nineteen

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Ester's POV.

9 novembre. Il giorno più importante dell'anno, oltre al mio compleanno. Ma, allo stesso tempo, il più doloroso.

Oggi sono 5 anni.
5 anni dal giorno in cui mi sono completamente persa, ma poi ritrovata.
5 anni da quando ho superato il mio limite più grande, riuscendo in quella che mi sembrava un'impresa titanica.
5 anni in cui il 9 novembre viene trascorso da me chiusa in stanza a piangere. Il giorno più triste dell'anno.

9 novembre 2019, il giorno in cui temevo di stare per morire ma invece sono rinata.
Okay, troppo tragica forse.

La sveglia suona come tutti i giorni, ma invece che trovarmi nella mia stanza come ogni 9 novembre, attorno a me ci sono le pareti colorate della stanza gialla della casetta di Amici.
Lo stomaco mi si chiude talmente tanto che mi dirigo a scuola senza fare colazione.

Durante le lezioni della mattina sono scostante, tanto che vengo più volte ripresa.
«Ester, non ci siamo oggi. Cosa c'è? Io ti posso aiutare» chiede Deborah, nel mezzo della coreografia. La musica viene stoppata e la mia maestra mi fa cenno di sedermi a terra.
Però continuo a muovermi sul mio posto, tormentandomi le dita e sentendo la sensazione di panico che pian piano mi inizia ad invadere i polmoni.

Apro la bocca per parlare, ma non un singolo suono viene fuori dalle mie labbra.
«Scusa, non...» farfuglio poi, correndo nel bagno delle ragazze della sala relax.

Mi accascio di peso contro il lavandino, osservandomi allo specchio. E improvvisamente sono tornata al liceo, in quella giornata fresca di inizio novembre.

A Barcellona l'aria non era ancora gelida, anzi i pomeriggi erano accompagnati da un tiepido sole. Quel pomeriggio stavo tornando a casa da danza, come tutti i giorni. Era da molto tempo che non stavo bene, ma quel giorno mi sentivo particolarmente presa male fisicamente ed emotivamente.
Una volta varcata la soglia del bagno di casa mia ed essermi accertata di essere sola, mi sono chinata verso il gabinetto.

Ora sono tornata al presente, mentre la mia mente continua a farmi visualizzare flashback. Le mie mani sudano e tremano, sento il respiro mozzarsi e provo un carole infernale.
È tutto okay Ester, non sei più la ragazzina delle medie che veniva presa in giro per il fisico.

Il mio respiro non ne vuole sapere di regolarizzarsi, mentre le gambe cedono e scivolo con la schiena sulla parete fino a trovarmi seduta a terra. Rivivo perfettamente l'incubo di cinque anni fa, solo che ora sono ormai una donna e non mi trovo a casa mia.
«No, no, no, no...» sussurro. Lo ripeto un'infinità di volte.

In lontananza, il rumore della maniglia della porta fa eco nelle mie orecchie.
L'immagine sfocata di Gabriel mi si para davanti agli occhi.
Mi afferra le mani, riportandomi parzialmente alla realtà. Il mio cuore continua a battere a mille, il petto ad alzarsi irregolarmente e l'eco nella mia testa si amplifica.

«Ester, hey stella, ci sono io ora. Fai un respiro profondo» sussurra il ragazzo. Cerco di ubbidire e riesco quasi a distinguere un sorriso. «Bravissima, ora prova a dirmi cinque cose che vedi»
Mi sforzo nel guardarmi attorno, ignorando i contorni sfocati. «La borsa, il soffitto, el espejo, i miei piedi e te» soffio, mentre le figure indicate iniziano a comparire alla mia vita.

«Perfetto, ora quattro cose che puoi sentire» continua Vybes, ora seduto di fronte a me.
I rumori sono amplificati, ma riesco a distinguere diverse voci. «Alguien que litiga, la tua voce, la mia voce y el agua»

«Sei fantastica, Ester. Ce la fai a dirmi tre cose che riesci a toccare?» il tono premuroso di Gabriel mi arriva chiaro alle orecchie.
«Le tue mani, il suelo, la felpa»
Piano piano, il cuore inizia a rallentare.

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