insonnia. Si sono aggiunti, infatti, un sacco di pensieri e dubbi sulla "situazione" con Vybes. Sono quasi quasi sicura di interessargli, non per una questione di vanto ma perché so che anche lui percepisce il qualcosa che sento io.
Tuttavia, nella mia testa non riesco a fare chiarezza su niente.

Poi, la noia più totale. Funziona sempre così: non riesco a dormire, bevo la tisana e poi entro in uno stato di noia profondo. L'altra notte mi sono perfino ritrovata a contare quante confezioni di biscotti Oreo abbiamo in cucina.

Decido quindi di infilarmi le air pods collegate al telefono messo a disposizione dalla produzione di Amici, far partire la playlist di spotify e improvvisare. Non appena la melodia di "Here With Me" mi invade le orecchie, inizio a muovermi nello spazio disponibile del salotto.
Ballo senza pensare a niente, con la sola compagnia della musica e del buio che avvolge la casetta.

Da quando l'ho sentita per la prima volta, questa canzone mi ricorda la mia sorellina. Alma ha dieci anni ma, nonostante la massiccia differenza d'età, è una delle mie migliori amiche.
La mia sorellina è una bambina solare e dolce, seppur introversa. Purtroppo non le ho trasmesso la passione per la danza, infatti ha deciso di intraprendere una carriera calcistica.

Non appena finisco di ballare mi levo le cuffiette e riapro gli occhi, che avevo serrato durante tutta la mia improvvisazione, sento un applauso silenzioso alle mie spalle.
Vybes se ne sta appoggiato alla colonna portante del salotto, con i capelli scompigliati e un sorriso in volto.

«Ciao», saluta, aggirando il divano per venire di fronte a me. Non so se lo fa apposta, ma siamo a meno di venti centimetri di distanza.
Esalo un sospiro. «Ciao».

Il romano aggrotta le sopracciglia, «che succede?»
Scuoto la testa, mentre il mio cuore non accenna a rallentare. «Ve a dormir, Gabriel, es tarde»
«Ma perché? Voglio sta' qui»

L'aria attorno a noi è tesa, come ogni volta che ci troviamo in situazioni come questa.
Il cantante ignora il mio invito a lasciarmi sola, «andiamo a fumare?»
Mentre la mia testa mi dice di non andare e continuare ad analizzare la situazione, il mio cuore mi fa seguire Gabriel all'esterno.

L'aria notturna di Roma è fresca e tira un po' di vento. Mi stringo nella mia felpa e prendo posto sulla panchina attaccata al muro, accendendo una delle mie solite winston.
Vybes mi imita, sedendosi davanti a me. Accanto a noi, qualcuno ha dimenticato una chitarra.

«Sei stata bravissima, oggi» rompe il silenzio il ragazzo.
Mi lascio sfuggire una risata amara. «Bravissima da arrivare al quinto posto»
Mi arriva un'occhiataccia da Gabriel. «Aoo, guarda che pure io so' arrivato quinto. Capita, so che ci puoi rimanere male ed è normale, così come è anche normale non essere il top»

C'è qualcosa nelle sue parole o nel suo tono che mi rassicura.
«Lo sé, ma soy cresciuta in una famiglia dove si punta alla perfección».
Vybes , per qualche strano motivo, ridacchia; guadagnandosi uno sguardo di ghiaccio da parte mia. «¿Por qué te ríes?»
«Scusa, pensavo solo fossi cresciuta nella famiglia perfetta. O almeno questo è quello che mi è arrivato»
Scuoto il capo. «Sì, claro. Voglio bene ai miei genitori, ma hanno un concetto molto rígido di "massimo" »

«Beh, ora non ci sono i tuoi genitori, qui. Ci sei tu, Ester. Capito, stella? Le cose che fai devi farle per te stessa, non per compiacere gli altri»
In un gesto spavaldo per i suoi canoni, intreccia le nostre mani sulla panchina. Mi perdo un attimo a osservare le nostre dite chiuse l'una sull'altra.
«Stella?» domando, riferita al nomignolo che utilizzato.
Vybes emette un mugolio imbarazzato. «Mi sono informato e ho scoperto che Ester significa stella, mi piaceva e quindi...» lascia la frase in sospeso.
Sorrido.

«Come riesci?» chiedo, di punto in bianco.
«A fare cosa?»

«A tirare su il morale della gente. No sólo con la musica, anche nella vita. Mi è bastata una tua palabra a farmi passare i pensieri. Sei bravo, Gabriel»
Il ragazzo abbassa la sguardo, ancora più imbarazzato. «Non sono le mie parole, sono cose che tu sai già ma che hanno solo bisogno di essere tirate fuori» sussurra.

Ora i nostri visi sono a meno di due palmi di distanza. Non mi accorgo neanche di aver trattenuto il respiro finché non vedo le labbra di Vybes avvicinarsi alle mie e vado in panico.
«Gabri, no puedo» sussurro, allontanandomi.
Nonostante le mie parole, il cuore rimbomba ancora nel petto.

Il ragazzo mi guarda, ma dai suoi occhi non riesco a leggere niente.
«Lo siento, no soy pronta» farfuglio.
Poi, inaspettatamente, Gabriel mi rivolge un sorriso tirato. «Non preoccuparti»

Senza dire niente, torno in camera e mi butto sul letto, facendo attenzione a non svegliare Rebecca e Alessia.
Mi lascio andare ad un pianto silenzioso, mentre lacrime salate iniziano a scorrere lente lungo le mie guance.
Vybes non mi è indifferente. Ma c'è qualcosa che mi blocca nel petto. La ferita lasciata da Javier è ancora fresca e scotta.
Dentro di me, so che Gabriel è di gran lunga meglio del mio ex e per questo non voglio illuderlo.

I pensieri continuano come un vortice, finché finalmente non crollo in un breve sonno.

𝓤nwritten [𝘝𝘺𝘣𝘦𝘴]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora